Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24640 del 02/12/2016


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Cassazione civile sez. III, 02/12/2016, (ud. 26/10/2016, dep. 02/12/2016), n.24640

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10324/2014 proposto da:

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE COSENZA, in persona del Direttore

Generale f.f. Dott. P.L., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLE MONTAGNE ROCCIOSE 69, presso lo studio dell’avvocato

ANTONIO DONATONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI

FRANCESCO LAURICELLA giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FARMAFACTORING SPA, in persona del Dirigente, Avv.

C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 19, presso

lo studio dell’avvocato ASSUNTA ZAMPAGLIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MONICA FAZIO giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 247/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato ANTONIO DONATONE per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità (ord.

6351/09) condanna aggravata alle spese e statuizione sul C.U..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 21.1.2014, ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Milano aveva respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza (di seguito, ASP), confermando il decreto ingiuntivo emesso a suo carico per l’importo di Euro 391.027,10 in favore della Farmafactoring s.p.a. (ora, Banca Farmafactoring s.p.a.), a titolo di pagamento per la fornitura di medicinali. Evidenziava la Corte, quanto alle censure mosse dall’ASP alla prima decisione, che: 1) in relazione alla eccepita incompetenza territoriale, non poteva ritenersi sussistente il foro esclusivo basato sulla sede della tesoreria, non essendo la ASP riconducibile all’ambito della P.A. e non essendole applicabile la disciplina della contabilità pubblica che riguarda gli enti locali, con la conseguenza che nella specie poteva quindi individuarsi, quale foro concorrente, anche quello della sede della società opposta, ossia Milano; e rilevando inoltre che l’appellante non aveva comunque specificamente contestato tutti i possibili criteri concorrenti; 2) riguardo alla eccepita nullità del contratto per “la mancanza di procedura ad evidenza pubblica e la mancanza di contratto scritto”, oltre a sottolinearne il sostanziale abbandono per mancata riproposizione in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, essa era comunque infondata alla luce della natura di ente pubblico economico dell’appellante e alla conseguente non assoggettabilità alla regola di cui al R.D. n. 2440 del 1923, art. 16, che impone la forma scritta ad substantiam per la validità dei contratti, salvo ipotesi determinate; 3) riguardo alle restanti questioni, Farmafactoring aveva fornito in primo grado la prova della consegna dei farmaci con documenti di trasporto e relativi ordini e che la decorrenza degli interessi (da computarsi ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002), trattandosi di obbligazione portable, non necessitava di formale messa in mora.

La ASP propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi. L’intimata resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, deducendo “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5). Violazione e falsa applicazione delle norme in materia di competenza territoriale”, l’ASP lamenta la manifesta illogicità e ingiustizia della sentenza impugnata laddove ha disatteso l’eccepita incompetenza per territorio, rilevando la violazione delle disposizioni di contabilità pubblica (R.D. n. 2440 del 1923, art. 54, e R.D. n. 827 del 1924, art. 278, lett. d, artt. 287 e 407) e quelle sulla contabilità dell’ASP emanate dalla Regione Calabria (L.R. n. 21 del 1981, artt. 54 e 61), norme che inequivocamente derogano il criterio di cui all’art. 1182 c.c., comma 3. La ricorrente rileva come la Corte d’appello non abbia colto la reale essenza dell’Azienda Sanitaria, che svolge un pubblico servizio, utilizza denaro pubblico, è regolata da specifici criteri di contabilità ed è sottoposta al controllo della Corte dei Conti, con la conseguenza che non può che far parte della P.A., ed è quindi soggetta al c.d. foro della tesoreria. Rileva ancora la ricorrente che, in ogni caso, anche a non ritenere l’esclusività del detto foro, non poteva dirsi sussistente la competenza del foro meneghino per nessuno degli altri possibili criteri alternativi, nè ai sensi dell’art. 19, nè dell’art. 20 c.p.c..

1.2 – Con il secondo motivo, deducendo “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360 c.p.c. n. 5). Violazione di legge. Nullità del contratto”, la ricorrente lamenta l’erroneità della pronuncia della Corte d’appello nella parte in cui ha disatteso il motivo con cui aveva denunciato l’omessa pronuncia da parte del primo giudice circa l’eccezione di nullità del contratto di fornitura, in quanto essa sarebbe stata implicitamente rinunciata in sede di precisazione delle conclusioni perchè non riproposta. Rileva la ricorrente l’erroneità della decisione, per essere la nullità del contratto rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado, e comunque per non aver minimamente rinunciato a detta eccezione.

1.3 – Con il terzo motivo, deducendo “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5). Violazione di legge in relazione all’eccepita irregolarità della pretesa ereditaria (rectius, creditoria, n.d.e.) azionata in via monitoria per a) mancanza di procedura ad evidenza pubblica nella scelta del contraente; b) “mancanza di contratto in forma scritta”, la ricorrente si duole della valutazione del giudice d’appello circa la natura delle ASP e della conseguente ritenuta non necessità di ricorrere alla procedura dell’evidenza pubblica nella scelta del contraente e di adottare la forma scritta ad substantiam per relativi contratti. Evidenzia al contrario la ricorrente che essa è un ente pubblico e come tale, nella conclusione dei contratti di fornitura, non può prescindere dall’osservanza delle dette procedure e formalità; ne consegue che, non essendosi osservate le stesse nella specie, il contratto era da considerare nullo improduttivo di effetti.

1.4 – Con il quarto motivo, deducendo “omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia: a) illegittimo frazionamento del credito”, l’ASP lamenta l’obliterazione del giudice d’appello circa l’eccepito abuso del processo in cui sarebbe incorsa la Farmafactoring, in relazione all’esistenza di altri decreti ingiuntivi azionati nei suoi confronti a brevissima distanza di tempo.

1.5 – Con il quinto motivo, deducendo “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5). Violazione di legge sulla mancata prova dell’asserita debitoria – Violazione dei principi sull’onere probatorio con conseguente violazione dell’art. 2697 c.c., e art. 116 c.p.c.”, l’ASP censura la valutazione della Corte meneghina circa la ritenuta sussistenza della prova della fornitura e del credito, stante la posizione di attore in senso sostanziale del creditore opposto nel giudizio ex art. 645 c.p.c., e l’insufficienza a tal fine delle fatture commerciali, degli ordini e dei documenti di trasporto, in quanto non corredati dalla bolla di consegna debitamente formata dall’incaricato al ritiro.

1.6 Con il sesto motivo, infine, deducendo “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5). Violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 231 del 2002 – illegittimo riconoscimento degli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002”, la ricorrente lamenta l’erronea ritenuta applicabilità, nella specie, degli interessi moratori ai sensi della citata legislazione speciale, essendo al più dovuti gli interessi in misura legale.

2.- Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità delle censure, comuni a tutti i motivi ad eccezione del quarto, con cui si denuncia la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

E’ noto, infatti, che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (così, Cass., Sez. Un., 7.4.2014, n. 8053). Nella specie, la sentenza impugnata è stata pubblicata in epoca successiva al 11.9.2012 ed è quindi soggetta alla nuova formulazione ai sensi del citato art. 54, con la conseguenza che le relative censure della ricorrente, come già esposte, non possono essere qui esaminate. Si procederà quindi allo scrutinio delle restanti, nella parte in cui concernono le pretese violazioni di legge o la nullità processuale.

3. – Il primo motivo è in parte infondato e in parte inammissibile. Infatti, l’ASP ricorrente, oltre a sostenere la natura di foro esclusivo inderogabile del c.d. foro della tesoreria e a denunciare l’erroneità della decisione del giudice d’appello, avrebbe dovuto comunque ritualmente contestare la competenza del Tribunale di Milano in relazione a tutti

possibili fori alternativi, come disciplinati dagli artt. 19 e 20 c.p.c., come pure rilevato dalla Corte d’appello.

3.1 – Quanto alla prima questione, la motivazione della sentenza impugnata necessita di essere emendata ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4. Infatti, la Corte meneghina richiama – peraltro mal interpretandola – l’ordinanza di questa Corte emessa il 16.3.2009, n. 6351, per affermare che le ASL non rientrano nell’ambito della P.A. per non essere enti pubblici e per inferirne che le obbligazioni sulle stesse gravanti sono di natura portable e, quindi, non assoggettabili al foro della tesoreria.

Tuttavia, già dalla mera lettura della citata ordinanza, resa a seguito di regolamento di competenza, emerge che la questione circa la natura delle ASL è stata affrontata dalla Corte in senso relativo, ossia limitatamente alla questione concernente la competenza, mentre è rimasta indiscussa la loro natura di enti pubblici, rimarcandosene, piuttosto, l’operatività con strumenti di diritto privato.

Che questa sia la chiave di lettura è confermato dalla giurisprudenza successiva di questa stessa Sezione, che anche recentemente (Cass., 20.5.2014, n. 11088) ha confermato la natura di ente pubblico sia della Gestione liquidatoria di una ex U.S.L., sia dell’Azienda Sanitaria Locale, per assoggettare però solo la prima in quanto ritenuta ente pubblico non economico – al termine dilatorio di cui al D.L. n. 669 del 1996, art. 14, conv. con modd. dalla L. n. 30 del 1997 (sul punto, v. infra, par. 5). In questo senso, quindi, la motivazione della sentenza impugnata necessita di correzione.

3.2 – Ribadita, quindi, la natura di ente pubblico dell’Azienda Sanitaria Provinciale (già Azienda Sanitaria Locale e, ancor prima, Unità Sanitaria Locale), costituisce oramai jus receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo cui “Nelle controversie aventi ad oggetto il pagamento di somme di danaro da parte degli enti pubblici, le norme di contabilità che fissano il luogo di adempimento delle obbligazioni in quello della sede di tesoreria dell’ente, valgono ad individuare il “forum destinatae solutionis”, eventualmente in deroga all’art. 1182 c.c., ma non rendono detto foro nè esclusivo, nè inderogabile, sicchè la competenza per territorio può ben radicarsi sulla base di uno dei fori alternativi previsti dagli artt. 18, 19 e 20 c.p.c.” (così, da ultimo, Cass., ord., 12.1.2015, n. 270; v. anche Cass., ord., 7.5.2012, n. 6882; Cass., 8.2.2007, n. 2758; Cass., 8.7.2005, n. 14441). La relativa censura, quindi, va disattesa, in quanto la statuizione della Corte d’appello di Milano circa l’insussistenza del foro esclusivo nella specie si palesa comunque corretta.

3.3 – Ma, accertata la natura di foro non esclusivo e derogabile del Tribunale di Cosenza, invocato comunque dall’ASP quale unico foro competente anche ai sensi degli artt. 19 e 20 c.p.c., non può che derivare l’inammissibilità della censura alla decisione di merito, in relazione alle modalità della sua proposizione. Infatti, in fattispecie sostanzialmente identica alla presente, è stato recentemente affermato che “in tema di competenza territoriale derogabile, per la quale sussistano più criteri concorrenti (nella specie, quelli indicati negli artt. 18, 19 e 20 c.p.c., trattandosi di causa relativa a diritti di obbligazione), grava sul convenuto che eccepisca l’incompetenza del giudice adito (trattandosi di eccezione in senso proprio) l’onere di contestare specificamente l’applicabilità di ciascuno dei suddetti criteri e di fornire la prova delle circostanze di fatto dedotte a sostegno di tale contestazione, con la conseguenza che, in mancanza di tale contestazione e di detta prova, l’eccezione deve essere rigettata, restando, per l’effetto, definitivamente fissato il collegamento indicato dall’attore, con correlativa competenza del giudice adito (così, tra le tante, da ultimo Cass. ord. n. 15996/11). Il principio è viepiù applicabile al caso di specie, in cui si controverte del pagamento di somme di denaro da parte delle ASL, quindi dell’applicabilità delle norme di contabilità che fissano il luogo di adempimento delle obbligazioni in quello in cui ha sede la tesoreria dell’ente” (così, Cass., 14.7.2015, n. 14655, in motivazione).

Orbene, così come nell’appena citato precedente, a fronte della ritenuta incompletezza e genericità dell’eccezione di incompetenza da parte del giudice d’appello con riguardo sia al foro della sede dell’opposta, che al forum contractus, costituiva preciso onere dell’ASP, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, riportare in termini completi il contenuto dell’eccezione sollevata in seno all’opposizione a decreto ingiuntivo, avuto riguardo a tutti i possibili fori alternativi. Non può, tuttavia, ritenersi a ciò sufficiente nè il cenno contenuto a p. 2 del ricorso, nè quanto riportato nell’esposizione del primo motivo. Ne consegue che la relativa censura è inammissibile.

4. – Il secondo motivo è inammissibile, per difetto d’interesse ex art. 100 c.p.c..

Infatti, con esso si censura la decisione della Corte d’appello per aver questa ritenuto che l’eccezione di nullità del contratto, non sollevata con l’atto di citazione in opposizione, fosse stata proposta solo in corso di causa e non fosse stata ribadita in sede di precisazione delle conclusioni, dovendo intendersi quindi abbandonata. Ciò sulla premessa della non rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto, occorrendo coordinare il potere officioso del giudice col principio della domanda, ex artt. 99 e 112 c.p.c..

La censura, astrattamente fondata alla luce di Cass., Sez. Un., 12.12.2014, n. 26242, non coglie tuttavia la circostanza che, a parte l’erronea affermazione di principio sulla non rilevabilità d’ufficio della causa di nullità, la Corte meneghina ha subito dopo affrontato il merito dell’eccezione – attinente proprio alla nullità del contratto per mancato ricorso alla procedura dell’evidenza pubblica e alla mancanza di forma scritta disattendendola (v. pp. 6 e 7 della sentenza impugnata). Pertanto, il motivo in esame è inammissibile per difetto d’interesse concreto ed attuale alla chiesta pronuncia.

5. – Con il terzo motivo, si censura l’affermazione della Corte d’appello laddove si è ritenuto che i contratti dell’ASP, che agisce sempre iure privatorum, non necessitino della forma scritta ad substantiam, nè occorra procedere secondo le regole dell’evidenza pubblica. In particolare, il giudice d’appello richiama e fa propria la motivazione di Trib. Milano n. 5069/13, ove si afferma che “il carattere privatistico delle ASL vale… ad escludere l’assoggettamento delle medesime alle norme sull’evidenza pubblica” e che detti enti “per il carattere imprenditoriale loro impresso dalla riforma devono ritenersi del tutto assoggettati alle norme civilistiche, (avendo) acquisito, per effetto della nuova fisionomia assunta con la riforma, la qualificazione giuridica di enti pubblici economici e quindi devono poter operare con gli strumenti del diritto comune che non esigono la forma scritta ad substantiam per la validità dei contratti se non in ipotesi determinate”.

In quest’ottica, prosegue la Corte, ben può ritenersi comunque osservato il requisito della forma scritta “sulla base degli ordini regolarmente compilati e sottoscritti che rechino tutti gli elementi del contratto di vendita oltre all’indicazione della delibera autorizzativi della spesa”. Del resto, si aggiunge, nella specie la fornitura rivestiva carattere d’urgenza e l’ASP ha ricevuto la prestazione (fornitura di medicinali) senza sollevare contestazioni di sorta, sicchè il sollevare la questione in esame assume carattere di slealtà nei rapporti processuali e sostanziali.

5.1 Preliminarmente, deve disattendersi l’eccezione di inammissibilità del motivo formulata dalla controricorrente per pretesa novità della domanda. Invero, da quanto risulta dal ricorso (non specificamente contestato sul punto), l’ASP non fece valere la pretesa nullità del contratto, per le suesposte ragioni, sin dall’atto introduttivo del giudizio, bensì solo in corso di causa: v’è solo contrasto, tra le parti, circa il tempo della proposizione della relativa domanda, affermando la ricorrente di averla avanzata in sede di memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, mentre Farmafactoring sostiene che essa è stata invece proposta oltre i termini di fase, con la comparsa di costituzione di nuovo procuratore, ed è quindi inammissibile.

Senonchè, come anche risulta dal ricorso, l’ASP si lamentò, con l’atto d’appello, della omessa pronuncia del primo giudice sul punto, e il giudice del gravame, come già visto, da un lato ne rilevò la sostanziale rinuncia da parte dell’appellante, nel giudizio di primo grado, per non essere stata l’eccezione ribadita nell’ambito delle conclusioni, e dall’altro passò poi ad esaminare la questione nel merito. Così facendo, però, la Corte meneghina ha finito con caratterizzata Farmafactoring, controricorso (p pronunciare, su da lesività rispetto alla posizione di come essa sostanzialmente evidenzia in seno al controricorso (p. 9: “Il Giudice a quo non avrebbe, quindi, potuto pronunciare, su domande non ritualmente introdotte”); la stessa Farmafactoring, tuttavia, non ha reagito avverso detta decisione, proponendo ricorso incidentale, sicchè ogni considerazione circa la tardività della domanda e la sua novità è in questa sede preclusa, per essersi formato il giudicato interno sul punto. Tutto ciò, ovviamente, senza che giochi al riguardo alcun rilievo l’insegnamento della già citata Cass., Sez. Un., n. 26242/14.

5.2 – Ciò posto, il motivo è fondato.

S’è già detto che la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che l’Azienda Sanitaria rientri nella pubblica amministrazione in senso lato; l’Azienda, dunque, dopo aver perso il legame strutturale che ne determinava la natura di organo della Regione, ha acquisito, ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 1 bis, (introdotto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229), una propria soggettività giuridica con un’autonomia che ha oramai assunto carattere imprenditoriale (“in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in Aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale”). Sulla base dell’appena cennata evoluzione normativa, non mancano in giurisprudenza diversi arresti che, univocamente, recependo spunti dottrinali in tal senso, propugnano la natura di ente pubblico economico dell’Azienda Sanitaria (Cons. Stato, 9.5.2001, n. 2609; Cons. Stato, 14.12.2004, n. 5924; Cass., Sez. Un., 30.1.2008, n. 2031; v. anche la già citata Cass. n. 11088/14). Nello stesso senso, autorevolmente, s’è anche recentemente espresso il giudice delle leggi (Corte cost., ord., 20.3.2013, n. 49).

Così stando le cose, può quindi affermarsi che i contratti delle ASP non sono di per sè assoggettabili alla rigida disciplina di cui al R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17, non applicabile agli enti pubblici economici (sulla non applicabilità agli EPE del principio secondo cui i contratti degli enti pubblici devono essere redatti in forma scritta ad substantiam, v. Cass., 24.6.1975, n. 2511), come nella sostanza ritenuto dal giudice d’appello. Peraltro, deve evidenziarsi come il superiore convincimento non si ponga in contrasto nè con l’insegnamento di Cass., Sez. Un., 22.3.2010, n. 8627, nè di Cass., 30.5.2013, n. 13656, nè infine di Cass., 17.3.2015, n. 5263, che tutte hanno affermato l’applicabilità della legge di contabilità dello Stato anche all’attività negoziale in ambito sanitario, ma in fattispecie in cui il contratto era riferibile alle Gestioni liquidatorie delle ex U.S.L. (che, come detto, hanno natura di ente pubblico non economico) o ad una Università degli studi di inequivoca natura pubblica.

5.3 – Quanto precede, però, non implica affatto che i contratti dell’ASP siano esenti dal rispetto di ogni formalità, sia quanto alla scelta del contraente, sia riguardo alla forma del contratto. Infatti, come condivisibilmente ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa (v. Cons. Stato, 12.4.2005, n. 1638), l’Azienda Sanitaria è comunque “organismo di diritto pubblico” ai sensi del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157, art. 2, lett. b), (poi trasfuso nel D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3, comma 26, – c.d. codice dei contratti pubblici, applicabile alla controversia in esame ratione temporis, e oggi nel D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 3, lett. d): tale quell’organismo a) che è istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; b) che è dotato di personalità giuridica; la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

Pertanto, non può che derivarne che i contratti dell’ASP, odierna ricorrente, quale “amministrazione aggiudicatrice” (v. D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3, comma 25) per l’acquisizione di prodotti farmaceutici, restassero assoggettati alla disciplina del citato codice dei contratti pubblici, ed in particolare a quella dettata dalla Parte 2^, Titolo 1^, trattandosi di contratto di rilevanza comunitaria, in quanto il relativo importo (Euro 391.027,10, come da decreto ingiuntivo opposto) eccedeva la soglia di cui all’art. 28, lett. b.1): conseguentemente, avrebbe dovuto procedersi all’individuazione del contraente con una delle modalità previste dall’art. 54, e il contratto avrebbe dovuto stipularsi ai sensi dell’art. 11, comma 13, (nel testo previgente alla novella apportata dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 6, comma 3, conv. con modd. dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221): ossia “mediante atto pubblico notarile, o mediante forma pubblica amministrativa a cura dell’ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice, ovvero mediante scrittura privata, nonchè in forma elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante”.

Si tratta di aspetto, quest’ultimo, che il giudice d’appello non ha affatto considerato, sebbene l’ASP odierna ricorrente avesse denunciato col gravame sia la mancanza di procedura ad evidenza pubblica nella scelta del contraente, sia la nullità del contratto per difetto di forma scritta. Vale poi la pena evidenziare che, per quanto la stessa ASP non abbia specificamente indicato, nella rubrica e nello svolgimento del motivo in esame, il complesso di norme che governano la fattispecie, oggetto della superiore ricognizione, limitandosi a denunciare “violazione di legge in relazione alla eccepita irregolarità della pretesa creditoria e a richiamare genericamente, nell’esposizione del motivo, il codice dei contratti pubblici e la disciplina sugli appalti di derivazione comunitaria, non può revocarsi in dubbio che essa abbia lamentato il malgoverno delle norme che regolano la scelta del contraente e la forma dei contratti della pubblica amministrazione da parte del giudice d’appello, con la conseguenza che ben può applicarsi il principio affermato da questa Corte, secondo cui “L’indicazione, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, ma come elemento richiesto al fine di chiarire 11 contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti della impugnazione, sicchè la mancata od erronea indicazione delle disposizioni di legge non comporta l’inammissibilità del gravame ove gli argomenti addotti dal ricorrente, valutati nel loro complesso, consentano di individuare le norme o i principi di diritto che si assumono violati e rendano possibile la delimitazione del “quid disputandum” (Cass., 4.6.2007, n. 12929).

Pertanto, ritiene il Collegio che il complesso normativo sopra evidenziato costituisca un corpus non derogabile dalla volontà delle parti e dettato nel pubblico interesse circa il regolare e conveniente svolgimento dell’attività negoziale degli enti pubblici, con la conseguenza che la evidente loro violazione nel caso di specie (per non essersi proceduto alla selezione del contraente e per non aver concluso il contratto nelle forme previste, che sebbene non espressamente dettate a pena di nullità, come adesso stabilisce il vigente art. 11, comma 13, a seguito della citata novella del 2012 – non ammettono equipollenti e non consentono di ritener rispettata la forma ove, come nella specie, vi sia soltanto l’ordine scritto senza accettazione del fornitore, com’è pacifico, non potendo conseguentemente trovare applicazione l’art. 1327 c.c.) comporta la nullità del contratto per violazione di norma imperativa, ex art. 1418 c.c., comma 1.

La sentenza impugnata, quindi, erroneamente non ha considerato che la fattispecie non poteva giustificare alcuna libertà delle forme, proprio perchè l’Azienda Sanitaria, per quanto ente pubblico economico, nell’approvvigionamento di beni e servizi opera come “organismo di diritto pubblico” e come “amministrazione aggiudicatrice”, secondo la previsione del codice dei contratti pubblici, ed è soggetta alla relativa disciplina.

La sentenza deve essere quindi cassata in relazione e rinviata alla Corte d’appello di Milano, in altra composizione, che farà applicazione del seguente principio di diritto: “La natura di ente pubblico economico acquisita dall’Azienda sanitaria provinciale ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 1 bis, (introdotto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229) comporta che la stessa, per raggiungimento delle finalità istituzionali cui è preposta, può di norma operare mediante il ricorso a strumenti di diritto privato, ma non esclude che l’Azienda, quale “organismo di diritto pubblico” e “amministrazione aggiudicatrice”, secondo la previsione del D.Lgs. n. 163 del 2006 (c.d. codice dei contratti pubblici, applicabile ratione temporis), sia soggetta alle relative disposizioni, sia in tema di scelta del contraente che di forma del contratto. Ne deriva che, qualora l’oggetto dell’attività negoziale dell’Azienda rientri, come nella specie (fornitura di medicinali), nella disciplina prevista dal codice dei contratti pubblici, il mancato ricorso all’evidenza pubblica, mediante omissione del procedimento di selezione del contraente, nonchè della forma scritta del contratto, ne comporta la nullità, ai sensi dell’art. 1418 c.c., comma 1, per violazione di norma imperativa”.

6. – I motivi dal quarto al sesto restano assorbiti.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo e dichiara inammissibile il secondo; accoglie il terzo, assorbito il quarto, quinto e sesto. Cassa in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

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