Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24644 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/10/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 02/10/2019), n.24644

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21414-2018 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ELISABETTA UDASSI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CAGLIARI, in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 509/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 01/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SAMBITO

MARIA GIOVANNA C..

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 1.6.2018, la Corte d’Appello di Cagliari ha confermato il rigetto della domanda di riconoscimento della protezione internazionale proposta dal cittadino nigeriano A.F., il quale aveva narrato di aver lasciato il suo Paese per la situazione di indigenza nella quale si trovava la sua famiglia non avendo reperito un’occupazione che gli permettesse di vivere dignitosamente.

La Corte ha escluso, sulla scorta delle stesse dichiarazioni del richiedente, che sussistessero i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria in riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione in riferimento al menzionato articolo, lett. c), e non ha ravvisato situazioni di vulnerabilità, tale non essendo l’ipotesi del c.d. rifugio economico. A.F. propone ricorso per cassazione per tre motivi, resistiti con controricorso dal Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e vizio di motivazione. Il ricorrente si duole della sua omessa audizione, dell’omessa motivazione, della mancata considerazione della situazione vigente in Nigeria, del mancato riconoscimento della sua credibilità.

2. Col secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e) e art. 3); L. n. 39 del 1990, art. 1, art. 115 c.p.c ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. La Corte, lamenta il ricorrente, non ha ottemperato all’obbligo su lei gravante di reperire informazioni aggiornate in merito al Paese di provenienza.

3. Col terzo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 16, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

4. I motivi, da valutarsi congiuntamente perchè connessi, sono infondati.

5. La Corte territoriale non ha affatto escluso la credibilità del racconto del richiedente, ma ha evidenziato che lo stesso non narrava di timori riconducibili alla sottoposizione a pena di morte, o a tortura o a trattamenti inumani o degradanti. Nè in proposito il ricorrente esplicita alcunchè, limitandosi genericamente ad affermare che siffatti timori erano stati allegati nel ricorso introduttivo del giudizio ma senza spiegare quali siano, nè indicare quali circostanze ulteriori rispetto a quelle riferite alla Commissione territoriale avrebbe potuto direttamente esporre alla Corte, per sovvertire il giudizio secondo cui i fatti narrati a motivo dell’espatrio non avevano alcuna attinenza con i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale. In riferimento ai casi di cui alle lettere a) e b), la Corte non aveva, dunque, alcun dovere di cooperazione istruttoria, tenuto conto del principio secondo cui l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguarda il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, ma quello della prova (cfr. Cass. n. 3016 del 2019). Va aggiunto che il vizio motivazionale non è più deducibile, a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

In riferimento al caso della violenza indiscriminata di cui all’art. 14, lett. c), la Corte, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, non si è sottratta all’onere di cooperazione istruttoria ed ha escluso, al lume di più reports, la situazione che legittima la tutela richiesta di conflitto interno armato nella regione di provenienza del richiedente, che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, (v. 26 Considerando della direttiva n. 2011/95/UE), potrà portare alla concessione della protezione sussidiaria solamente nella misura in cui si ritenga eccezionalmente che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente, a motivo del fatto che il grado di violenza indiscriminata che li caratterizza raggiunge un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (v., in questo senso, Corte Giustizia UE 17 febbrario 2009, Elgafaji, C-465/07 e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018).

6. L’istanza di sospensione del provvedimento impugnato è inammissibile. Ed infatti l’art. 373 c.p.c., limpidamente precisa che: “il ricorso per Cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza. Tuttavia il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che la esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione”. Tale disposizione, la cui interpretazione è assolutamente pacifica, è espressione consapevole della funzione della Corte di Cassazione, giudice di legittimità e non del fatto.

7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non si ravvisano i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna alle spese, che liquida in complessivi Euro 2.100,00, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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