Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24642 del 02/12/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. III, 02/12/2016, (ud. 26/10/2016, dep. 02/12/2016), n.24642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7936-2014 proposto da:

UNICREDIT LEASING SPA già LOCAI SPA, in persona del Dott. ERMES

BIONDI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE GIANTURCO 6,

presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO CATAVELLO, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AUCHAN SPA, in persona del procuratore speciale avv. ANTONIO CARELLA,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LORENZO MAGALOTTI 15, presso

lo studio dell’avvocato BARBARA MIOLI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANGELO MASTANDREA giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

nonchè contro

BRICOCENTER ITALIA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2309/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 04/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato ALVISE VERGERIO per delega;

udito l’Avvocato ANGELO MASTANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 3 novembre 2009 il Tribunale di Torino respingeva, nelle riunite cause, le opposizioni di Unicredit Leasing S.p.A. a due decreti ingiuntivi, nei suoi confronti ottenuti l’uno da Auchan S.p.A. per Euro 428.399,24 e l’altro da S.I.B. Società Italiana Bricolage S.p.A. – poi divenuta Bricocenter Italia S.r.l. – per Euro 79.029,90, oltre a interessi e spese. Avendo Unicredit Leasing proposto appello, ed essendosi le appellati costituite resistendo, la Corte d’appello di Torino lo ha respinto con sentenza del 24 luglio – 4 dicembre 2013.

2. Ha presentato ricorso Unicredit Leasing sulla base di cinque motivi che ha pure sviluppato in memoria; si difende con controricorso Auchan – che ha presentato anche memoria – e si difende altresì con controricorso Bricocenter Italia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è infondato.

3.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c., nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti controversi e decisivi e omesso o incompleto esame di documenti decisivi.

La motivazione dell’impugnata sentenza sarebbe frutto di erronea interpretazione dei contratti di locazione finanziaria in forza dei quali le controparti avrebbero preteso infondatamente il credito. Di entrambi i contratti vengono quindi trascritte alcune parti (precisamente gli artt. 2, 3, 5 e 6) e viene inoltre inserito in fotocopia nella illustrazione del motivo un documento che sarebbe il piano di ammortamento, contrattualmente previsto, argomentando poi sulle rate ivi indicate e su ulteriori parti dei negozi. Si deduce da ciò che, “questi essendo i dati che emergono dai contratti”, la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere previsto un pagamento anticipato dei canoni, richiamando ancora al riguardo il piano di ammortamento e parti dei contratti e concludendo che il pagamento dei canoni sarebbe stato previsto come posticipato, onde risulterebbe evidente la violazione delle norme invocate in rubrica e l’assenza di motivazione.

La sintesi appena tracciata del contenuto del motivo è sufficiente per attestare che il suo contenuto, lungi dal denunciare realmente violazione di legge e vizio motivazionale (sotto quest’ultimo profilo dandosi peraltro atto che si propone una formula riconducibile al previgente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), inammissibilmente prospetta una versione alternativa dell’accertamento fattuale compiuto dal giudice di merito in ordine alla ricostruzione della volontà negoziale (cfr. p. es. Cass. sez. 3, 10 febbraio 2015 n. 2465; Cass. sez. 2^, 3 settembre 2010 n. 19044; Cass. sez. 3, 12 luglio 2007 n. 15604; Cass. sez. 1^, 7 marzo 2007 n. 5273; Cass. sez. 1^, 22 febbraio 2007 n. 4178; Cass. sez.3, 13 febbraio 2002 n. 2074), come ad abundantiam attesta l’inserimento, tra le argomentazioni relative al concreto significato delle clausole contrattuali, persino dei c.d. piani di ammortamento.

3.2 Il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su punti decisivi, con riferimento alle risultanze della c.t.u.: il giudice d’appello non ha condiviso le sue conclusioni, quanto all’affermazione che, dopo il penultimo canone, non vi fossero altri importi da indicizzare, e non avrebbe motivato su ciò.

Anche in questo caso, inammissibilmente, il vizio motivazionale viene denunciato in conformità al testo previgente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Peraltro, valutando conservativamente la denuncia sotto il profilo della omissione di motivazione, la doglianza risulta manifestamente infondata perchè, seppur in modo conciso, la corte territoriale ha motivato sulla sua mancata adesione agli esiti della c.t.u., come dimostra il fatto che il rilievo della non aderenza posto all’ultima pagina della motivazione si collega espressamente a quanto argomentato in precedenza, indicando ciò come logico presupposto di quanto si afferma (l’incipit infatti è: “Sono pertanto del tutto fuorvianti le conclusioni” del c.t.u.).

3.3 In terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denuncia difetto, insufficienza, illogicità e contraddittorietà motivazionale di punti decisivi e violazione dell’art. 112 c.p.c..

Il giudice d’appello non avrebbe tenuto conto che le appellate avevano condiviso le risultanze della c.t.u., come risultante dalla relazione del consulente a pagina 12. Entrambe le appellate, in primo grado, avevano precisato le conclusioni chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo, e, in subordine, la condanna dell’appellante a pagare l’importo emergente come dovuto dalla c.t.u., concordato anche con i consulenti di parte; e pure all’udienza del 31 gennaio 2013 davanti al giudice d’appello le controparti avevano così precisato. Ma la loro condotta processuale sarebbe, ad avviso del ricorrente, contraddittoria (al riguardo si riportano passi nella comparsa di risposta in appello e della conclusionale d’appello di Auchan e della conclusionale di primo grado di Bricocenter). Pertanto il giudice di secondo grado avrebbe dovuto qualificare le domande delle appellate, andando oltre le espressioni letterali (come l’utilizzo della premessa “in via subordinata”): in effetti le domande sarebbero state modificate rispetto al ricorso monitorio, aderendosi alla c.t.u. la corte territoriale non avrebbe adempiuto questo suo compito, e così sarebbe incorsa nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Il motivo è privo di fondatezza, poichè, come non può non riconoscere il ricorrente stesso nell’illustrarlo – pur sforzandosi con le sue argomentazioni a svuotare ciò di ogni significanza le sue controparti aderirono agli esiti della c.t.u. soltanto “in subordine”: e quindi tutto quanto addotto nel presente motivo non ha effettivo rilievo, essendo stata accolta la loro conclusione in tesi, la quale, si ripete, proprio per le inequivoche formule adottate dalle attuali controricorrenti nel precisare le loro conclusioni, non fu mai abbandonata, come invece ha qui tentato di prospettare il ricorrente.

3.4 Il quarto motivo lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, difetto, insufficienza, contraddittorietà e/o illogicità della motivazione su punti decisivi riguardanti il rigetto integrale dell’appello, nonchè violazione degli artt. 112, 115 e 645 c.p.c..

Avrebbe errato la corte territoriale ritenendo che la domanda di controparte sia rimasta piena e fondata su due titoli, cioè l’indicizzazione degli interessi sul canone dell’ultimo semestre del leasing e sul prezzo di acquisto. Così era la richiesta in sede monitoria, ma successivamente, “come si è detto sopra”, questa si sarebbe modificata, per cui avrebbe errato il giudice d’appello nel respingere totalmente l’impugnazione, essendo questa fondata sull’inesistenza di indicizzazione sul prezzo di vendita.

Questo motivo – a prescindere ancora dalla utilizzazione della formula dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, secondo il dettato previgente -, come è sufficiente a dimostrare la sintesi appena tracciata, costituisce una mera ripetizione del terzo (“come si è detto sopra”), a proposito del quale si è già constatata l’infondatezza dell’asserto dell’abbandono della posizione iniziale da parte delle attuali controricorrenti, non potendo certo intendersi come tale l’introduzione di una conclusione in subordine. Si rimanda pertanto a quanto già osservato.

3.5 Il quinto motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta difetto, insufficienza, illogicità e contraddittorietà di motivazione su punti decisivi e violazione dell’art. 115 c.p.c..

Come discenderebbe dal quarto motivo, la corte territoriale non avrebbe potuto confermare i decreti ingiuntivi fondati su due titoli, perchè incorsa in errore laddove ha ritenuto che le appellate abbiano chiesto gli importi dei decreti fondandosi su entrambe le indicizzazioni: avrebbe invece dovuto ritenere che non spettasse alcun conguaglio sul prezzo di opzione. Conseguentemente non si poteva condannare a pagare tutto per un solo titolo, per cui la motivazione offerta dal giudice d’appello sarebbe errata.

Vi sarebbe inoltre violazione del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c., perchè non corrisponde al vero, come invece afferma la corte, che l’importo delle somme ingiunte non fosse contestato. Al riguardo si riportano stralci degli scritti difensivi dell’attuale ricorrente (memoria ex art. 183 c.p.c., nel giudizio contro Bricocenter; conclusionale del giudizio di primo grado; atto d’appello) in cui, in sintesi, l’attuale ricorrente affermava che l’importo richiesto non riguardava un inesistente canone del secondo semestre del 2003, bensì l’indicizzazione sul prezzo d’acquisto, che negava di dovere in forza del contratto.

A parte che nuovamente il ricorrente si avvale di una formula legislativa abrogata per denunciare il vizio motivazionale, e a parte altresì che il ricorrente stesso, in effetti, non può non riconoscere che la prima parte del motivo costituisce un’ennesima versione di quanto prospettato nel terzo e poi riproposto nel quarto dei motivi (qualificandola come discendente dal quarto motivo, così come già riportato nella sintesi), deve darsi atto che per quanto concerne il residuo della doglianza, ovvero la pretesa violazione dell’art. 115 c.p.c., non vi è effettivo riscontro nella impugnata decisione. Infatti la corte territoriale dichiara non contestati gli importi “nel loro specifico ammontare”, e dunque, evidentemente, fa riferimento al mero calcolo aritmetico, considerato anche il contenuto delle sue precedenti argomentazioni (non a caso la frase censurata si trova proprio alla conclusione dell’iter motivazionale percorso dal giudice d’appello).

Anche il quinto motivo, quindi, non merita accoglimento.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione a ciascuna delle controparti delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. comma 1 bis.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alle controparti le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 10.200, oltre a Euro 200 per esborsi e agli accessori di legge per Auchan S.p.A. e in un totale di Euro 7800, oltre a Euro 200 per esborsi e agli accessori di legge per Bricocenter Italia S.r.l..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA