Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24640 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 05/11/2020), n.24640

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36624-2018 proposto da:

T.E., T.A., T.O., T.F.,

T.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIETRO DE

CRISTOFARO 40, presso lo studio dell’avvocato UMBERTO LONGARONI, che

li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ROVERETO 7,

presso il proprio studio, rappresentato e difeso da sè stesso;

– controricorrenti –

contro

EREDI DELLA SIGNORA T.F., T.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2266/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 14 maggio 2007, T.F., A., O., L., E., Fa. e G. convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, F.A. chiedendo di emettere sentenza che disponga il trasferimento in favore degli autori, secondo le quote di eredità, “di tutti diritti già spettanti alla defunta T.L.” su una serie di terreni, con condanna del convenuto, avvocato F., a trasferire agli attori a titolo gratuito le quote della società agricola Eredi T.E.. A fondamento della domanda gli attori, quali eredi di T.L., deducevano di avere sottoscritto con il convenuto, in data 2 agosto 2006, una scrittura privata con effetti transattivi, finalizzata a dirimere una controversia che sarebbe potuta sorgere a seguito della pubblicazione di quattro testamenti olografi che avevano beneficiato, quale erede, il predetto F.. Con tale scrittura quest’ultimo si sarebbe obbligato a trasferire a titolo gratuito i beni oggetto del giudizio;

si costituiva il convenuto rilevando che la transazione in oggetto non prevedeva alcun obbligo di trasferire gli immobili agli attori, in quanto, diversamente da altre clausole contenute nel documento, non individuava i predetti di T. come destinatari degli immobili, i quali avrebbero avuto, secondo il convenuto, solo una semplice facoltà di indicare i destinatari dei beni, entro il termine di quattro mesi dalla sottoscrizione della transazione. Tale termine doveva considerarsi perentorio ed era inutilmente decorso con la conseguenza del riconoscimento in capo al convenuto della facoltà di indicare soggetti diversi dagli attori, ai quali trasferire gli immobili;

il Tribunale di Roma, con sentenza del 17 maggio 2011, rigettava la domanda osservando che la stessa era priva di adeguato supporto documentale non avendo gli attori allegato i testamenti posti a base della transazione e ciò non avrebbe consentito al giudice di valutare l’effettiva consistenza del patrimonio e la prova della qualità di eredi in capo agli autori;

con atto di appello del 7 dicembre 2011 T.F., A., O., L., E., Fa. e G. impugnavano la decisione ritenendo l’atto di transazione idoneo a fondare il trasferimento dei cespiti e lamentando che il Tribunale non avrebbe preso atto della produzione dei testamenti da parte dell’appellato. Ritenevano, inoltre, autonoma la scrittura privata del 2 agosto 2006, rispetto ai testamenti e non contestata la qualità di eredi di T.L.. Si costituiva F.A. chiedendo il rigetto dell’impugnazione;

la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 9 aprile 2018, rigettava il gravame rilevando che l’appellato non aveva prodotto i testamenti olografi. Pur riconoscendo l’autonomia della scrittura privata rispetto alla qualità di eredi degli appellanti, interpretava la transazione rilevando che l’appellato si obbligava a trasferire agli appellanti a titolo gratuito la quota degli immobili descritti nel documento, ma rispetto a questi ultimi beni, gli appellanti avrebbero omesso l’allegazione della documentazione necessaria (individuazione delle zone di terreno, visure catastali incomplete, menzioni urbanisti richieste a pena di nullità, eccetera);

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione T.A., O., E., Fa. e G. affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso F.A..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 183 e 213 c.p.c. e art. 111 Cost.. Il giudice di appello ha confermato la decisione di primo grado ampliando il novero dei documenti rispetto ai quali vi sarebbe stato un deficit probatorio. Secondo i ricorrenti la scrittura privata consentiva di identificare correttamente i beni oggetto della domanda di trasferimento e, comunque, l’insufficienza probatoria avrebbe dovuto essere sollevata fin dalla prima udienza di trattazione davanti al giudice di primo grado, per consentire alle parti attrici di colmare la lacuna. In ciò risiederebbe la violazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 183 e 213 c.p.c.. In ogni caso la planimetria non sarebbe stata indispensabile per l’individuazione dei beni immobili poichè i dati catastali erano già presenti in maniera sufficiente per individuare i beni, come rilevato da recente giurisprudenza. Anche la questione relativa alle visure catastali e quella relativa alle trascrizioni e iscrizioni è stata affrontata dalla giurisprudenza di legittimità che avrebbe ritenuto non indispensabile la produzione del certificato di destinazione urbanistica;

il motivo è inammissibile perchè muove da una insostenibile attribuzione al giudice istruttore del ruolo di tutore della parte inerte e non di arbitro imparziale e ciò anche a fronte di una domanda di esecuzione in forma specifica, che si traduce nella richiesta di intestazione di beni immobile, nella quale le parti hanno il medesimo onere specifico di allegare gli elementi probatori, come nell’azione ex art. 2932 c.c.. La tesi sostenuta da parte ricorrente riguardo al ruolo di supporto del giudice istruttore è, peraltro, del tutto generica e meramente assertiva, limitandosi a dare per scontato che al giudice istruttore spetterebbe segnalare alle parti eventuali lacune probatorie in modo da consentire alle stesse “di colmare eventualmente” tale deficit. Sotto tale profilo la violazione delle norme invocate con il motivo (art. 2697 c.c. e art. 183 c.p.c., comma 4 e art. 213 c.p.c.), non è dedotta con la indicazione dei principi che sarebbero stati violati dalla pronunzia impugnata;

a prescindere da ciò, il motivo è inammissibile perchè dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 riguardo al contenuto della transazione che si ritiene “in sè autosufficiente della corretta identificazione dei beni oggetto del domandato trasferimento”, poichè tale documento non è allegato, non ne è trascritto il contenuto e non è localizzato all’interno del fascicolo di legittimità;

infine, i rilievi relativi alla autosufficienza o meno della scrittura e quelli riguardanti la rilevanza o meno della documentazione ritenuta necessaria dal giudice di appello attengono a valutazioni istruttorie non sindacabili in sede di legittimità; peraltro i rilievi sono parziali rispetto alle puntuali argomentazioni della Corte territoriale che ha evidenziato come, ai fini della individuazione delle zone di terreno oggetto della pretesa, non risultavano prodotti i grafici delimitati in rosso, allegati alla scrittura privata del 2 agosto 2006, mentre le visure catastali erano in parte incomplete, in parte mancanti. Come già evidenziato dal Tribunale non era stata prodotta la visura ipotecaria dei cespiti, ritenuta indispensabile per la verifica della libertà disponibilità dei beni oggetto di trasferimento. Inoltre, non erano state indicate le necessarie menzioni urbanistiche (certificato di destinazione urbanistica dei terreni e indicazioni del permesso di costruire del fabbricato), ritenute essenziali per l’emissione della sentenza costitutiva di trasferimento dei beni. Rispetto a tali rilievi le censure proposte appaiono, quindi, parziali;

con il secondo motivo si deduce la violazione, ai sensi art. 360 c.p.c., n. 3 degli artt. 175 e 183 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., nonchè la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 riprendendo quanto già dedotto con il primo motivo il giudice istruttore di prime cure avrebbe omesso di evidenziare tematiche probatorie che avrebbero consentito di rimediare ad eventuali lacune istruttorie e tale principio troverebbe fondamento nell’art. 111 Cost., comma 2, in virtù di un’attività di collaborazione e sollecitazione che spetterebbe al giudicante il quale avrebbe potuto richiedere chiarimenti e rilevare la questione relativa alla mancata produzione documentale. Il medesimo errore sarebbe stato commesso anche dal giudice di appello, facendo maturare a carico della parte appellante una serie di preclusioni che avrebbero potuto essere sanate. L’art. 175 c.p.c. prevede che il procedimento deve essere improntato al principio di lealtà che si riferisce anche alla posizione del giudicante, tanto che dell’art. 101 c.p.c., il comma 2 impone al giudice di segnalare alle parti in sede di trattazione le questioni rilevabili d’ufficio. In questo caso il giudicante avrebbe dovuto allertare le parti della mancanza delle menzioni urbanistiche, trattandosi di circostanza che risultava con evidenza dal contenuto della scrittura privata e che avrebbe consentito alla parte di attivarsi per tempo per evitare la decadenza;

la censura è destituita di fondamento per quanto già espresso con riferimento al precedente motivo, oltre che per la considerazione secondo cui il potere d’ufficio del giudice di richiedere informazioni alle parti ovvero alla PA ai sensi art. 213 c.p.c., richiamato dai ricorrenti, non può mai risolversi nell’esenzione dall’onere probatorio che grava su chi intende agire in giudizio, riguardando quei limitati fatti specifici già allegati per i quali è necessario acquisire informazioni che la parte sia impossibilitata a fornire e dei quali solo l’amministrazione sia in possesso, proprio in relazione all’attività da essa svolta (Cass. 12 ottobre 2017 n. 23941). Per il resto le disposizioni richiamate dai ricorrenti riguardo al divieto da parte del giudice di primo grado di adottare decisioni cd della terza via, si traducono nell’obbligo di sottoporre alle parti le questioni rilevabili d’ufficio, ma non riguardano il tema degli oneri probatori, rispetto ai quali il giudice assume un ruolo di terzo arbitro e non di tutore dell’attore. Peraltro, le argomentazioni poste a sostegno del motivo sono comunque- inconferenti in quanto le parti ricorrenti avrebbero dovuto depositare i documenti oggetto di contestazione, quantomeno in sede di appello, giacchè la mancanza degli atti era già stata posta a fondamento della decisione di primo grado. Per cui, non avendo dedotto l’esistenza di un (peraltro inesistente) obbligo del giudice di appello di segnalare le criticità istruttorie, le considerazioni poste a fondamento del secondo motivo risultano non pertinenti;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) va dichiarato che sussistono i presupposti processuali per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

 

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