Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24646 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 02/10/2019), n.24646

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1762-2019 proposto da:

M.Z., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LIA

MINACAPILLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositato il

19/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SAMBITO

MARIA GIOVANNA C..

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 19.11.2018, il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato le istanze di protezione internazionale avanzate da M.Z., nato in Pakistan, il quale aveva dichiarato di aver lasciato il suo Paese, temendo per la propria incolumità, perchè minacciato ed aggredito dalla famiglia della moglie, appartenente a casta diversa e, perciò, da sempre contraria alle nozze. Il Tribunale ha escluso i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale e non ha ravvisato situazioni di vulnerabilità. M.Z. propone ricorso per cassazione per tre motivi. Il Ministero non ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5. Il ricorrente afferma che egli aveva fornito un racconto del tutto verosimile, e lamenta che non è stata tenuta in considerazione la gravità degli scontri che si verificano in Pakistan. In applicazione del principio dell’onere di prova attenuato, afferma il ricorrente, doveva ritenersi compiuto ogni suo sforzo per circostanziare la domanda, essendo notorio che nella regione del Punjab, da cui egli proviene, vige una pesante discriminazione sociale, in danno dei meno abbienti, con violazione dei diritti umani personalissimi, quale la libertà matrimoniale.

2. Col secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed afferma che, in caso di violenza indiscriminata, ravvisabile nella specie, non sono rilevati le motivazioni che hanno spinto il singolo migrante ad abbandonare il suo Paese.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32 per non esser stata riconosciuta la protezione umanitaria.

4. Va, anzitutto, esclusa l’ammissibilità delle censure riferite all’art. 112 c.p.c., la cui violazione è enunciata in tutti e tre i motivi, non essendo stata dedotta alcuna omessa pronuncia nè, comunque, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

5. Il primo motivo presenta profili d’inammissibilità e d’infondatezza.

6. Va premesso che, dopo aver esposto i dati fattuali della vicenda narrata (le nozze erano state contratte, nonostante l’opposizione dei familiari di lei, la coppia aveva vissuto a Karachi per circa un anno, si era trasferita a Sharak Poor per motivi economici, e poi a Lahore, ove era nata una bambina. Mentre la bambina si trovava in ospedale, la casa familiare era stata distrutta, e quindi il ricorrente era fuggito, dopo aver affidato moglie e figlia ad un cugino), l’impugnato decreto ha dato conto che il richiedente aveva riferito di non esser stato più aggredito dai familiari della moglie, dopo le nozze, ed aveva aggiunto di non esser certo che la distruzione della casa fosse opera loro. Ora, in disparte che il motivo confonde e sovrappone il momento della valutazione della credibilità soggettiva col dovere di cooperazione istruttoria, va rilevato che il Tribunale ha escluso che le vicende narrate, quand’anche credibili, costituissero motivo di persecuzione, tenuto conto che, secondo i reports indicati dallo stesso ricorrente/ il rifiuto di sottostare a matrimoni combinati costituisce motivo di violenza per le donne che vi si sottraggano, e tale violenza non aveva subito la moglie, che non era stata minacciata. La divisione in caste non ha, dunque, imposto al ricorrente un matrimonio non voluto, nè ha impedito quello voluto, talchè la libertà di contrarre nozze, il cui vulnus viene allegato quale titolo di persecuzione in suo danno, non viene in rilievo, nè, del resto, egli ha narrato di aperte violenze o minacce successive, essendo l’attribuzione dell’incendio della casa ai familiari della moglie il frutto di una sua supposizione, neppure denunciata agli organi di Polizia preposti. Il nesso etiologico fra l’appartenenza a caste ed il divieto di contrarre matrimonio tra appartenenti a gruppi diversi e l’incendio della casa resta dunque indimostrata, pure dalla prospettiva del ricorrente.

6. Il secondo motivo è inammissibile. Il Tribunale ha escluso il caso della “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), coerentemente alle indicazioni dei più recenti reports sulla regione del Punjab ed al lume di principi affermati dalla Corte di Giustizia UE (17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018), ed il relativo accertamento implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il cui risultato può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, il che non è stato dedotto, sicchè la censura si risolve nella richiesta di una diversa valutazione di fatto.

7. Anche il terzo motivo è inammissibile. La censura non deduce alcuna situazione di vulnerabilità, non rilevata dal Tribunale, e tale situazione deve riguardare la vicenda personale del richiedente, diversamente, infatti, verrebbe in rilievo non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti.

6. Non va provveduto sulle spese in assenza di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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