Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24634 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 02/10/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 02/10/2019), n.24634

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15436/2015 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso

la DIREZIONE AFFARI LEGALI DI POSTE ITALIANE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ELENA NIZZA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato LORETO SEVERINO;

– ricorrente –

contro

D.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALFREDO

FUSCO 3, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO ANDRENELLI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 503/2014 della CORTE D’APPELLO di 09/12/2014

R.G.N. BRESCIA, depositata il 333/2014.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 503 del 2014, confermava la pronuncia con cui era stata rigettata la domanda di accertamento proposta da Poste Italiane s.p.a. diretta a far dichiarare legittima la sanzione di quattro ore di multa irrogata il 23 aprile 2013 alla dipendente D.A..

1.1. La Corte di appello osservava, in sintesi:

– che la D. rifiutò di ricevere dalle mani del proprio superiore gerarchico la lettera di convocazione che la chiamava a visita di controllo sanitario;

– che con tale comportamento la lavoratrice sostanzialmente dimostrò di avere l’intenzione di contestare la disposizione datoriale che riguardava la visita cui la stessa avrebbe dovuto sottoporsi dopo due giorni;

– che, pur non essendovi dubbio circa la condotta contestata, questa tuttavia non integrava un comportamento scorretto verso i superiori come sostenuto da Poste Italiane s.p.a., ossia una violazione per la quale il codice disciplinare prevede la sanzione della multa, ma integrava la mancata osservanza di disposizioni di servizio, fattispecie disciplinare che impone ai lavoratori – e in particolare a quelli sottoposti a maggiore vigilanza sanitaria – di sottoporsi a visita a discrezione della datrice di lavoro che agisce a tutela della loro salute;

– che la condotta era quindi sussumibile nella previsione di cui all’art. 54, comma 1, lett. a) CCNL di settore, punibile con il rimprovero verbale o con l’ammonizione scritta;

– che, pertanto, la sanzione irrogata era da ritenere eccessiva.

2. Per la cassazione di tale sentenza Poste italiane s.p.a. ha proposto ricorso affidato a due motivi. Ha resistito la D. con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia violazione degli artt. 2086,2094,2104 c.c., nonchè violazione dell’art. 54, comma 2, lett. c) ed e) CCNL 14.4.2011.

Sostiene che, essendo pacifico che la D. rifiutò di ricevere dalle mani del proprio superiore la lettera di convocazione e ciò prima ancora di avere diretta conoscenza del suo contenuto, aveva errato la Corte territoriale nel ritenere che detto rifiuto non integrasse un atteggiamento di insubordinazione, non rispettoso dei diversi ruoli aziendali e della relativa scala gerarchica. Non si era in presenza della violazione degli obblighi in tema di diligenza lavorativa, nè degli obblighi in tema di tutela della salute, ma di un atteggiamento di insubordinazione e mancata collaborazione.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 54, comma 2, lett. c) ed e) per non avere la Corte territoriale rilevato che era da ritenere provata in giudizio ex art. 115 c.p.c., la recidiva, anch’essa specificamente indicata nell’atto di contestazione disciplinare, ed infatti l’art. 54, comma 2, lett. a) CCNL 14.4.2011 prevede che si applica sanzione disciplinare della multa non superiore a quattro ore di retribuzione nell’ipotesi di recidiva entro un anno dall’applicazione del rimprovero scritto nelle stesse mancanze previste nel precedente gruppo.

3. Il primo motivo di ricorso è meritevole di accoglimento nei termini che seguono, mentre il secondo è inammissibile.

4. Va premesso che il giudizio venne avviato su iniziativa della ricorrente datrice di lavoro per far accertare la legittimità della sanzione disciplinare della multa di quattro ore irrogata alla dipendente l’11 marzo 2013, a mente dell’art. 54, comma 2, lett. c) ed e) del CCNL 14 aprile 2011. La prima ipotesi contestata (lett. c) riguarda il “comportamento scorretto verso i superiori, i colleghi, i dipendenti o verso il pubblico”; la seconda (lett. e) l'”inosservanza di doveri o obblighi di servizio da cui non sia derivato un pregiudizio al servizio o agli interessi della Società”. La Corte di appello ha invece ritenuto sussumibile la fattispecie in quella di cui all’art. 54, comma 1, lett. a), che punisce con il rimprovero verbale o l’ammonizione scritta il lavoratore che “non osservi le disposizioni di servizio”.

5. La questione di diritto devoluta a questa Corte riguarda l’interpretazione delle disposizioni del codice disciplinare interessate dalla controversia. Secondo la Corte di appello sarebbe integrata un’ipotesi sanzionabile con il rimprovero verbale o con l’ammonizione scritta (art. 54, comma 1), laddove la società ha ritenuto integrata un’ipotesi di maggiore gravità, sanzionabile con la multa (art. 54, comma 2).

6. Il Codice disciplinare del CCNL di settore, dell’art. 54, comma 1, prevede che “Si applicano le sanzioni disciplinari del rimprovero verbale o dell’ammonizione scritta al lavoratore che: a) non osservi le disposizioni di servizio; b) non rispetti l’orario di lavoro o le formalità prescritte per la rilevazione ed il controllo delle presenze; si trattenga oltre l’orario di lavoro senza autorizzazione e senza giusto motivo nei locali di lavoro; c) non provveda a comunicare il motivo dell’assenza entro lo stesso giorno in cui la stessa si verifica, salvo casi di comprovata forza maggiore; d) esegua la prestazione lavorativa con scarsa diligenza; e) non abbia cura dei locali e/o dei beni mobili o strumenti a lui affidati; adoperi negligentemente quelli di cui gli è consentito l’uso o se ne avvalga abusivamente; f) tenga un comportamento scorretto durante l’orario di servizio, nei locali di lavoro o in situazioni connesse alla attività lavorativa (es. mensa); g) si presenti al lavoro o si trovi durante l’orario di servizio in stato di alterazione psichica a lui imputabile; h) non osservi le norme antinfortunistiche portate a sua conoscenza in assenza di situazioni oggettive di pericolo”.

L’art. 54, comma 2, prevede che “Si applica la sanzione disciplinare della multa non superiore a quattro ore di retribuzione: a) per recidiva entro un anno dall’applicazione del rimprovero scritto nelle stesse mancanze previste nel precedente gruppo; b) per assenza arbitraria non superiore a due giorni lavorativi consecutivi; c) per comportamento scorretto verso i superiori, i colleghi, i dipendenti o verso il pubblico; d) per tolleranza di irregolarità di servizi, di atti di indisciplina, o di contegno non corretto da parte del dipendente personale; e) per inosservanza di doveri o obblighi di servizio da cui non sia derivato un pregiudizio al servizio o agli interessi della Società; f) per sottrazione di materiale o beni strumentali di tenue valore; g) per comportamento che, in caso di assenza per malattia, non consenta il controllo medico disposto dalla Società”.

7. Va osservato che, mentre dell’art. 54, comma 1, sono descritti comportamenti che attengono alla violazione di regole di diligenza inerenti al modo con cui il dipendente di Poste Italiane esegue la prestazione lavorativa, nelle ipotesi contemplate nel comma 2 dello stesso articolo si è in presenza di un complesso di previsioni in cui il comportamento è valutato dalle parti sociali di maggiore gravità in quanto riferibile, oltre all’ipotesi della recidiva nelle mancanze di cui al comma precedente, a comportamenti riconducibili nell’alveo della violazione dell’obbligo di correttezza e dell’obbligo di collaborazione che grava sul lavoratore.

7.1. Il dovere di correttezza è declinato, del comma 2, lett. c), con riguardo alla interrelazione tra dipendente, da un lato, e superiori, colleghi, altri dipendenti e il pubblico, dall’altro. E’ invece il dovere di collaborazione che risulta violato nell’ipotesi della “inosservanza di doveri o obblighi di servizio da cui non sia derivato un pregiudizio al servizio o agli interessi della società”; ciò in quanto il dovere di collaborazione si esprime innanzitutto con la conformazione della condotta lavorativa al complesso dei “doveri o obblighi di servizio” dettati per la realizzazione degli interessi dell’azienda o comunque intesi ad agevolarne la realizzazione.

8. L’inosservanza di una disposizione di servizio va dunque contestualizzata onde stabilire se essa possa essere considerata solo rilevante in sè o invece essa esprima un difetto di collaborazione, attingendo così un livello di maggiore gravità.

9. L’obbligo di diligenza ha carattere oggettivo, poichè l’adeguatezza della prestazione deve essere valutata in relazione all’interesse del datore di lavoro. Difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr., in particolare, Cass. 7398 del 2010, in motivazione) l’obbligo di diligenza previsto dall’art. 2104 c.c., costituisce una specificazione del principio generale fissato dall’art. 1176 c.c., comma 2 e deve essere pertanto valutata con riguardo alla natura dell’attività esercitata.

9.1. Il criterio dell’interesse dell’impresa, pure previsto dall’art. 2104 c.c., impone invece di correlare la prestazione dovuta, oltre che ai criteri dell’attività lavorativa in senso stretto, alle particolari esigenze dell’organizzazione in cui il rapporto si inserisce. L’interesse dell’impresa allude al raccordo della prestazione con la specifica organizzazione imprenditoriale in funzione della quale è resa (cfr., al riguardo, Cass. n. 663 del 2018).

10. Nel caso in esame, quanto al dovere di correttezza nei rapporti con il superiore gerarchico (lett. c), la Corte di appello ha svolto il proprio accertamento, escludendo in concreto che la condotta tenuta dalla D. fosse irrispettosa verso il superiore che le stava comunicando la convocazione, in difetto di altri elementi circostanziali specificativi o integrativi del mero dato oggettivo del rifiuto di ricevere la comunicazione di servizio.

11. E’ invece mancato qualsiasi accertamento circa l’eventuale riconducibilità della condotta nell’ipotesi della inosservanza dei doveri o degli obblighi di servizio, avendo la Corte territoriale omesso di indagare se il rifiuto di ricevere la comunicazione integrasse o meno la (più grave) condotta (lett. e) che attiene a comportamenti omissivi o commissivi non coerenti con l’osservanza del dovere di collaborazione nell’interesse dell’impresa, pure previsto dall’art. 2104 c.c., considerato che tale dovere di collaborazione impone, oltre all’osservanza dell’obbligo di diligenza riguardante la prestazione lavorativa in senso stretto, la conformazione della condotta sul luogo di lavoro all’interesse dell’impresa, da intendere come raccordo della prestazione con la specifica organizzazione imprenditoriale in funzione della quale la prestazione è resa, e ciò pure se dalla condotta omessa o non conforme non sia derivato un pregiudizio al servizio o agli interessi della società.

12. La contestazione della recidiva, di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, è questione nuova nel giudizio di legittimità, da ritenere quindi preclusa nei termini in cui è stata proposta.

12.1. In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio (tra le più recenti, Cass. n. 20694 del 2018, n. 15430 del 2018, n. 23675 del 2013).

13. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio – anche per le spese del giudizio di legittimità – alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.

14. Considerato che il ricorso viene accolto, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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