Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24624 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 04/11/2020), n.24624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5368-2019 proposto da:

BAIRES SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 10, presso lo studio

dell’avvocato ENRICO DANTE, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PAOLO MELI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3039/9/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 02/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di liquidazione relativo ad imposta di registro per l’anno d’imposta 2011 in relazione ad un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano;

la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente;

la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello della parte contribuente ritenendo che non fosse necessaria una particolare motivazione dell’avviso di liquidazione in quanto la base imponibile è rappresentata dalla base imponibile relativamente alla quale il contribuente ha chiesto e ottenuto l’ingiunzione mentre il calcolo dell’imposta si risolve nella mera applicazione dell’aliquota fissa prevista dalla legge alla base imponibile determinata come sopra; inoltre l’avviso di liquidazione conteneva gli estremi dell’atto tassato non essendo anche necessario che questi fosse allegato;

la parte contribuente proponeva ricorso affidato a due motivi mentre l’Agenzia delle entrate, non essendosi costituita nei termini di legge tramite controricorso, si costituiva al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in quanto l’avviso di liquidazione non contiene tutti gli elementi necessari per far comprendere al destinatario tutti gli elementi di fatto e di diritto posti a base dell’imposizione.

Considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, sotto il profilo dell’omessa allegazione all’avviso di liquidazione dell’atto tassato.

I motivi, che per la loro stretta connessione possono essere affrontati congiuntamente, sono infondati.

Secondo l’art. 7 dello Statuto del contribuente citato (chiarezza e motivazione degli atti), “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.

Ebbene, la norma invocata dal contribuente va interpretata alla luce dell’intero sistema in cui si inserisce e in tale prospettiva la doglianza appare smaccatamente in contrasto con l’art. 10 proprio dello stesso Statuto del contribuente da quest’ultimo invocato. Tale norma stabilisce infatti che “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”, e pertanto, alla luce dei principi espressi dagli artt. 3 (ragionevolezza), nonchè alla luce del principio di solidarietà economica e sociale di cui all’art. 2 Cost. che deve reciprocamente ispirare i rapporti fra pubblica amministrazione e cittadino anche nei rapporti tributari (Cass. 9 maggio 2018, n. 11052; Cass. 17 gennaio 2018, n. 1009) la parte del rapporto tributario, sia essa il contribuente o la pubblica amministrazione, non può lamentare violazioni formali che non abbiano inciso realmente in negativo sulla sua sfera giuridica: il contribuente non ha infatti prospettato le ragioni per le quali l’omessa motivazione circa il calcolo dell’imponibile e dell’imposta o la mancata allegazione dell’atto tassato avrebbero comportato una lesione del diritto all’effettività della tutela giurisdizionale ed al giusto processo. Infatti, nei rapporti tra contribuente e pubblica amministrazione e salvi gli eventuali diritti dei terzi, la possibilità da parte del contribuente di denunciare vizi fondati sulla pretesa violazione di norme procedimentali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività amministrativa, ma garantisce solo l’eliminazione dell’eventuale pregiudizio da lui subito in conseguenza della denunciata violazione di norme che siano espressione del principio di buona andamento della pubblica amministrazione (Cass. 9 maggio 2018, n. 11052).

Peraltro, con riferimento in particolare al primo motivo di impugnazione, secondo questa Corte, nell’ipotesi di liquidazione dell’imposta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, effettuata sulla base degli elementi indicati nella dichiarazione dal contribuente, la cartella di pagamento è congruamente motivata con riguardo al calcolo degli interessi mediante il riferimento alla dichiarazione dalla quale deriva il debito di imposta, in quanto, essendo il criterio di liquidazione predeterminato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 20, esso si risolve in una mera operazione matematica, mentre, quanto alle sanzioni, è sufficiente il riferimento alla norma di legge che ne prevede i criteri di calcolo o alla tipologia della violazione da cui è possibile desumere gli stessi (Cass. 8 marzo 2019, n. 6812; in senso analogo Cass. 27 marzo 2019, n. 8508, secondo cui in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento D.P.R. n. 602 del 1973 ex art. 36-bis, è congruamente motivata, quanto al calcolo degli interessi, mediante il richiamo alla dichiarazione dalla quale deriva il debito di imposta ed al conseguente periodo di competenza, essendo il criterio di liquidazione degli stessi predeterminato “ex lege”, e risolvendosi, pertanto, la relativa applicazione in un’operazione matematica): nella specie la CTR si è conformata ai suddetti principi laddove ha ritenuto sufficiente che l’avviso di liquidazione indicasse la base imponibile – individuata nella somma di cui la parte richiede il pagamento in relazione alla quale è stata emessa l’ingiunzione che va moltiplicata per l’aliquota fissa prevista dalla legge – risolvendosi così la determinazione dell’importo dovuto all’Agenzia delle entrate in una mera operazione matematica.

Inoltre, sempre secondo questa Corte e con particolare riferimento al secondo motivo di ricorso, in tema di motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, lo Statuto del contribuente, art. 7, comma 1, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza e nella specie tale conoscenza è pacifica dal momento che gli atti tassati sono decreti ingiuntivi richiesti dallo stesso contribuente.

Ritenuto pertanto che i motivi di impugnazione sono entrambi infondati, il ricorso va rigettato; nulla va statuito in merito alle spese, non avendo l’Agenzia delle entrate apprestato difese.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

 

 

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