Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24638 del 19/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/10/2017, (ud. 14/09/2017, dep.19/10/2017),  n. 24638

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19908-2016 proposto da:

C.P., elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

CLODIA 80, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO PROSPERINI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, V. DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso

lo studio dell’avvocato DOMENICO ROSSI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

contro

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA, DIREZIONE REGIONALE LAZIO, in

persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA XXIV MAGGIO 43, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PURI,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 176/9/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, depositata il 18/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/09/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria, nei cui confronti sia Roma Capitale che il concessionario della riscossione hanno resistito con controricorso, il contribuente impugnava la sentenza della CTR del Lazio, relativa alla impugnabilità di un atto di rimborso e proposta di compensazione, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 28 ter, lamentando il vizio di violazione di legge, in particolare, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, commi 1 e 3 e dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, i giudici d’appello avrebbero ritenuto non impugnabile l’atto impugnato, in quanto, non immediatamente lesivo della sfera giuridico-patrimoniale del destinatario, che non avrebbe interesse ad impugnarlo, ex art. 100 c.p.c., trattandosi di una semplice compensazione di natura volontaria, mentre, invece, ad avviso del ricorrente, tale interesse sussisterebbe, perchè la mancata adesione a tale proposta, comporta la prosecuzione delle azioni di recupero coattivo del credito. Con un secondo motivo, la parte contribuente, pur non rubricando motivi di censura (v. pp. 6 e 7 del ricorso), eccepisce la prescrizione del credito.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.

I due motivi, che possono essere oggetto di un esame congiunto appaiono fondati nei termini che seguono.

Secondo l’insegnamento di questa Corte “Il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l’ultima parte del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato – impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacchè l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione” (Cass. sez. un. n. 19704/15).

Nel caso di specie, il contribuente ha impugnato la proposta di compensazione, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 28 ter, non per rimettere in discussione la pretesa impositiva, oramai cristallizzata nelle cartelle di pagamento divenute definitive, ma per un fatto nuovo e sopravvenuto, rispetto alla notifica delle stesse, fatto che le renderebbe “invalide”, dovuto al decorso del termine prescrizionale di cinque anni del credito tributario Tarsu, in assenza di atti interruttivi, e ciò sulla base della legge regolativa del tributo (Cass. sez. un. n. 23397/16).

Ebbene, una interpretazione estensiva del principio di diritto sopra enunciato porta a consentire la possibilità d’impugnare il credito iscritto a ruolo portato, nella specie, da una proposta di transazione, la cui mancata accettazione prospetta la ripresa della procedura coattiva, determinando l’interesse all’impugnativa, per una causa d’estinzione del medesimo credito fiscale, al fine di prevenire o anticipare il pregiudizio che deriverebbe dalla prosecuzione dell’azione esecutiva, nel rispetto, beninteso, del termine di 60 giorni dalla notifica della proposta che nella specie, appare rispettato (v. p. 1 del ricorso e p. 1 del controricorso di Equitalia).

La sentenza va, pertanto, cassata e la causa va rinviata alla Commissione tributaria regionale del Lazio, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

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