Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24625 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 02/10/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 02/10/2019), n.24625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10595/2014 proposto da:

F.A., A.F., G.P., GO.GI.,

GU.FR., I.R.E.L., tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE PLATONE, 21, presso lo studio

dell’avvocato TIZIANA STEFANELLI, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIAMPIETRO PIROZZI;

– ricorrenti –

contro

REPUBBLICA ITALIANA, in persona del Presidente del Consiglio dei

Ministri pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla

VIA DEI PORTOGHESI N. 12;

– controricorrente –

nonchè da: RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G.:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI N. 12;

– ricorrente successivo –

e contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PLATONE

21, presso lo studio dell’Avvocato TIZIANA STEFANELLI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente al ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 1355/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/03/2013 R.G.N. 5532/2007.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Dott. F.A. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe, con atto di citazione notificato il 13.7.2004, convenivano in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendo la condanna al pagamento della remunerazione adeguata con riferimento al conseguito diploma di specializzazione, ovvero il risarcimento del danno per ritardata attuazione della direttiva 82/76/CEE.

2. Il Tribunale di Roma rigettava la domanda per intervenuta prescrizione. Avverso detta sentenza proponevano appello gli originari attori. Con sentenza di data 1355/2013 la Corte d’appello di Roma riteneva che il diritto azionato dagli appellanti non fosse estinto, dovendo il termine di prescrizione decorrere dal 27.10.99, data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, ed essendo la domanda stata proposta con atto di citazione notificato il 13.7.2004. Tuttavia, riteneva insussistenti i presupposti per l’accoglimento della domanda avanzata dai medici, ad eccezione di quella del Dott. S.G., in favore del quale condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri al “risarcimento… del danno, liquidato in Euro 33.569,70”.

2.1. Osservava che il diritto azionato presupponeva la dimostrazione che i medici avessero iniziato (ossia si fossero iscritti) ad un corso di specializzazione durante il periodo in cui poteva configurarsi un obbligo dello Stato italiano di adeguamento alla direttiva e che l’inadempimento dello Stato si verificò a partire al 1.1.83, per cui se il corso iniziò prima di tale data, a prescindere dalla data di conseguimento della specializzazione, non era configurabile alcun diritto alla pretesa fatta valere (Cass. n. 5533/2012). Sulla base di tale premessa, rilevava che gli appellanti, eccetto il S., non avevano documentato la data di iscrizione alla scuola, nè la durata del corso, mentre in altri casi risultava che l’iscrizione era anteriore alla data predetta.

3. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione F. e gli atri litisconsorti rimasti soccombenti, sulla base di un motivo. Ha proposto ricorso autonomo anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sulla base di tre motivi, nei confronti del Dott. S., vittorioso nel giudizio di merito. Per resistere alle opposte impugnazioni le parti hanno depositato controricorso.

4. I medici ricorrenti per cassazione hanno altresì depositato memoria ex art. 380- bis.1 c.p.c., ma fuori termine.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con unico motivo di ricorso i medici F., G., A., Go., Gu. e I. lamentano violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.. Sostengono di avere depositato certificazione attestante di avere seguito i corsi tra il 31.12.82 e il 1992, ma la Corte di appello, non facendo menzione di tali documenti, aveva ritenuto la domanda non provata. Richiamano la documentazione allegata sin dagli atti di primo grado e riprodotta per ciascun ricorrente all’interno dei fascicoli di parte (“cfr. documentazione allegata alla produzione di primo grado”) Inoltre, rappresentano che parte resistente sin dal primo grado non aveva mai contestato la durata dei corsi di specializzazione.

2. Il ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nei confronti del S. si articola in tre motivi:

– con il primo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2947 c.c., art. 20, par. 1 e 2 e art. 288, comma 3 Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte di appello ritenuto che il termine di prescrizione è decennale, mentre avrebbe dovuto confermare la statuizione del giudice di primo grado secondo cui, trattandosi di una ordinaria fattispecie di illecito extracontrattuale ex art. 2043 c.c., trova applicazione la prescrizione quinquennale ex art. 2947 c.c.;

– con il secondo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, quanto alla decorrenza del termine di prescrizione che dovrebbe retrodatarsi alla data di entrata in vigore della L. n. 257 del 1991, di recepimento delle direttive comunitarie;

– con il terzo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, gravando sull’attore l’onere di fornire la prova della sussistenza nel caso concreto dei presupposti richiesti dalla direttiva Europea.

3. I ricorsi, che vanno previamente riuniti ex art. 335 c.p.c., sono infondati.

4. Quanto al ricorso proposto dai medici, va premesso quanto segue.

Pacifica essendo l’impossibilità di configurare un inadempimento del legislatore nazionale prima del termine del 31 dicembre 1982 (fissato dall’art. 16 della direttiva 82/76/CEE), sussistevano dubbi circa la posizione dei medici il cui corso si collocava a cavallo di quella data, per i quali alcune pronunce avevano negato il diritto ed altre l’avevano, invece, riconosciuto. Il dissenso interno alla giurisprudenza di questa Corte (cfr., sul punto, per tutte, le sentenze 10 luglio 2013, n. 17067, e 22 maggio 2015, n. 10612) ha dato luogo alla rimessione della questione alle Sezioni Unite le quali, con ordinanza interlocutoria 21 novembre 2016, n. 23581, hanno rimesso la relativa questione interpretativa alla Corte di giustizia dell’Unione Europea. Quest’ultima, con la sentenza 24 gennaio 2018 (nelle cause riunite C-616/16 e C-617/16) ha stabilito che l’art. 2, paragrafo 1, lettera c), l’art. 3, paragrafi 1 e 2, nonchè l’allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per la formazione a tempo pieno e a tempo ridotto dei medici specialisti iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa. Deve quindi considerarsi sussistente il diritto al risarcimento per inadempimento dello Stato agli obblighi derivanti dalla direttiva “a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa”, commisurando il risarcimento stesso (per la mancata percezione di una retribuzione adeguata) alla frazione temporale della durata del corso, successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31.12.1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento.

5. Le S.U. di questa Corte, con la recente sentenza n. 20348 del 2018, nel recepire le indicazioni della CGUE, hanno affermato che il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, sorto, conformemente ai principi più volte affermati dalla CGUE (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in C-371/97), in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, spetta anche per l’anno accademico 1982-1983, ma solo a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, in conformità con quanto affermato dalla CGUE nella sentenza del 24 gennaio 2018 (cause riunite C-616/16 e C-617/16); ne consegue che occorre commisurare il risarcimento per la mancata percezione di una retribuzione adeguata, non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento.

5.1. Il principio è staro più volte ribadito. Tra le più recenti, v. Cass. n. 1548 del 2019 e n. 1053 del 2019, secondo cui il diritto alla percezione degli emolumenti fissati dalla legge – in particolare dalla L. n. 370 del 1999, art. 11 (Lire 13 milioni all’anno per il periodo che va dall’anno accademico 1983-1984 all’anno accademico 1990-1991) – riguarda anche i c.d. medici specializzandi a cavallo, cioè quei medici che hanno frequentato e positivamente concluso uno dei corsi di specializzazione riconosciuti in sede Europea cominciando nel 1982 e terminando in data ovviamente successiva al 1 gennaio 1983.

6. Tutto ciò premesso, va osservato che dal tenore testuale del ricorso per cassazione (v. pagg. 4-5 ric.) risulta che, secondo le allegazioni degli stessi ricorrenti, nessuno di costoro – eccetto il S., nei cui confronti infatti la domanda venne accolta – iniziò il corso di specializzazione nell’anno accademico 1982/1983, ma tutti anteriormente e precisamente o nell’anno accademico 1981/1982 ( G.P.), 1980/81 ( F.A., A.F., Go.Gi., I. Roberto) o addirittura nell’anno accademico 1979/80 ( Gu.Fr.). Dunque, già alla stregua di quanto narrato nel ricorso per cassazione, non vi è da accertare la durata del corso nè viene in discussione il principio di non contestazione, poichè difetta il presupposto stesso per ritenere la responsabilità dello Stato Italiano, non potendo essere riconosciuto il diritto a percepire la somma di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11.

6.1. In ogni caso, poi, il ricorso difetta dei requisiti di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, non essendo stati riportati i passi salienti dei documenti asseritamente male interpretati dalla Corte territoriale. Secondo giurisprudenza costante di questa Corte, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci l’omessa od inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, anche ove intenda far valere un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, è onerato, a pena di inammissibilità del ricorso, non solo della specifica indicazione del documento e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, ma anche della completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti e dei documenti così da rendere immediatamente apprezzabile dalla Suprema Corte il vizio dedotto (tra le più recenti, Cass. n. 14107 del 2017).

7. Quanto al ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nei confronti del Dott. S., i primi due motivi sono infondati.

7.1. Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, il diritto al risarcimento del danno da tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – realizzata solo con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 – delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive, per coloro i quali avrebbero potuto fruire del compenso nel periodo compreso tra il 1 gennaio 1983 e la conclusione dell’anno accademico 1990-1991, nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della L.19 ottobre 1999, n. 370 (Cass. n. 6606 del 2014; conformi Cass. 23199 del 2016, 13758 del 2018).

7.2. Pertanto, correttamente la Corte d’appello di Roma ha ritenuto che il termine di prescrizione dovesse decorrere dal 27.10.99, data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, e che detto termine non era interamente decorso, in quanto la domanda era stata proposta con atto di citazione notificato il 13.7.2004.

8. E’ infondato anche il terzo motivo del ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

8.1. Prima dell’emanazione del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, di (tardiva) attuazione delle direttive 75/362/CEE e 82/76/CEE, le università erano libere di organizzare corsi di specializzazione quomodo libet: e quindi anche non esclusivi, e non a tempo pieno. Da ciò discendono due conseguenze sul piano dell’onere della prova. La prima è che dal fatto stesso che un medico abbia, prima del 1991, frequentato e portato a termine un corso di specializzazione, è possibile risalire ex art. 2727 c.c., al fatto ignorato che, se il D.Lgs. n. 257 del 1991, fosse stato già in vigore all’epoca di inizio di quel corso, il medico in questione vi si sarebbe ugualmente iscritto (come già stabilito da questa Corte, con la sentenza pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 1182 del 27/01/2012). La seconda conseguenza è che non può pretendersi dal medico, il quale abbia frequentato corsi di specializzazione iniziati prima del 1991, la prova che il corso frequentato era esclusivo ed a tempo pieno: tali caratteristiche infatti prima del 1991 non erano richieste, e sarebbe iniquo pretendere dallo specialista la prova di avere frequentato corsi aventi caratteristiche non richieste dalla legge all’epoca in cui li svolse, e per di più la cui mancata previsione dipendeva proprio dalla renitenza con cui lo Stato diede attuazione agli obblighi comunitari (come già ritenuto da questa Corte con le sentenze n. 23577 del 2011 e n. 5781 del 2017).

9. In considerazione della complessità delle questioni oggetto dei ricorsi e delle oscillazioni della giurisprudenza, le spese vanno compensate tra tutte le parti del giudizio.

10. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti F. ed altri, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. Il raddoppio del contributo unificato, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, costituisce una obbligazione di importo predeterminato che sorge ex lege per effetto del rigetto dell’impugnazione, della dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità della stessa.

11. Quanto al ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, va ribadito il principio, più volte affermato da questa Corte, che l’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (Cass. n. 1778 del 2016, n. 5955 del 2014).

P.Q.M.

La Corte rigetta sia il ricorso proposto da F. ed altri, sia il ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri contro S.G.. Compensa le spese tra tutte le parti del giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti F. ed altri, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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