Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24655 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 05/11/2020), n.24655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29753-2018 proposto da:

A. VETRO s.r.l., in persona del legale rappres. p.t.,

elettivamente domiciliata presso l’avvocato FRANCESCO MARCOLINI, dal

quale è rappres. e difesa, con procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO della (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, in persona del

curatore pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIUSEPPE AVEZZANA 31, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA

FLAUTI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO DIEGO, con

procura speciale in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 427/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 31/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/09/2020 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con sentenza del 2017 il Tribunale di Udine accolse la domanda del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. e revocò, ex art. 67 L. Fall., un pagamento effettuato dalla società poi fallita il 28.1.13, con bonifico bancario per la somma di Euro 79.209,36, a favore della A. Vetro s.r.l..

Con sentenza emessa il 31.7.18, la Corte d’appello di Trieste respinse il gravame avverso la suddetta sentenza, osservando che: molto prima del 28.1.13, data del pagamento in questione, la (OMISSIS) s.r.l. aveva del tutto cessato di pagare le forniture di merce che periodicamente riceveva dalla A. Vetro s.r.l. la quale aveva pertanto deciso d’interrompere le forniture nel febbraio 2012, dopo che la prima era rimasta inadempiente anche rispetto ad un secondo accordo di dilazione e rateizzazione del debito accumulato; nell’aprile del 2012 l’ A. Vetro s.r.l. aveva eseguito il pignoramento dei beni aziendali della (OMISSIS) s.r.l.; i suddetti fatti costituivano prova di una grave e seria crisi aziendale, mentre il pagamento del debito in questione, avvenuto il 28.1.13, non aveva rimosso i dubbi, in capo ai terzi, di una precaria situazione economica dell’impresa debitrice.

Pertanto, la Corte territoriale ritenne che l’ A. Vetro s.r.l. non avesse dimostrato l’inscientia decoctionis, considerata altresì la prova della piena conoscenza dello stato d’insolvenza almeno fino ad un mese prima del fallimento.

Ricorre in cassazione l’ A. Vetro s.r.l. con due motivi, illustrati con memoria.

Resiste il fallimento con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727-2729, 5 e art. 67, comma 2, L. Fall., per non avere la Corte d’appello, nel valutare la presunta conoscenza dello stato d’insolvenza, esaminato gli elementi indiziari nel loro complesso, ritenendo sufficiente a tal fine un unico inadempimento, benchè risolto con modalità di pagamento incompatibili con tale stato.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 67, comma 2, L. Fall., per aver la Corte d’appello onerato il creditore della prova dell’ignoranza dello stato d’insolvenza al momento del pagamento, prova che invece non gli incombeva.

Il ricorso è infondato.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto tendente al riesame dei fatti, avendo il ricorrente prospettato una diversa interpretazione del valore indiziante degli elementi valutati dalla Corte d’appello. In particolare, il ricorrente censura la valutazione circa l’insufficienza del solo elemento di fatto costituito dal pagamento del debito, oggetto del ricorso per fallimento, per dimostrare la solvibilità dell’impresa poi fallita.

Il motivo è dunque diretto ad una revisione della valutazione dei vari elementi di fatto esaminati dal giudice d’appello al fine di escludere la prova dell’inscientia decoctionis, sindacato inammissibile in questa sede.

Il secondo motivo è infondato, poichè il giudice d’appello ha correttamente applicato i principi sulla distribuzione dell’onere della prova in ordine all’azione revocatoria ex art. 67, comma 2, L. Fall. Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di elemento soggettivo dell’azione revocatoria fallimentare ex art. 67, comma 2, L. Fall., la scientia decoctionis in capo al terzo, come effettiva conoscenza dello stato d’insolvenza, è oggetto di apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato, potendosi formare il relativo convincimento anche attraverso il ricorso alle presunzioni, alla luce del parametro della comune prudenza ed avvedutezza e della normale ed ordinaria diligenza, con rilevanza peculiare della condizione professionale dell’accipiens e del contesto nel quale gli atti solutori si sono realizzati (Cass., n. 3081/18; n. 8827/11).

Nel caso concreto, la Corte territoriale ha ritenuto dimostrata, da parte della curatela, in via presuntiva la conoscenza, in capo all’accipiens, dello stato d’insolvenza, almeno fino ad un mese prima della sentenza di fallimento, argomentando dal pagamento del debito effettuato quasi un anno dopo la scadenza dei pagamenti, fatto esaminato nel contesto degli altri elementi probatori acquisiti; incombeva dunque sulla parte convenuta dimostrare fatti idonei a smentire il fatto presunto ma tale onere non è stato assolto.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 5100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

 

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