Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2464 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. III, 04/02/2020, (ud. 10/09/2019, dep. 04/02/2020), n.2464

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19217/2017 proposto da:

D.V.B., D.V.P.M.,

D.V.P.F., tutti quali eredi legittimi nella rispettiva qualità

di coniuge e di figli di DE.VI.PA.FL., domiciliati ex

lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dagli avvocati FRANCESCO TERNULLO, DANIELA

ALLEGRINI;

– ricorrenti –

contro

DR. Z. SRL, in persona del suo amministratore unico e legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO

45, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO SABBATANI SCHIUMA,

rappresentata e difesa dall’avvocato SIMONE CURI;

GIMA SNC DI T.G.L. E TO.MA. in persona del

legale rappresentante pro tempore, T.G.L.,

TO.MA., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE, 78,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO SCOCCHERA, rappresentati e

difesi dagli avvocati CHIARA CASTELLI, GIANFRANCO CEOLETTA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 666/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 28/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/09/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato TERNULLO FRANCESCO;

udito l’Avvocato SCOCCHERA STEFANO per delega;

udito l’Avvocato SABBATANI per delega orale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 28/3/2017, la Corte d’appello di Venezia, in accoglimento degli appelli principale e incidentale rispettivamente proposti dalla Z. s.r.l., da un lato, e dalla GI.MA s.n.c. di T.G.L. e To.Ma., T.G.L. e To.Ma., dall’altro, e in parziale riforma della decisione di primo grado, per quel che ancora rileva in questa sede, ha rideterminato, ridimensionandolo, l’importo già liquidato a titolo risarcitorio dal primo giudice in favore di De.Vi.Fl., a seguito dell’accertamento dell’intollerabilità delle immissioni provocate dagli appellanti, originari convenuti, in pregiudizio del De.Vi..

2. A fondamento della decisione assunta sul punto indicato, la corte territoriale ha evidenziato l’erroneità della sentenza del primo giudice nella parte in cui aveva liquidato, in favore dell’originario attore, il danno morale da reato (per la violazione del disposto di cui all’art. 659 c.p.), attesa la sufficienza della liquidazione del danno biologico determinato mediante l’applicazione delle c.d. tabelle di Milano, adeguatamente personalizzate al fine di reintegrare il pregiudizio subito dal De.Vi. per lo sconvolgimento della propria vita di relazione.

3. Avverso la sentenza d’appello, D.V.B., D.V.P.M. e D.V.P.F., quali eredi di De.Vi.Pa.Fl., propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione.

4. La Z. s.r.l., da un lato, e la GI.MA s.n.c. di To.Ma. e C. (già GI.MA s.n.c. di T.G.L. e To.Ma.), T.G.L. e To.Ma., dall’altro, resistono con controricorso, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.

5. Avviata alla decisione della camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 17952/2018 del 9 luglio 2018, la causa è stata rimessa in decisione all’odierna udienza pubblica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo d’impugnazione proposto, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1223,1226,2043,2054,2056 e 2059 c.c., per avere la corte territoriale erroneamente omesso di liquidare il danno morale rivendicato dall’originario attore, limitandosi illegittimamente a riconoscere la sola liquidazione del danno biologico, sia pure personalizzato attraverso l’aumento percentuale del 25% ai fini della reintegrazione di tutti i pregiudizi subiti dal De.Vi. alla propria vita di relazione, senza tener conto in alcuna misura della dimensione interiore della sofferenza patita dall’originario attore in conseguenza dei fatti dannosi originariamente dedotti in giudizio.

2. Il ricorso – la cui esposizione del fatto appare sufficientemente articolata in misura tale da sottrarsi alle censure sul punto formulate dagli odierni controricorrenti – è fondato.

3. Al riguardo, varrà in questa sede ribadire come, in tema di risarcimento dei danni, sul piano del diritto positivo l’ordinamento riconosca e disciplini (soltanto) le fattispecie del danno patrimoniale (nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante: art. 1223 c.c.) e del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.; art. 185 c.p.).

4. La natura unitaria e onnicomprensiva del danno non patrimoniale, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale e delle Sezioni Unite della S.C. (Corte Cost. n. 233/2003; Cass. SS.UU. n. 26972/2008), dev’essere interpretata, rispettivamente, nel senso di unitarietà, rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica, e come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze (modificative in pejus della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni risarcitorie attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, procedendo, in sede di compiuta ed esaustiva istruttoria, ad un accertamento concreto e non astratto, all’uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni (cfr. Sez. 3 -, Sentenza n. 901 del 17/01/2018, Rv. 647125-01).

5. Nel procedere all’accertamento e alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice di merito, alla luce dell’insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 235/2014, punto 10.1 e ss.), deve congiuntamente (ma distintamente) valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale, e cioè tanto l’aspetto interiore del danno sofferto (il c.d. danno morale), quanto quello dinamico-relazionale (danno alla vita di relazione, o danno esistenziale).

6. Nella valutazione del danno alla salute (non diversamente che da quella di tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un interesse costituzionalmente protetto), il giudice, al di là della terminologia definitoria da tempo adottata dal legislatore (danno c.d. biologico), dovrà valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale (che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con se stesso), quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell’ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce altro da sè) (v. Sez. 3, Ordinanza n. 23469 del 28/09/2018, Rv. 650858-01).

7. Ciò posto, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico (inteso, secondo la stessa definizione legislativa, come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico-relazionali) e del danno c.d. esistenziale, appartenendo tali “categorie” di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (l’art. 32 Cost.), mentre una differente e autonoma valutazione andrà compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute (v. Sez. 3, Ordinanza n. 23469 del 28/09/2018, Rv. 650858-02; Sez. 3, Ordinanza n. 20795 del 20/08/2018, Rv. 650413-01; Sez. 3, Ordinanza n. 7513 del 27/03/2018, Rv. 648303-01).

8. In assenza di lesioni della salute, ogni vulnus arrecato a un altro valore/interesse costituzionalmente tutelato andrà specularmente valutato e accertato, all’esito di compiuta istruttoria, e in assenza di qualsiasi automatismo (tenuto conto che, nelle singole fattispecie concrete, non è implausibile, seppur infrequente, l’ipotesi dell’accertamento della sola sofferenza morale o della sola modificazione in pejus degli aspetti dinamico-relazionali della vita), sotto il medesimo, duplice aspetto, della sofferenza morale e della privazione/diminuzione/modificazione delle attività dinamico-relazionali precedentemente esplicate dal soggetto danneggiato (in tal senso, già Cass. ss.uu. n. 6572/2006; v. altresì Sez. 3, Ordinanza n. 27482 del 30/10/2018, Rv. 651338-01).

9. La liquidazione unitaria di tale danno (non diversamente da quella prevista per il danno patrimoniale) avrà pertanto il significato di attribuire al soggetto una somma di danaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito, tanto sotto l’aspetto della sofferenza interiore (cui potrebbe assimilarsi, in una ipotetica quanto inconsapevole simmetria legislativa, il danno emergente, in guisa di vulnus “interno” al patrimonio del creditore), quanto sotto il profilo dell’alterazione/modificazione peggiorativa della vita di relazione, in ogni sua forma e considerata in ogni suo aspetto, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche (danno idealmente omogeneo al c.d. lucro cessante quale proiezione “esterna” del patrimonio del soggetto).

10. In particolare, non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del risarcimento del “danno biologico”, quale pregiudizio che esplica incidenza sulla vita quotidiana e sulle attività dinamico-relazionali del soggetto, e di un’ulteriore somma a titolo di ristoro del pregiudizio rappresentato dalla sofferenza interiore (c.d. danno morale, sub specie di dolore dell’animo, vergogna, disistima di sè, paura, disperazione), con la conseguenza che, ove dedotto e provato, tale ultimo danno deve formare oggetto di separata valutazione e liquidazione (cfr. Sez. 6-3, Ordinanza n. 4878 del 19/02/2019, Rv. 653138-01).

11. Nel caso di specie, avendo il giudice a quo del tutto omesso di procedere a una specifica valutazione (in ipotesi anche negativa) del pregiudizio di natura non patrimoniale riguardante gli aspetti della sofferenza interiore eventualmente subita dal De.Vi. per effetto del comportamento illecito delle controparti, la sentenza impugnata dev’essere cassata sul punto, spettando al giudice del rinvio il compito di provvedere all’esame di tale aspetto, non limitandosi alla sola considerazione del danno biologico (in sè e per sè considerato) senza tener conto delle proiezioni dannose dell’illecito oggetto d’esame sulla sfera morale della vittima, al di là di quelle incidenti sul terreno dinamico-relazionale della sua vita in misure e forme eventualmente non coincidenti con le ordinarie valutazioni tabellari.

12. Sulla base di tali premesse, rilevata la fondatezza dell’odierno ricorso, dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Venezia, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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