Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24648 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. III, 03/10/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 03/10/2019), n.24648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26862-2017 proposto da:

O.J., elettivamente domiciliato in ROMA, L.GO DI TORRE

ARGENTINA 11, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE LI PUMA, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MATTEO SPINELLI,

CATERINA AMENO, GIAMPAOLO UMBERTO PIO GRASSO, FEDERICA DONDA;

– ricorrente –

contro

G.S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

COLA DI RIENZO 162, presso lo studio dell’avvocato LUCIA SCALONE DI

MONTELAURO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCO VIGOTTI;

– controricorrente –

e contro

D.M., INTESA SAN PAOLO SPA;

– intimati –

Nonchè da:

INTESA SAN PAOLO SPA, in persona dell’avvocato ALBERTO BERTALOT,

elettivamente domiciliata in ROMA, L.GO DI TORRE ARGENTINA 11,

presso lo studio dell’avvocato DARIO MARTELLA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato VITTORIO PISAPIA;

– ricorrente incidentale –

contro

D.M., G.S.G., O.J.;

– intimati –

Nonchè da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI RIPETTA

142, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CATTANI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI BORLONE;

– ricorrente incidentale –

contro

O.J., INTESA SAN PAOLO SPA G.S.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1481/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 07/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/02/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbiti i ricorsi incidentali condizionati;

udito l’Avvocato EMANUELE LI PUMA, GIAMPAOLO GRASSO, MARCO FARINA per

delega;

udito l’Avvocato DARIO MARTELLA;

udito l’Avvocato LUIGI BORLONE;

udito l’Avvocato LUCIA SCALONE DI MONTELAURO;

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7/4/2017 la Corte d’Appello di Milano ha respinto il gravame interposto dalla sig. O.J. in relazione alla pronunzia Trib. Milano 30/1/2015, di rigetto della domanda proposta nei confronti dei sigg. D.M., G.S.G. e della società Intesa San Paolo s.p.a. di accertamento della simulazione o declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c.: a) dell’atto di compravendita a rogito notaio C. di Genova dell’11/12/2007, trascritto il 17/12/2007, avente ad oggetto la villa sita in (OMISSIS) ante vendita e n. (OMISSIS) post vendita, alienata dal G.S. -nella qualità di procuratore della madre sig. R.L. – al D., con pagamento del prezzo effettuato a mezzo di somma mutuatagli dalla società Intesa San Paolo s.p.a.; b) dell’iscrizione ipotecaria volontaria in data 11/12/2007, a rogito notaio C. di Genova, concessa a garanzia del mutuo ipotecario per l’acquisto di detto immobile.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la O. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi il G.S., il D. e la società Intesa San Paolo s.p.a.

Il D. e la società Intesa San Paolo s.p.a. spiegano altresì ricorso incidentale condizionato, rispettivamente sulla base di unico motivo e 2 motivi, illustrati da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente in via principale denunzia “violazione o falsa applicazione” degli artt. 221 e 295 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Si duole non essere stata disposta la sospensione ex art. 295 c.p.c. del giudizio in grado di appello, nonostante la proposizione del giudizio di falso in via principale “avverso la procura alle liti asseritamente rilasciata dal convenuto sig. G.S.G. al procuratore costituito avv. Franco Vigotti”; e che al riguardo la corte di merito “non ha speso neanche una parola”.

Lamenta trattarsi della medesima procura in forza della quale è stata effettuata anche la costituzione nell’interesse del G.S. nei due gradi di merito del presente giudizio, e che ove la stessa, “sulla quale pende ancora il relativo giudizio”, dovesse essere “dichiarata falsa”, la “sentenza di primo grado, poichè pronunciata in assenza di un litisconsorte necessario, sarebbe inidonea a produrre alcun effetto vista l’inscindibilità del rapporto sostanziale e del relativo giudizio”.

Con il 2 motivo denunzia “violazione o falsa applicazione” degli artt. 1414 c.c. e ss., artt. 2697 e 2729 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Si duole dell’erronea “valutazione della prova” in ordine alla “domanda di simulazione ex art. 1414 c.c. e ss. proposta dal terzo”, e del mancato accoglimento dell’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c., laddove la corte di merito ha poi ritenuto non provata l'”esistenza di un accordo tra le parti”, sicchè “l’acquisto dell’immobile da parte dell’appellato può ritenersi solo apparente”.

Lamenta che la mancata pronunzia dell’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. le “ha impedito… di provare che l’asserito versamento di Euro 6.000.000,00 non è stato effettivamente versato ed incassato quale prezzo alla defunta R.L.”.

Con il 3 motivo denunzia “violazione o falsa applicazione” degli artt. 2901 c.c. e ss., art. 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Si duole essersi dalla corte di merito “erroneamente interpretato, oltre la (recte, alla) normativa di cui agli artt. 2901 c.c. e ss., anche l’excursus storico-fattuale della vicenda e le stesse risultanze documentali”; nonchè erroneamente escluso il requisito della scientia damni in ragione dell’incertezza del credito, laddove “il requisito della consapevolezza del terzo acquirente del pregiudizio prescinde dalla specifica conoscenza del credito a tutela del quale l’azione viene esercitata”.

Con il 4 motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si duole che “sul terzo motivo d’appello (erronea liquidazione delle spese di lite) la Corte nulla ha statuito decidendo esclusivamente il diverso quarto motivo di appello che investiva l’errata condanna per lite temeraria”.

Lamenta che “il Tribunale di Milano rigettava sia la domanda ex art. 2043 c.c. che quella al (recte, di) risarcimento per danni da lite temeraria espressamente richiesta ex art. 96 c.p.c., svolte dall’avv. D. ma condannava l’attrice al risarcimento della lite temeraria esclusivamente per la diversa fattispecie di cui all’art. 96 c.p.c., comma 3,…. dimenticandosi quindi, non solo della soccombenza dell’avv. D. sulle predette domande… ma anche dell’incontrovertibile rigetto della domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. per ingiuria e diffamazione dallo (rectius, dal) medesimo avanzata… Tuttavia, la Corte milanese, malgrado fosse stato avanzato uno specifico motivo di appello sul punto, ha omesso qualsiasi decisione circa la doverosa compensazione”.

Con il 5 motivo denunzia violazione dell’art. 96 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4

Con il 6 motivo denunzia violazione degli artt. 96,132 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si duole che la corte di merito, anzichè ex art. 96 c.p.c., comma 1, come espressamente richiesto deducendosi “un preteso danno per non avere potuto vendere l’immobile il cui atto di compravendita era oggetto del giudizio, nonostante a più riprese venisse affermato che era stato acquistato per destinarlo a residenza familiare estiva”, abbia erroneamente “condannato l’attrice alla diversa sanzione per lite temeraria ex art. 96 c.p.c., comma 3”, pur in “assenza del requisito processuale” della “totale soccombenza” e dei “requisiti sostanziali della condanna”, in quanto il “giudice di prime cure aveva… comminato detta sanzione stante l’apparente “radicale infondatezza” delle azioni proposte, basata su illazioni e non elementi di prova” nonostante… avesse avanzato istanze ex art. 210 c.p.c. (erroneamente rigettate…)”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

La vicenda in oggetto si inserisce nel quadro di un risalente contenzioso che muove dall’eredità del sig. O.M., figlio della sig. M.E., marito della sig. R.V. e fratello della sig. O.G. (che ha adottato la sig. O.J., figlia di un congiunto), in quanto alla morte della R.V., la sorella R.L. avrebbe cercato di appropriarsi di una villa in Genova con i relativi arredi, dei quali si sarebbe dichiarata comproprietaria in quanto erede di O.G., con conseguente insorgenza di una lite coinvolgente la O.J., la R.L., il figlio di quest’ultima G.S.G. e il (OMISSIS), avente ad oggetto anche la vendita della villa sita in (OMISSIS) de qua (cfr. Cass., 27/6/2014, n. 146783; Cass., 24/5/2012, n. 8272).

Orbene, va anzitutto osservato che i motivi risultano formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che la ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, al “patrimonio familiare – mai diviso – dei coniugi O.E.R. ed M.E.”, all’atto di citazione notificato il 16.05.2001″, all’accettazione con beneficio d’inventario della “sig.ra R.V. in O.” da parte della Provincia Religiosa (OMISSIS) della Congregazione della piccola opera della Divina Provvidenza, al giudizio promosso dalla “sig.ra R.L.” nei confronti della suddetta Provincia Religiosa, all'”atto di citazione notificato il 16.05.2001″, all'”ipoteca per l’importo di Euro 2.500.000,00 sull’immobile di (OMISSIS)”, alla “sentenza n. 815/2009” della “corte genovese”, all'”alienazione della villa di (OMISSIS)… all’avv. D.M.”, alle risultanze dei registri immobiliari di (OMISSIS), ai procedimenti intentati contro la R.L. in S. e il (OMISSIS), all'”atto di citazione del dicembre 2012″, all'”azione proposta “con l’atto di citazione del 1/12/09”, ai “crediti portati dall’illegittima vendita dei beni e degli arredi presenti nella villa di (OMISSIS)… battuti all’asta in data 19-20.06.2000 tramite la casa d’aste Christiès”, al “credito per la restituzione del controvalore della quota di proprietà delle azioni delle società site in (OMISSIS) e in (OMISSIS)”, alla “domanda riconvenzionale” del D., alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, all'”acquiescenza alla reiezione della domanda di accertamento della intervenuta prescrizione della proposta azione revocatoria”, alla “querela di falso proposta con atto di citazione del 29.11.2016”, alla depositata “querela di falso proposta in via principale dal Dott. S. avverso la procura alle liti asseritamente rilasciata dal convenuto sig. G.S.G. al procuratore costituito avv. Franco Vigotti”, alla “certificazione della pendenza del relativo procedimento”, alla vendita “in data 11.12.2007 all’avv. D.” dell'”ultimo cespite rimasto in Italia ossia l’immobile sito nel Comune di (OMISSIS)”, al prodotto “certificato di residenza dell’Ufficio Anagrafe del Comune di (OMISSIS)”, alla “copia delle fatture dell’utenza telefonica… relativa all’immobile oggetto di compravendita intestata O.R.V. emesse da Telecom Italia s.p.a.”, alla “documentazione prodotta… dall’acquirente e dall’Istituto bancario”, all'”unica certificazione prodotta dall’acquirente”, al contratto di compravendita, alle “reiterate istanze di esibizione ex art. 210 c.p.c.”, alla movimentazione bancaria attestante la definitiva acquisizione” del prezzo della compravendita “nel patrimonio del venditore”, alla “articolata prova della simulazione da parte della Dott.ssa O. dell’atto di compravendita”, al “mutuo concesso ed erogato da Banca Intesa Sanpaolo”, alla “fideiussione bancaria di Euro 2.500.000,00 a favore dell’acquirente”, alla “garanzia offerta dall’ipoteca”, alla trascrizione “per ben due volte” della “sentenza n. 741/2005 del Tribunale di (OMISSIS)”, alla pendenza del “giudizio di revocazione ex art. 395 c.p.c.”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente per la parte strettamente d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove (in tutto o in parte) riprodotti (es., l’atto di appello), fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

E’ al riguardo del pari appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.

Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).

L’accertamento del fatto e la decisione dalla corte di merito adottata nell’impugnata sentenza sono pertanto rimasti dall’odierna ricorrente non idoneamente censurati.

E’ al riguardo appena il caso di osservare che (anche) ai fini della censura di error in procedendo ex art. 112 c.p.c. i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo (v., da ultimo, Cass., 20/6/2019, n. 16591).

Nè può assumere in contrario rilievo la circostanza che la S.C. sia in tale ipotesi (anche) “giudice del fatto”.

Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità il requisito prescritto all’art. 366 c.p.c., n. 6 deve essere infatti dal ricorrente comunque rispettato nella redazione del ricorso per cassazione (come ripetutamente da questa Corte ripetutamente affermato: v., da ultimo, Cass., 9/3/2018, n. 5649, nonchè, con particolare con riferimento all’ipotesi dell’error in procedendo ex art. 112 c.p.c., Cass., Sez. Un., 14/5/2010, n. 11730; Cass., 17/1/2007, n. 978, nonchè, da ultimo, Cass., 20/6/2019, n. 16591), giacchè pur divenendo la Corte di legittimità giudice anche del fatto (processuale), con potere-dovere di procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali, preliminare ad ogni altra questione si prospetta invero quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo, sicchè esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione la Corte Suprema di Cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (v. Cass., 23/1/2006, n. 1221, e, conformemente, Cass., 13/3/2007, n. 5836; Cass., 17/1/2012, n. 539, Cass., 20/7/2012, n. 12664, nonchè, da ultimo, Cass., 24/3/2016, n. 5934 e Cass., 25/9/2017, n. 22333; Cass., 20/6/2019, n. 16591).

Va per altro verso posto in rilievo come, al di là della formale intestazione dei motivi, la ricorrente deduca in realtà doglianze (anche) di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’illogicità, l’insufficienza o la contraddittorietà della motivazione (es., pagg. 17, 34 e 60 del ricorso) nonchè l’omessa e a fortiori erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Non può d’altro canto sottacersi, con particolare riferimento al 3 motivo, che non risulta dall’odierna ricorrente invero censurata la ratio decidendi in ordine alla tardività della “richiesta d’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. rivolto ad un’agenzia immobiliare di (OMISSIS)” (pag. 12 dell’impugnata sentenza); nonchè (quantomeno) non idoneamente censurata la ratio decidendi secondo cui l'”ordine di esibizione di documentazione della banca inerente ai rapporti con l’acquirente, avanzato in primo grado dall’appellante, è stato correttamente respinto in quanto avente mere finalità esplorative poichè volto a rimediare alle carenze probatorie in merito alla prova della simulazione del contratto di compravendita gravanti sulla stessa parte”, essendosi la ricorrente limitata a sostenere al riguardo che “non si poteva certo ravvisare un carattere esplorativo alle istanze di esibizione ex art. 210 c.p.c. avanzate dalla ricorrente”, essendo stata “dedotta l’articolata prova della simulazione da parte della Dott.ssa O. dell’atto di compravendita e, conseguentemente eccepita dall’acquirente mediante la produzione di documentazione parziale e inidonea a scalfire quanto dedotta dalla prima”.

Del pari non può sottacersi come nel dolersi che la corte di merito abbia “posto a fondamento della pronunzia una circostanza di fatto errata”, in realtà la ricorrente inammissibilmente prospetta un vizio revocatorio ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4.

Avuto riguardo all’omessa sospensione del giudizio in attesa della definizione di quello asseritamente proposto per querela di falso avverso la procura alle liti rilasciata dal S. al suo procuratore costituito, lamentata con il 1 motivo di ricorso, oltre alla sopra rilevata relativa formulazione in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, vale altresì osservare che la mancata sospensione del giudizio, nei casi in cui se ne assume la necessarietà (in ragione della indispensabile antecedenza logico-giuridica della questione asseritamente pregiudicante che valga a condizionare -in tutto o in parte l’esito della causa da sospendere, attesa l’esclusione della discrezionale facoltà di sospensione del processo da parte del giudice: cfr., da ultimo, Cass. 20/1/2015, n. 798) integra invero un vizio della decisione, astrattamente idoneo ad inficiare la successiva pronuncia di merito, che traducendosi nella violazione di una norma processuale ricade invero nella previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, (v. Cass., 22/04/2013, n. 9714; Cass., 01/08/2007, n. 16992), e non già una violazione di legge art. 366 c.p.c., art. 3 come dall’odierna ricorrente viceversa prospettato.

Deve al riguardo ulteriormente sottolinearsi che, in quanto la sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra due cause sia concreto ed attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale deve essere tuttora pendente, non giustificandosi diversamente la sospensione che si tradurrebbe in un inutile intralcio all’esercizio della giurisdizione, allorquando come nella specie una sentenza venga impugnata per cassazione per mancata sospensione del giudizio di merito in presenza di altra causa pregiudiziale è onere del ricorrente provare che la causa pregiudicante sia pendente e presumibilmente lo resti sino all’accoglimento del ricorso.

Orbene, nella specie, in difetto di tale prova da parte dall’odierna ricorrente, manca invero la prova dell’interesse concreto e attuale della medesima all’impugnazione, non potendo essere disposta la sospensione del giudizio in attesa della definizione di altra causa non più effettivamente in corso (v., da ultimo, Cass., 5/6/2016, n. 12278; Cass., 10/11/2015, n. 22878).

Quanto al merito, avuto in particolare riferimento al 3 motivo va ulteriormente osservato come la ricorrente inammissibilmente prospetti in realtà una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto e una rivalutazione delle emergenze probatorie invero preclusi a questa Corte di legittimità, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi.

Non può d’altro canto sottacersi come giusta risalente orientamento di questa Corte non sia al giudice del merito richiesto in realtà di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, essendo invero tenuto a fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (v. Cass., 9/3/2011, n. 5586).

Ancora con particolare riferimento al 3 motivo, va altresì posto in rilievo come la corte di merito abbia nell’impugnata sentenza fatto corretta applicazione dei poteri ad essa al riguardo spettanti, nel pieno rispetto del principio in base al quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (v. Cass., 30/6/2014, n. 14765; Cass., 6/10/2011, n. 20457; Cass., 16/6/2011, n. 13229), al cui mero accertamento è invero limitato il sindacato della Corte di legittimità.

Esula pertanto da tale sindacato, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (v. Cass., 11/1/2008, n. 406, e, conformemente Cass., 1/12/2009, n. 25270; Cass., 22/7/2009, n. 17145), la norma ex art. 92 c.p.c., comma 2 (che consente al giudice di disporre la compensazione delle spese di lite allorchè concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”) essendo elastica, dal legislatore posta cioè per garantirne l’adeguamento al mutare del contesto storico-sociale o a particolari situazioni non determinabili a priori (v. Cass., Sez. Un., 22/2/2012, n. 2572, e, conformemente, Cass., 10/2/2014, n. 2883; Cass., 25/9/2017, n. 22333).

Nè può d’altro canto sottacersi che il rigetto in sede di gravame della domanda meramente accessoria ex art. 96 c.p.c., a fronte dell’integrale accoglimento di quella di merito proposta dalla stessa parte, in riforma della sentenza di primo grado, non configura un’ipotesi di parziale e reciproca soccombenza, nè in primo grado nè in appello, sicchè non può giustificare la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 92 c.p.c. (v. Cass., 15/5/2018, n. 11792; Cass., 31/8/2017, n. 20666; Cass., 12/4/2017, n. 9532. Diversamente v. peraltro la meno recente Cass., 14/10/2016, n. 20838).

Si è da questa Corte – anche a Sezioni Unite – al riguardo d’altro canto precisato che la condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., comma 1 e 2, e con queste cumulabile, volta a salvaguardare finalità correlate all’esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, nonchè interessi della parte vittoriosa, ed a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall’art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso dello strumento processuale, con un’utilizzazione del potere, di per sè legittimo, di promuovere la lite in concreto volta a realizzare fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte.

A tale stregua, la condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, non richiede nè la domanda di parte nè la prova del danno, nè il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate, come in particolare l’aver agito o resistito pretestuosamente (cfr. Cass., 27/02/2019, n. 5725; Cass., Sez. Un., 13/9/2018, n. 22405; Cass., Sez Un., 20/4/2018, n. 9912).

Trattasi pertanto di una valutazione di fatto rimessa al giudice di merito, nella specie dalla corte di merito nell’impugnata sentenza invero puntualmente operata, con congrua motivazione (“Osserva il Collegio che… se è vero che vi è stata soccombenza reciproca, la condanna dell’appellante ha riguardato la temerarietà dell’azione, in quanto, ben prima dell’introduzione della causa innanzi al Tribunale di Milano, avvenuta con notifica di atti di citazione nel 2013, la Corte d’Appello di Genova, con sentenza 815 del 2009, e la Corte di Cassazione, con sentenza numero 8272-2012, avevano revocato ogni statuizione in favore dell’appellante e la corte di legittimità aveva altresì respinto il ricorso, con la conseguenza che l’attrice in prime cure era ben consapevole dell’infondatezza delle pretese. Valutazione che è stata confermata dal Collegio che rileva pure che la domanda riconvenzionale azionata dall’acquirente riguardava appunto la lite temeraria, l’ingiuria e la diffamazione insieme, e la condanna dell’attrice respinta solo in punto quantum e parzialmente nell’an, quindi accolta sostanzialmente”), di cui l’odierna ricorrente inammissibilmente richiede la rivalutazione in questa sede.

All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso, con assorbimento dei ricorsi incidentali condizionati.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti G.S., D. e società Intesa San Paolo s.p.a., seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 20.500,00, di cui Euro 20.300,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore di ciascuno dei controricorrenti G.S., D. e società Intesa San Paolo s.p.a.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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