Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24641 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 05/11/2020), n.24641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21237-2019 R.G. proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del curatore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18,

presso lo studio dell’avvocato CARLO CIPRIANI, rappresentato e

difeso dagli avvocati GIUSEPPE TRISORIO LIUZZI, GIANPAOLO

IMPAGNATIELLO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FOGGIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA AMITERNO 2, presso lo studio dell’avvocato

ANGIOLETTO CALANDRINI, rappresentato e difeso dagli avvocati GIACOMO

PORCELLI, FABIO CICCARIELLO;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 1442/2019 del

TRIBUNALE di FOGGIA, depositata il 06/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO

GIAIME GUIZZI.

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS LUISA, che chiede

alla Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, di cassare la

decisione impugnata e, per l’effetto, di adottare le seguenti

statuizioni: dichiarazione della inefficacia sopravvenuta della

clausola compromissoria contenuta nell’art. 11 Convenzione inter

partes N. 9303 del 25.7.2008 per mancata autorizzazione motivata da

parte dell’organo di governo dell’amministrazione resistente ai

sensi della L. n. 190 del 2012, art. 1, comma 19; dichiarazione di

competenza del Tribunale di Foggia, al quale la causa va rinviata

anche per la liquidazione delle spese relative al regolamento di

competenza.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– che il Fallimento della società (OMISSIS) S.p.a. in liquidazione ha proposto ricorso per regolamento necessario di competenza, sulla base di due motivi, avverso la sentenza n. 1442/19, del 6 giugno 2019, del Tribunale di Foggia, la quale, in relazione alla controversia intercorsa tra il Comune e la curatela fallimentare ha dichiarato il proprio difetto di competenza, essendo stata la stessa devoluta alla cognizione di giudizio arbitrale;

– che il ricorrente, in punto di fatto, riferisce che il predetto Comune ebbe ad affidare, nel 2008, alla società (OMISSIS) S.p.a. – società costituita “sulle ceneri” dell’omonima azienda speciale e con capitale sociale interamente detenuto dal Comune – i servizi di custodia, vigilanza, disinfestazione, disinfezione e manutenzione dei plessi di scuola materna di proprietà del (o in uso al) predetto Comune;

– che, con successiva Delib. di giunta dello stesso anno, il Comune autorizzava la società ad avvalersi di una propria controllata ((OMISSIS) S.r.l.) nella gestione del servizio, stipulando, poi, con la controllante la convenzione n. 9303 del 25 luglio 2008;

– che con atto di citazione, nell’anno 2009, la società, ancora “in bonis”, richiese il pagamento del corrispettivo dovuto per il primo dei tre anni di servizio pattuiti, giungendo, tuttavia, le parti – anche a seguito di una serie di pagamenti effettuati dal Comune – ad una conciliazione della controversia;

– che con ulteriore atto citazione, dell’anno 2013, la curatela fallimentare della società (OMISSIS) S.p.a. in liquidazione ha richiesto il saldo di quanto, a suo dire, non ancora corrisposto;

– che nel costituirsi in giudizio il Comune, tra l’altro, eccepiva l’incompetenza dell’adito Tribunale, per la presenza, nella citata convenzione n. 9303 del 25 luglio 2008, di una clausola compromissoria;

– che il Tribunale di Foggia, dopo lo scambio delle memorie istruttorie, ritenuta non necessaria la CTU tecnico-contabile sollecitata dall’attrice, rinviava la causa per precisazione delle conclusioni, salvo rimettere la causa sul ruolo su istanza congiunta delle parti in ragione della pendenza di trattative per la composizione stragiudiziale della controversia;

– che fissata, nuovamente, udienza di precisazione delle conclusioni, la curatela, in comparsa conclusionale, illustrava compiutamente le ragioni per cui la clausola compromissoria doveva ritenersi nulla o affetta da inefficacia sopravvenuta;

– che il Comune, a propria volta, in memoria di replica, senza sollevare contestazione alcuna in relazione alla tempestività e ammissibilità dei profili illustrati nella comparsa conclusionale della curatela, ribadiva la competenza del collegio arbitrale;

– che l’adito Tribunale, come detto, dichiarava il proprio difetto di competenza;

– che avverso tale sentenza il Comune ha proposto regolamento di competenza, sulla base di due motivi;

– che il primo motivo denunzia nullità della sentenza per violazione – degli artt. 112 e 190 c.p.c., in relazione all’art. 1421 c.c., per avere la sentenza ritenuto tardivo e/o inammissibile il rilievo sulla nullità e/o inefficacia della clausola arbitrale per violazione di norme imperative, essendo lo stesso avvenuto con comparsa conclusionale;

– che il ricorrente rileva come la previsione di cui all’art. 11 della citata convenzione del 25 luglio 2008 (a mente della quale “tutte le controversie inerenti l’attuazione, l’interpretazione e l’estinzione” della stessa risultano devolute a collegio arbitrale) debba ritenersi affetta da nullità e/o inefficacia sopravvenuta;

– che, difatti, ai sensi della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 3, commi 19 e 20, vige(va) un divieto di arbitrato nei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi, essendosi anche dettata (comma 21) una disciplina transitoria in forza della quale, per i contratti sottoscritti prima dell’entrata in vigore della legge, “per le cui controversie i relativi collegi arbitrali non si sono ancora costituiti alla data del 30 settembre 2007” (termine poi differito al 30 giugno 2008, ai sensi del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 15 convertito con modificazioni in L. 28 febbraio 2008, n. 31), era fatto obbligo di “declinare la competenza arbitrale”, stabilendosi, infine, con norma di chiusura, una decadenza automatica per “i collegi eventualmente costituiti successivamente al 30 settembre 2007 e fino alla data di entrata in vigore della presente legge” (disponendosi, peraltro, in seguito – sempre ad opera del D.L. n. 248 del 2007, già citato art. 15 – la soppressione della parole da “successivamente al” fino a “presente legge”);

– che con successivi interventi legislativi si è previsto il rinvio delle citate disposizioni dapprima al 31 dicembre 2008 (D.L. 3 giugno 2008, n. 97, art. 4-bis, comma 12, convertito con modificazioni nella L. 2 agosto 2008, n. 129), poi al 30 marzo 2009 (D.L. 23 ottobre 2008, n. 162, art. 1-ter convertito con modificazioni nella L. 22 dicembre 2008, n. 201) e, infine, al 31 dicembre 2009 (D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 29, comma 1-quinquiedecies, lett. a, convertito con modificazioni nella L. 27 febbraio 2009, n. 14);

– che, poi, la L. 6 novembre 2012, n. 190, art. 1, comma 19, ha stabilito – novellando il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 241, comma 1, – che le controversie su diritti soggettivi derivanti dalla esecuzione dei contratti pubblici relativi, tra gli altri, a lavori, servizi e forniture possano essere deferite ad arbitri solo “previa autorizzazione motivata da parte dell’organo di governo dell’amministrazione”, stabilendosi, altresì, che la “inclusione della clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito, o il ricorso all’arbitrato, senza preventiva autorizzazione, sono nulli”;

– che alla luce di tale plesso normativo, assume la ricorrente, l’inserimento di clausole compromissorie nei contratti pubblici relativi a lavori, forniture e servizi è illegittima dal 31 dicembre 2009 (data alla quale è stata prorogata l’entrata in vigore dei divieti sanciti, come detto, della L. n. 244 del 2007, art. 3, commi 19 e 20);

– che per i contratti – come la convenzione intercorsa tra le parti del presente giudizio il 25 luglio 2008 – conclusi anteriormente a tale data vige la disciplina transitoria di cui alla stessa L. n. 244 del 2007, art. 3, illustrato comma 21 a mente della quale “i collegi arbitrali eventualmente costituiti decadono automaticamente”;

– che, dunque, non potrebbe essere mai promosso un arbitrato sulla base della clausola compromissoria contenuta nella convenzione “de qua”, giacchè il collegio arbitrale non potrebbe essere costituito, ovvero, se costituito, decadrebbe “ipso iure” in forza della normativa sopra richiamata;

– che la sentenza impugnata, pertanto, avrebbe errato nel ritenere tardivi tali rilievi, in quanto effettuati dalla curatela odierna ricorrente in comparsa conclusionale, giacchè, trattandosi della deduzione di profili di nullità negoziale per violazione di norme imperative essa soggiaceva alla regola della rilevabilità d’ufficio, analogo esito dovendosi imporre anche quanto all’eccezione di inefficacia sopravvenuta della clausola arbitrale per difetto di autorizzazione da parte dell’organo di governo dell’amministrazione, di cui al novellato testo del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 241 essendo anche tale eccezione rilevabile “ex officio”;

– che il secondo motivo denunzia erronea dichiarazione di incompetenza in favore degli arbitri per nullità e/o inefficacia sopravvenuta della clausola compromissoria contenuta nell’art. 11 della convenzione n. 903 del 25 luglio 2008, a norma della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 3, commi 19 e 20, e della L. 6 novembre 2012, n. 190, art. 1, comma 19, e del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 209, comma 3;

– che la ricorrente curatela ribadisce la nullità e, comunque, l’inefficacia sopravvenuta della clausola arbitrale suddetta, in forza della normativa sopra richiamata, evidenziando quanto alla seconda eccezione – come la tesi dell’inefficacia sopravvenuta trovi conforto, innanzitutto, nella disciplina transitoria dettata dalla L. n. 190 del 2012, già citato art. 1, comma 25 la quale sottrae alla necessità dell’autorizzazione solo gli arbitrati conferiti e autorizzati prima dell’entrata in vigore della legge stessa (tale non essendo il caso che occupa, visto che la convenzione vigente “inter partes” risale, come detto, al 25 luglio 2008);

– che, sul punto, la ricorrente sottolinea che la Corte costituzionale, con sentenza 9-giugno 2015, n. 108, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della norma transitoria suddetta nella parte in cui non esclude dalla disciplina “a regime” (che prevede, come detto, la necessità dell’autorizzazione dell’organo di governo dell’amministrazione) gli arbitrati conferiti successivamente all’entrata in vigore della L. n. 190 del 2012, ma sulla base di clausole compromissorie pattuite anteriormente, avendo con ciò la Corte delle leggi confermato l’assoggettabilità anche di tali ipotesi – tra le quali rientra quella in esame – alla nuova disciplina;

– che la previsione di cui al (già più volte citato) “novellato” testo del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 241 risulta – secondo la ricorrente – sostanzialmente confermata dal D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 209, comma 3, che sancisce la nullità della “clausola compromissoria inserita senza autorizzazione nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito”, essendosi, del pari, previsto, al successivo art. 216, comma 22, un’apposita disciplina transitoria in base alla quale “le procedure di arbitrato di cui all’art. 209 si applicano anche alle controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici di cui al medesimo art. 209, comma 1, per i quali i bandi o avvisi siano stati pubblicati prima della data di entrata in vigore del presente codice”;

– che nessun dubbio, dunque, sussisterebbe circa l’applicabilità di tutte le norme sopra richiamate al caso che occupa;

– che al solo scopo di prevenire possibili contestazioni del Comune di Foggia la ricorrente evidenzia che tale normativa trova applicazione anche con riferimento a casi di affidamento in concessione di uno o più servizi da un’amministrazione pubblica, o meglio da un ente locale, ad una società a capitale interamente pubblico;

– che, d’altra parte, anche ad ammettere – evenienza, però, da escludersi in forza della normativa più volte richiamata – che la clausola arbitrale contenuta nella convenzione “de qua” fosse suscettibile di un’autorizzazione postuma, la stessa avrebbe dovuto essere esplicita e motivata, non potendo ricavarsi implicitamente da comportamenti concludenti dell’amministrazione, come affermato concordemente dalla giurisprudenza costituzionale (è citata Corte Cost., ord. n. 99 del 2016), di legittimità (è citata Cass. Sez. 6-1, ord. 6 dicembre 2017, n. 29355, Rv. 647024-01) ed amministrativa (è citata Cons. St., Sez. VI, sent. 4 marzo 2019, n. 1495);

– che ha resistito all’avversaria impugnazione, con memoria difensiva, il Comune di Foggia;

– che esso sottolinea, in primo luogo, l’unitarietà dei due motivi di ricorso, e comunque l’inammissibilità del primo ove lo stesso dovesse intendersi diretto a censurare la mancata pronuncia sull’eccezione di nullità della clausola compromissoria, dal momento che l’omissione di pronuncia su eccezione di parte non denunciabile con regolamento di competenza;

– che essa sottolinea la correttezza della decisione impugnata, laddove ha ritenuto tardiva l’eccezione di nullità della clausola compromissoria, giacchè dedotta per la prima volta in comparsa conclusionale;

– che, in ogni caso, proprio la normativa richiamata dalla ricorrente, quanto in particolare alla disciplina transitoria da essa prevista, confermerebbe come alla presente convenzione del 25 luglio 2008 non si applichi il regime di nullità e/o inefficacia sopravvenuta della clausola arbitrale da essa prevista;

– che, comunque, anche a prescindere da tali rilievi l’impugnazione risulterebbe non fondata, omettendo il ricorrente, inspiegabilmente, di riferire che le previsioni di cui al D.Lgs. n. 190 del 2012, art. 1, commi 19 e 25 sono state abrogate dal D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 217, comma 1;

– che, fermo e impregiudicato quanto precede, non sarebbe, comunque, applicabile al caso che occupa neppure il citato D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 209 essendosi la convenzione per cui è causa perfezionata il 25 luglio 2008 e conclusasi nell’arco di un triennio, e dunque in epoca anteriore all’entrata in vigore del citato disposto normativo del codice degli appalti pubblici;

– che, in ogni caso, il D.Lgs. n. 190 del 2012, art. 1, citati commi 19 e 25 non potrebbero trovare applicazione con riferimento alla presente fattispecie, poichè riferibili agli appalti pubblici nei quali uno dei contraenti sia selezionato sulla scorta di procedure ad evidenza pubblica, laddove la società (OMISSIS) S.p.a. “in bonis” risultava, invece, integralmente partecipata dal Comune.

– che lo scopo della normativa suddetta sarebbe quello di rendere edotto, preventivamente, chi partecipi ad una procedura siffatta, in ossequio a principi di correttezza e trasparenza, dell’esistenza dell’onere costituito dalla presenza della suddetta clausola compromissoria;

– che, infine, essendo al più ravvisabile – come affermato dalla giurisprudenza costituzionale – un’ipotesi di inefficacia sopravvenuta della clausola “de qua” deve ritenersi che il potere di autorizzazione riconosciuto all’amministrazione possa essere esercitato anche “a posteriori”, allorchè detta clausola acceda a contratti perfezionatisi anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 190 del 2012, e ciò anche sulla scorta di un comportamento concludente, quantunque il Comune si dica consapevole che “tale opzione ermeneutica non ha trovato sino ad oggi l’avallo della Suprema Corte”, confidando, però, “in un nuovo indirizzo”;

– che è intervenuto il giudizio il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo sostituto, per chiedere l’accoglimento del ricorso;

– che sia la curatela che il Tribunale di Foggia hanno depositato memoria, insistendo nelle rispettive argomentazioni.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che, in via preliminare, va ritenuta valida modalità di intervento nel presente giudizio, da parte del Comune, il deposito di memoria in luogo della notifica del controricorso (cfr. Cass. Sez. 3, ord. 20 agosto 2010, n. 18785, Rv. 614562-01; Cass. Sez. 1, sent. 24 maggio 2000, n. 6792, Rv. 536860-01);

– che il ricorso non è fondato, per le ragioni di seguito illustrate;

– che – dedotta dal Comune di Foggia l’esistenza di una clausola arbitrale, con eccezione sollevata nella comparsa di risposta, e quindi tempestivamente, ai sensi dell’art. 38 c.p.c. (Cass. Sez. 6-3, ord. 5 giugno 2019, n. 15300, Rv. 654309-01; Cass. Sez. 6-1, ord. 6 novembre 2015, n. 22748, Rv. 637741-01) – la questione relativa alla sua sopravvenuta inefficacia, per violazione della norma imperativa sulla necessità dell’autorizzazione “da parte da parte dell’organo di governo dell’amministrazione”, doveva essere sollevata, del pari, tempestivamente (e non per la prima volta, come invece avvenuto, in comparsa conclusionale), essendo il citato art. 38 del codice di rito civile espressione di un principio che vuole il tema della competenza, per così dire, cristallizzato “in limine

– che con riferimento alla presente fattispecie troverebbe, in astratto, applicazione la L. 6 novembre 2012, n. 190, art. 1 il cui comma 19 ha (“recte”: aveva) stabilito – novellando il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 241, comma 1, – che le controversie su diritti soggettivi derivanti dalla esecuzione dei contratti pubblici relativi, tra gli altri, a lavori, servizi e forniture possano essere deferite ad arbitri solo “previa autorizzazione motivata da parte dell’organo di governo dell’amministrazione”, prevedendo, altresì, che la “inclusione della clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito, o il ricorso all’arbitrato, senza preventiva autorizzazione, sono nulli”, non ostando a tale (astratta) applicabilità, come si dirà, l’avvenuta abrogazione della norma da parte del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 207, comma 1;

– che non potrebbe operare, invece, in nessun caso la norma transitoria di cui alla L. n. 190 del 2012, stesso art. 1, comma 25 secondo cui restano sottratte alla necessità dell’autorizzazione solo gli arbitrati “conferiti e autorizzati prima dell’entrata in vigore della legge stessa”;

– che tale non è il caso che occupa, visto che la convenzione vigente “inter partes” risale, come detto, al 25 luglio 2008, senza, però, che alla data di entrata in vigore della L. n. 190 del 2012 nessun arbitrato risultasse già “conferito o autorizzato”;

– che questa Corte ha, infatti, recentemente chiarito che “tale espressione non è riferibile alla clausola compromissoria inserita nel contratto, la quale è deputata a stabilire, in via preventiva e in termini necessariamente generali, che le controversie nascenti dal contratto saranno decise da arbitri”, sicchè la locuzione “arbitrati conferiti o autorizzati” va intesa, piuttosto, come riferita “a liti specificamente individuate, già introdotte con la nomina degli arbitri (arbitrati “conferiti”) o per le quali, pur non essendo intervenuta tale nomina, l’ente abbia espresso – in modo diverso da come richiesto, per il futuro, dal comma 19 – la propria volontà di avvalersi della clausola arbitrale (arbitrati “autorizzati”)” (così, in motivazione, Cass. Sez. 1, ord. 17 maggio 2019, n. 13410, Rv. 654256-01);

– che, d’altra parte, sebbene questa Corte ritenga – al pari del giudice amministrativo (cfr. TAR Lazio, sent. 10 febbraio 2015, n. 2423) “che dell’art. 1, il comma 25 vada interpretato nel senso di ricomprendere tutte quelle ipotesi in cui la stazione appaltante abbia tenuto comportamenti inequivoci idonei a far emergere la volontà di attivare la clausola arbitrale contenuta nel contratto di appalto, anche prescindendo da una manifestazione espressa in tal senso”, soluzione, questa, peraltro, “reputata condivisibile e fatta propria dall’Autorità nazionale anticorruzione con la determinazione n. 13 del 10 dicembre 2015” (così, nuovamente, Cass. Sez. 1, ord. n. 13410 del 2019, cit.), resta inteso, nondimeno, che la volontà di autorizzazione non “possa essere desunta da atti o comportamenti di organi o soggetti diversi, inidonei, in quanto tali, ad esprimere le ragioni della scelta di derogare alla giurisdizione ordinaria”, dovendo, in particolare, escludersi che tale volontà dell’Amministrazione possa esprimersi “attraverso l’eccezione d’incompetenza sollevata in giudizio dal suo difensore”, posto che “tale eccezione risulta intrinsecamente inidonea a rendere comprensibili le ragioni della preferenza accordata dall’Amministrazione al giudizio degli arbitri, rispetto a quello del giudice ordinario” (così, in motivazione, Cass. Sez. 6-1, ord. 6 dicembre 2017, n. 29255, Rv. 647024-01);

– che, dunque, non sussiste dubbio alcuno sulla (astratta) applicabilità – alla convenzione del 25 luglio 2008 tra il Comune di Foggia e la società (OMISSIS), allora “in bonis” – della previsione di cui alla L. n. 190 del 2012, art. 1; comma 19, irrilevante essendo la-sua abrogazione ad opera del D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 207, comma 1;

– che, difatti, come correttamente sottolineato dalla Procura Generale presso questa Corte, l’abrogazione della norma suddetta, “disposta dal citato “ius superveniens””, non è retroattiva, ma opera solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici introdotto dal D.Lgs. n. 50 del 2016, ai sensi del suo art. 217, in ossequio al principio generale di cui all’art. 11 preleggi” (Corte Cost., ord. 20 marzo 2019, n. 58);

– che, tuttavia, come già chiarito da questa Corte, deve ritenersi che le clausole compromissorie contenute in contratti, come quello in esame, “stipulati in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. n. 190 del 2012, pur restando valide, siano colpite da inefficacia sopravvenuta, per mancanza dell’autorizzazione”, dovendo, pertanto, escludersi che esse “possano ritenersi affette da nullità sopravvenuta”, atteso “da un lato che la nullità costituisce il vizio tipico che affligge il contratto nella sua fase genetica, ovvero nel momento della sua formazione e non già nella fase della sua esecuzione, dall’altro che la fase esecutiva può essere interrotta nei suoi effetti, nel senso che gli stessi possono venir meno per il futuro, restando invece validi quelli verificatisi nel passato” (così Cass. Sez. 6-1, ord. n. 29255 del 2017, tit.).

– che, ciò premesso, mentre costituisce “ius receptum” il principio secondo cui il rilievo della nullità del contratto – o di una sua singola clausola, ex art. 1419 c.c. – può avvenire anche d’ufficio, non solo “in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione)” (Cass. Sez. Un., sent. 12 dicembre 2014, n. 26242, Rv. 633504-01), ma persino quando la domanda di risarcimento danni per inadempimento contrattuale sia stata proposta, in via autonoma, da quella di impugnazione del presupposto contratto (Cass. Sez. 3, sent. 23 giugno 2016, n. 12996, Rv. 640305-01), analogo principio non può postularsi per l’inefficacia sopravvenuta;

– che, pertanto, essendo stata siffatta evenienza prospettata solo in comparsa conclusionale e, dunque, tardivamente, la decisione del Tribunale di Foggia di non attribuirle rilievo appare corretta;

– che il presente regolamento di competenza va, pertanto, deciso alla stregua del seguente principio di diritto: “nel caso in cui ricorra l’ipotesi della inefficacia sopravvenuta di clausole compromissorie, ai sensi della L. 6 novembre 2012, n. 190, art. 1, comma 19, tale evenienza, diversamente da quella della nullità delle clausole siffatte, deve formare oggetto di tempestiva deduzione, non potendo formare oggetto di rilievo con successivi scritti defensionali, allorchè venga eccepito il difetto di competenza in favore di collegio arbitrale”;

– che quanto alle spese del presente giudizio la novità e complessità della questione trattata costituisce giusto motivo – ex art. 92 c.p.c. – per la loro integrale compensazione;

– che in ragione del rigetto del ricorso, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis applicandosi tale norma anche con riferimento al regolamento di competenza, stante la sua natura impugnatoria (Cass. Sez. 6-Lav., ord. 22 maggio 2014, n. 11331, Rv. 630910-01).

PQM

La Corte dichiara la competenza del collegio arbitrale di cui alla convenzione del 25 luglio 2008, compensando integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

 

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