Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24649 del 31/10/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 24649 Anno 2013
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA
sul ricorso 9735-2012 proposto da:
ENEL SERVIZIO ELETTRICO SPA 09633951000 Società con
unico azionista, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di
Enel SpA, nella qualità di procuratore della ENEL DISTRIBUZIONE
SPA in persona del proprio procuratore, nonché ENEL SERVIZIO
ELETTRICO SPA – Società con unico azionista, soggetta all’attività di
direzione e coordinamento di Enel SpA nella sua qualità di beneficiaria
del ramo di azienda della Enel Distribuzione SpA in persona del
proprio procuratore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA
GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato
SZEMERE RICCARDO, che le rappresenta e difende unitamente
all’avv. PIETRO GUERRA, giusta procura a margine del ricorso;

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Data pubblicazione: 31/10/2013

- ricorrenti Contro
ACIERNO ANTONIO, LONGOBARDI SABATO, DEL MASTRO
PAOLINO;

intimati

avverso la sentenza n. 1984/2011 del TRIBUNALE di AVELLINO
del 7.11.2011, depositata il 14/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANNAMARIA
AMBROSIO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
PIERFELICE PRATIS che ha concluso per raccoglimento del
ricorso.

Ric. 2012 n.
-2-

10-10-2013

Svolgimento del processo
Il Tribunale di Avellino con sentenza depositata in data 14.11.2011, ha rigettato
l’appello proposto dall’Enel Distribuzione s.p.a. avverso la sentenza del giudice di
pace di Avellino, che aveva condannato l’appellante in favore di Sabato
Longobardi, Paolino Del Mastro e Antonio Acierno al risarcimento del danno
conseguito ad inadempimento del contratto di somministrazione dell’energia

relative all’utenza con costi aggiuntivi per le spese postali.
Il fondamento della domanda era stato individuato in relazione al fatto che
con deliberazione 28 dicembre 1999 n. 200, art. 6, comma, 4, l’Autorità per
L’Energia Elettrica ed il Gas (A.E.E.G) aveva imposto agli esercenti il servizio di
distribuzione e vendita dell’energia elettrica e, quindi, all’Enel, di “offrire al cliente
almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta” e che l’Enel non aveva
ottemperato.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione Enel servizio
elettrico s.p.a., nella qualità di procuratore speciale di Enel Distribuzione e di
beneficiaria del relativo ramo d’azienda.
Non ha svolto attività difensiva la parte intimata.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 2 della L. 14 novembre 1995, n. 481, assumendosi che la deliberazione n.
200 del 1999 e particolarmente l’art. 6, comma 4, di essa non ha avuto l’effetto di
integrare il contratto di utenza, perché la legge n. 481 del 1995 e in specie l’art. 2,
comma 12, lettera h) di essa attribuirebbe questo effetto solo alle delibere in tema
di produzione ed erogazione di servizi, risultando l’art. 6, comma 4 della citata
deliberazione estranea a tale ambito.
Con il secondo motivo si deduce difetto di motivazione del Tribunale su come
la previsione del suddetto art. 6, comma 4 della deliberazione cit. potesse essere
ricondotta all’ambito del citato art. 2, comma 12, lett. h) legge n. 485/1995.

elettrica corrente con detta s.p.a. che aveva determinato il pagamento di bollette

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2,
comma 12, lett. h della L. n. 481/1995 in relazione all’art. 1196 cod. civ.
assumendosi l’insussistenza della potestà dell’A.E.E.G. sulla determinazione del
costo della bolletta, peraltro con modalità contrastanti con l’art. 1196 cit..
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1339
cod. civ., sotto il profilo che erroneamente il Tribunale avrebbe attribuito efficacia

Con il quinto motivo si denuncia insufficiente motivazione in ordine a fatti
decisivi e controversi, rappresentati dall’obbiettiva inidoneità dell’art. 6, comma 4,
a porre un ipotetico precetto integrativo, sotto il profilo che non risultava
determinato in che cosa dovesse consistere la modalità gratuita di pagamento.
Con il sesto motivo si denuncia l’assenza di un reale danno subito e
correlativamente si formulano tre distinti ordini di censura, segnatamente
denunciandosi: difetto di interesse ad agire e violazione e falsa applicazione
dell’art. 100 cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 cod.
pen., dell’art. 1223 cod. civ. e del principio di causalità adeguata; violazione e falsa
applicazione degli artt. 1175 e 1375 cod. civ. e abuso del diritto.
2. I primi cinque motivi vanno esaminati congiuntamente, perché, sotto vari
profili, prospettano un’unica censura e cioè l’inidoneità dell’art. 6, comma 4 della
cit. deliberazione a svolgere efficacia integrativa del contratto.
2.1. Il Collegio ritiene di condividere quanto già statuito in fattispecie
assolutamente identica con sentenza 30.8.2011, n. 17786 e che, quindi, l’art. 6,
comma 4, della deliberazione non abbia determinato in alcun modo nè
l’inserimento della relativa previsione nel contratto di utenza, nè l’integrazione di
esso (principio poi riaffermato numerose volte). A tal fine va ribadito che il potere
normativo secondario dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ai sensi dell’art.
2, comma 2, lett. h), si può concretare anche nella previsione di prescrizioni che,
attraverso l’integrazione del regolamento di servizio, di cui al comma 37 del citato
art. 2, possono in via riflessa integrare, ai sensi dell’art. 1339 c.c., il contenuto dei

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integrativa del contratto all’art. 6, comma 4, citato, invocando l’art. 1339 cit..

rapporti di utenza individuali pendenti, anche in senso derogatorio di norme di
legge, ma alla duplice condizione che queste ultime siano meramente dispositive e,
dunque, derogabili dalle stesse parti, e che la deroga venga comunque fatta
dall’Autorità a tutela dell’interesse dell’utente o consumatore, restando, invece,
esclusa – salvo che una previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad
efficacia diretta non la consenta – la deroga a norme di legge di contenuto

consumatore. Tuttavia la normazione o l’atto di esercizio di poteri amministrativi
precettivi a contenuto collettivo ai sensi dell’art. 2, comma 12, lett. h), con i limiti
indicati, in tanto può integrare, attraverso la mediazione dell’integrazione del
regolamento di servizi, i contratti di utenza individuale in quanto ricorra
l’imposizione di un precetto specifico che non lasci al destinatario alcuna
possibilità di scelta sui tempi e sui modi.
2.2. Ciò posto, si osserva che — come già evidenziato nella cit. sentenza n.
17786 del 2011, alle cui argomentazioni può farsi rinvio – la previsione della
deliberazione n. 200 del 1999, art. 6, comma 4, imponendo all’esercente “di offrire
al cliente almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta”, si connotava
certamente come prescrizione del tutto inidonea ad integrare una clausola di
contenuto determinato, come già affermato nei precedenti di questa Corte. In
realtà, una prescrizione come quella in discorso, per la sua indeterminatezza
assegnava all’esercente una sorta di obbligo di perseguimento di un risultato con
ampi poteri di scelta, salva la valutazione dell’A.E.G.G. circa il raggiungimento del
risultato attraverso i poteri di ispezione, accesso ed acquisizione di
documentazione e notizie.
Deve, dunque, sulla base delle complessive considerazioni svolte escludersi che
la prescrizione dell’art. 6, comma 4, della deliberazione dell’A.E.E.G. n. 200 del
1999 abbia comportato la modifica o integrazione del regolamento di servizio del
settore esistente all’epoca della sua adozione e, di riflesso, l’integrazione dei
contratti di utenza sia ai sensi dell’art. 1339 c.c., che dell’art. 1374 c.c..

Rel. dot A.eteee .r

,

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imperativo e la deroga a norme di legge dispositive a sfavore dell’utente e

3. Conclusivamente il ricorso va accolto per quanto di ragione sulla base dello
scrutinio complessivo ed unitario dei primi cinque motivi e la sentenza va cassata.
Risulta assorbito l’altro motivo.
La causa si presta ad essere decisa nel merito, in quanto non occorrono
accertamenti di fatto per ritenere che la domanda va rigettata.
Quanto alle spese processuali, il Collegio ravvisa la fattispecie di cui all’art.92

del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione riguardo ai primi cinque
motivi, assorbito l’altro. Cassa la sentenza impugnata e, pronunciando sul merito,
rigetta la domanda. Compensa le spese dei gradi di merito. Condanna parte
intimata alla rifusione alle parti ricorrenti delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate in € 600,00 (di cui € 400,00 per compensi), oltre accessori come per
legge.
Roma 10 ottobre 2013
L’estensore
tt. Annamaria Ambrosio

Il Pr
dott. Anton

ente
egreto

co.2 cod. proc. civ. per compensare quelle dei due gradi di merito, mentre le spese

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