Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24645 del 13/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/09/2021, (ud. 15/07/2021, dep. 13/09/2021), n.24645

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12404/2020 R.G. proposto da:

P.P., in proprio e nella qualità di titolare

dell’omonima ditta individuale, domiciliato in Roma, Piazza Cavour

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Silvia Bevione, come da procura speciale in

atti;

– ricorrente –

contro

Unicredit S.P.A. in persona del legale rapp. p.t.;

– intimata –

Avverso la sentenza n. 78/2020 della CORTE di APPELLO di TORINO

depositata il 23/01/2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 luglio

2021 dal Consigliere Laura Tricomi.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

Con sentenza n. 6036 del 14/12/2016, il Tribunale di Torino rigettò le domande proposte da P.P. nei confronti di Unicredit SPA con le quali aveva chiesto la restituzione di Euro 42.291,80= o di altra somma risultante in causa, oltre interessi legali e risarcimento del danno, e lo condannò, in ragione della soccombenza, alla refusione delle spese di lite quantificate in Euro 7.254,00=, oltre accessori di legge.

La Corte di appello di Torino, in sede di gravame, espletata CTU, ha accolto parzialmente la domanda di P. e rideterminato il saldo del conto a debito del correntista nella minor somma di Euro 13.006,32=, previa espunzione degli interessi e della commissione di massimo scoperto, senza tuttavia condannare la banca ad alcuna restituzione di somme.

Nel regolamentare le spese di lite dei due gradi di giudizio, la Corte di appello ha affermato di avere tenuto conto della prevalente soccombenza dell’appellante, del comportamento processuale di P., che aveva insistito nelle domande anche dopo l’espletamento della CTU, della natura e della complessità della controversia, assumendo quale parametro quello dell’importo complessivo medio. Ha quindi posto le spese di lite a carico dell’appellante P. nella misura di tre quarti, con compensazione del restante quarto, per entrambi i gradi di giudizio; quanto alla liquidazione, ha confermato quella compiuta in primo grado ed ha liquidato le spese di secondo grado per l’intero in Euro 13.635,00=, oltre accessori. Ha, infine posto le spese di CTU per tre quarti a carico dell’appellante e per un quarto a carico della banca appellata.

P. ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi, avverso la sentenza della Corte di appello di Torino depositata il 23/1/2020 con ricorso tempestivamente notificato il 4/5/2020 (sospensione ex lege per emergenza covid 9/3/2020-11/5/2020 – scadenza termine 27/5/2020). La banca è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si enuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione alla collocazione delle spese di lite del primo e del secondo grado a carico di esso ricorrente, nonostante il quasi integrale accoglimento delle domande.

Il ricorrente sostiene che l’appello venne circoscritto solo alla richiesta di ricalcolo/restituzione somme del conto corrente e non venne svolta impugnazione in merito alla domanda concernente il finanziamento ed il risarcimento danni, trascritte solo nelle conclusioni.

Sostiene, quindi, che la domanda di ricalcolo/restituzione venne quasi integralmente accolta.

Secondo il ricorrente non può essere condannato alla rifusione delle spese chi si è visto costretto ad introdurre un giudizio, anche solo parzialmente fondato, e la banca soccombente doveva essere condannata a rifondere le intere spese di lite.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.3. Giova rammentare che “La rilevazione ed interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito ed è sindacabile: a) ove ridondi in un vizio di nullità processuale, nel qual caso è la difformità dell’attività del giudice dal paradigma della norma processuale violata che deve essere dedotto come vizio di legittimità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; b) qualora comporti un vizio del ragionamento logico decisorio, eventualità in cui, se la inesatta rilevazione del contenuto della domanda determina un vizio attinente alla individuazione del “petitum”, potrà aversi una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che dovrà essere prospettato come vizio di nullità processuale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; c) quando si traduca in un errore che coinvolge la “qualificazione giuridica” dei fatti allegati nell’atto introduttivo, ovvero la omessa rilevazione di un “fatto allegato e non contestato da ritenere decisivo”, ipotesi nella quale la censura va proposta, rispettivamente, in relazione al vizio di “error in judicando”, in base all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, o al vizio di “error facti”, nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5″ (Cass. n. 11103 del 10/06/2020).

Nel caso in esame il ricorrente prospetta la violazione dell’art. 91 c.p.c. in tema di regolazione delle spese di lite, sulla base di una personale perimetrazione della domanda proposta in appello, senza tuttavia confrontarsi con la statuizione della Corte di appello, in merito alla ravvisata riproposizione della domanda concernente il finanziamento chirografario ed il risarcimento danni e senza censurarla validamente, con evidenti ricadute sull’ammissibilità del motivo.

2.1. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. in relazione alle spese del primo e secondo grado, stante l’accoglimento parziale del giudizio.

Il ricorrente sostiene che, ove non accolto il primo motivo, in ragione della reciproca soccombenza, ove ravvisata, avrebbe dovuto al più disporsi la compensazione totale o parziale delle spese di lite con condanna, però, a carico del convenuto per la parte non compensata.

2.2. Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. ovvero dell’art. 92 c.p.c. e l’erronea applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione alle spese di CTU.

2.3. I motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, sono fondati e vanno accolti.

2.4. La nozione di soccombenza reciproca che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende – anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una parzialità dell’accoglimento anche meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo (Cass. n. 10113 del 24/04/2018).

Tuttavia, sotto quest’ultimo profilo, per ravvisare la reciproca soccombenza nel caso in cui l’accoglimento parziale abbia riguardato la misura meramente quantitativa, è necessario che la richiesta, rivelatasi inadeguata rispetto a quella accolta, abbia costretto la controparte ad una spesa per oneri processuali maggiore di quella che avrebbe sostenuto se la domanda fosse stata contenuta nel giusto (Cass. n. 516 del 15/01/2020), circostanza che non risulta emergere in alcun modo dalla decisione impugnata.

Inoltre, nel regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all’art. 91 c.p.c. dalla L. n. 69 del 2009, come anche in quello precedente, “In caso di accoglimento parziale della domanda il giudice può, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ma questa non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l’esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte, poiché tale condanna è consentita dall’ordinamento solo per l’ipotesi eccezionale di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa.” (Cass. n. 1572 del 23/01/2018; Cass. n. 26918 del 24/10/2018; Cass. n. 21069 del 19/10/2016), ipotesi che, nel caso in esame, non ricorre.

2.5. Fermi gli anzidetti principi, per quanto attiene alle spese di consulenza tecnica d’ufficio va rammentato che questa è un atto compiuto nell’interesse generale di giustizia e, dunque, nell’interesse comune delle parti, trattandosi di un ausilio fornito al giudice da un collaboratore esterno e non di un mezzo di prova in senso proprio; le relative spese rientrano pertanto tra i costi processuali suscettibili di regolamento ex artt. 91 e 92 c.p.c. (Cass. n. 17739 del 07/09/2016; Cass. n. 26849 del 21/10/2019), sicché possono essere compensate anche in presenza di una parte totalmente vittoriosa, senza violare in tal modo il divieto di condanna di quest’ultima alle spese di lite, atteso che la compensazione non implica una condanna, ma solo l’esclusione del rimborso (Cass. n. 11068 del 10/06/2020).

2.6. La decisione impugnata non risulta aver applicato i principi anzidetti.

3. In conclusione, vanno accolti i motivi secondo e terzo del ricorso, inammissibile il primo; la sentenza impugnata va cassata con decisione nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti.

Le spese di giudizio del primo e del secondo grado di merito e le spese di CTU si compensano integralmente in ragione della reciproca soccombenza.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte intimata, nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

– Accoglie i motivi secondo e terzo del ricorso, inammissibile il primo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, compensa le spese di lite del primo e del secondo grado di merito e le spese di CTU;

– Condanna l’intimata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.200,00=, oltre Euro 100,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2021

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