Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24639 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 05/11/2020), n.24639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31860-2018 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa GAETANO FALCIANI;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

LUIGI GREGORIO METROPOLI;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 933/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 22/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 1 aprile 2010, R.A., proprietaria di un terreno con annesso fabbricato nel comune di (OMISSIS), esponeva di essere proprietaria, unitamente alla sorella R.R. di un vecchio fabbricato nel comune di (OMISSIS) e di avere presentato, unitamente alla germana, un progetto di demolizione e ricostruzione del fabbricato. Evocava in giudizio davanti al Tribunale di Nocera Inferiore la sorella per sentir accertare le differenze volumetriche esistenti in rapporto alle effettive quote di proprietà e condannare la convenuta al pagamento di una somma pari alla differenza accertata, oltre al risarcimento dei danni. Si costituiva R.R. contestando quanto dedotto e spiegando domanda riconvenzionale per l’appropriazione di suolo da parte dell’attrice, per circa 90 metri quadri;

il Tribunale, con sentenza del 12 giugno 2014, accoglieva la domanda condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 12.690 oltre interessi e rivalutazione e spese di lite, rigettando la domanda riconvenzionale. Successivamente alla sentenza di primo grado decedeva R.R., in data 8 settembre 2013, lasciando quali eredi le tre figlie M.R., M.T. e G.. Solo quest’ultima proponeva gravame avverso la sentenza e si costituiva l’appellata chiedendo il rigetto dell’impugnazione;

con sentenza del 22 giugno 2018 la Corte d’Appello di Salerno rilevava il difetto di legittimazione attiva dell’appellante che, quale erede di R.R., unitamente ad altre due sorelle, avrebbe dovuto integrare il contraddittorio nei loro confronti, non sussistendo una legittimazione della stessa a contestare l’intero debito ereditario, rappresentato dalla pretesa della controparte. Non avendo l’appellante provato la titolarità dell’intero rapporto debitorio fatto valere, rigettava l’impugnazione;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Rosanna M. affidandosi ed un unico motivo. Resiste con controricorso R.A..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il ricorso si lamenta la violazione dell’art. 331 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Si censura la parte della sentenza emessa dalla Corte appello di Salerno dichiarativa del difetto di legittimazione attiva in capo alla appellante, la quale avrebbe dovuto integrare il contraddittorio anche nei confronti delle altre eredi. Nel caso di specie, al contrario, gli eredi che si trovano in una situazione di litisconsorzio necessario processuale, indipendentemente dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, nella fase di gravame, devono integrare il contraddittorio nell’ipotesi in cui l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutti gli eredi. A ciò avrebbe dovuto provvedere, d’ufficio, la Corte di Appello. Pertanto, in sede di legittimità, la Corte di Cassazione, ai sensi degli artt. 331 e 383 c.p.c., dovrebbe rimette) te parti davanti al giudice di appello per un nuovo esame della controversia, previa integrazione del contraddittorio;

preliminarmente occorre esaminare le eccezioni formulate dalla controricorrente. Si deduce l’irrituale denominazione “procura alle liti” riferita al documento allegato al ricorso introduttivo. Si sostiene che si tratterebbe di una semplice procura alle liti e non di una procura speciale, necessaria a proporre un ricorso per cassazione;

l’eccezione è infondata, poichè dal contenuto dell’atto emerge che la procura è riferibile al ricorso per cassazione e pertanto è rituale, mentre le censure sono solo genericamente dedotte, senza farsi carico del contenuto effettivo dell’atto;

si eccepisce, altresì, la nullità della notifica effettuata a mezzo PEC del ricorso perchè, nella parte dedicata al testo, mancherebbe il riferimento alle norme di legge che disciplinano l’efficacia della notifica; in particolare il rinvio alla disciplina della L. n. 53 del 1994;

anche tale questione è infondata, poichè la relata di notifica fa espresso riferimento alla L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis e, sotto tale profilo, appare rituale. Peraltro, la relata di notifica è identica a quella del difensore della controricorrente;

si eccepisce, altresì, il difetto di legittimazione della controparte, intesa quale titolarità del potere di promuovere un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, non avendo la ricorrente dimostrato la propria qualità di erede. L’eccezione è infondata poichè si tratta di un dato non controverso, affermato nella sentenza impugnata e contestato per la prima volta in sede di legittimità;

per il resto il ricorso è fondato. Poichè la morte di una parte nel corso del giudizio di primo grado determina la trasmissione della sua legittimazione processuale attiva e passiva agli eredi, questi vengono a trovarsi nella posizione di litisconsorti necessari per ragioni processuali (indipendentemente, cioè, dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale), sicchè in fase di appello deve essere ordinata d’ufficio l’integrazione del contraddittorio nei confronti di ciascuno di essi; in mancanza, il procedimento di appello e la sentenza che lo definisce sono affetti da nullità assoluta, rilevabile di ufficio in ogni stato e grado e quindi anche in sede di legittimità, ove la non integrità del contraddittorio emerga “ex se” dagli atti senza necessità di nuovi accertamenti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20874 del 28/10/2004 – Rv. 577875 – 01);

la morte di una parte nel corso del giudizio di primo grado determina la trasmissione della relativa legittimazione processuale attiva e passiva agli eredi, per cui costoro vengono a trovarsi nella posizione di litisconsorti necessari per ragioni processuali (indipendentemente, cioè, dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale), sicchè in fase di appello deve essere ordinata d’ufficio l’integrazione del contraddittorio nei confronti di ciascuno di essi, ancorchè contumace in primo grado. In mancanza, il procedimento di appello e la sentenza che lo definisce, come nel caso di specie, sono affetti da nullità assoluta rilevabile di ufficio in ogni stato e grado e, quindi, anche in sede di legittimità, laddove la non integrità del contraddittorio emerga ex se dagli atti senza necessità di nuovi accertamenti (Cass., 17/9/2008, n. 23765; Cass., 28/11/2003, n. 18264; Cass., 19/6/2002, n. 8862);

va dunque dichiarata la nullità per violazione dell’art. 331 c.p.c., con cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio alla Corte d’Appello di Salerno che, in diversa composizione, facendo applicazione dei suindicati disattesi principi procederà a nuovo esame, previa integrazione del contraddittorio con gli eredi della R.. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, per il rinnovo del giudizio, previa integrazione del contraddittorio con gli eredi di R.R., nonchè per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

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