Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24646 del 22/11/2011
Cassazione civile sez. VI, 22/11/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 22/11/2011), n.24646
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
M.A., residente in (OMISSIS), rappresentato e
difeso per procura in calce al ricorso dall’Avvocato Defilippi
Claudio, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato
Salerno Alessandra in Roma, via XX Settembre n. 3;
– ricorrente –
contro
Equitalia Esatri s.p.a.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 5393 del Tribunale di Milano, depositata il 29
aprile 2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18 ottobre 2011 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;
udite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del
Sostituto Procuratore Generale dott. APICE Umberto.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il Collegio, letto il ricorso proposto da M.A. per la cassazione della sentenza n. 5393 del Tribunale di Milano, depositata il 29 aprile 2010, che aveva confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il suo ricorso avverso l’atto di preavviso di fermo di un autoveicolo di sua proprietà notificatogli dalla Equitalia Esastri – Esazione Tributi s.p.a., in esecuzione di una cartella emessa per il pagamento di una sanzione amministrativa per violazione del codice della strada, avendo ritenuto il giudice di secondo grado infondata l’opposizione per non avere il ricorrente impugnato tempestivamente la pregressa cartella di pagamento e per essere irrilevante la circostanza che il provvedimento opposto avesse colpito un’autovettura diversa da quella indicata nella cartella a mezzo del quale era stata commessa l’infrazione, essendo facoltà dell’esattore soddisfarsi su un bene diverso, purchè di proprietà del debitore;
vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. dal consigliere delegato dott. Mario Bertuzzi, che ha concluso per l’infondatezza del ricorso osservando che:
“il primo motivo di ricorso, denunziando omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, lamenta che la sentenza impugnata abbia respinto il motivo di appello che contestava l’individuazione del bene colpito dal preavviso di fermo, in quanto diverso da quello indicato nella cartella di pagamento, sulla base della insufficiente ed apodittica considerazione che è in facoltà dell’ente esattore scegliere i beni da aggredire, laddove invece, nel caso in cui il bene attraverso cui la violazione si è consumata sia ancora di proprietà del contravventore, esso ha l’obbligo di agire nei confronti di quest’ultimo, apparendo una scelta diversa contraria a buona fede ed inutilmente affittiva”;
“il secondo motivo di ricorso, che denunzia violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, comma 1, come modificato dalla L. n. 193 del 2001, investe lo stesso capo della decisione, assumendo che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, tale disposizione non autorizza affatto l’ente esattore a sottoporre a fermo indifferentemente e indistintamente i beni mobili registrati appartenenti al debitore, ma gli impone di dare priorità al bene oggetto della sanzione amministrativa, quando lo stesso è aggredibile”;
– “i due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati, in quanto, premesso che il fermo amministrativo di bene mobile registrato, regolato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 86, è misura preordinata all’espropriazione forzata dei beni del debitore al fine della realizzazione del credito dell’Amministrazione (risultante, nel caso di specie, dal provvedimento di erogazione della sanzione amministrativa e dalla successiva cartella di pagamento) (Cass. S.U. n. 14071 del 2006), deve ritenersi, in conformità a tale suo scopo ed ai principi generali in materia di espropriazione forzata (artt. 491 e segg.
c.p.c.), nonchè in ragione della stessa lettera della norma, che non introduce, sotto tale profilo, limiti oggettivi, che l’ente che procede all’esazione possa disporlo su qualsiasi bene mobile registrato appartenente al debitore, senza per contro essere obbligato ad eseguirlo sul veicolo a mezzo del quale, in ipotesi, sia stata commessa l’infrazione per cui si procede, trattandosi di relazione meramente eventuale ed occasionale e perciò irrilevante rispetto alla finalità della procedura”;
– “il terzo motivo di ricorso denunzia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto il ricorso in opposizione, da un lato tempestivo, rispetto alle disposizioni di cui alla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e segg., e, dall’altro, tardivo, per non avere il ricorrente impugnato la pregressa cartella di pagamento, senza peraltro considerare che essa non era mai stata notificata”;
“il mezzo va dichiarato inammissibile, per non avere il ricorrente specificato in quale modo tale statuizione abbia in concreto pregiudicato il suo interesse ad ottenere una pronuncia di accoglimento, assumendo, ad esempio, che in forza di essa il giudice di merito non ha esaminato, ritenendole ormai precluse, ulteriori censure che egli aveva svolto avverso il provvedimento impugnato”;
“con il quarto motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 91 c.p.c., lamentando che il giudice di merito lo abbia condannato al pagamento delle spese di giudizio, applicando il criterio della soccombenza avendo riguardo soltanto all’esito finale della lite, non anche alla reiezione delle eccezioni preliminari sollevate dalla controparte”;
“anche quest’ultimo motivo è infondato, dovendo il criterio della soccombenza essere riferito alla causa nel suo insieme, con particolare diretto riferimento all’esito finale della lite, sicchè va considerata vittoriosa la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta (Cass. n. 17351 del 2010;
Cass. n. 5373 del 2003)”;
rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alla parte ricorrente, che non ha depositato memoria;
ritenuto che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall’esame degli atti di causa, che agli orientamenti della giurisprudenza di questa Corte sopra indicati, cui questo Collegio ritiene di dover dare piena adesione;
che, pertanto, il ricorso va respinto, nulla disponendosi sulle spese di lite, non avendo la società intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2011