Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24623 del 01/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/12/2016, (ud. 16/09/2016, dep. 01/12/2016), n.24623

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16861/2015 proposto da:

EPRICE SRL, in persona del suo Legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio

dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARIA PIA ALBINI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FBL SRI, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA VERBANO 22, presso lo

studio dell’avvocato GIANLUCA DELLA GATTA, rappresentato e difeso

dall’avvocato VINCENZO ROMANO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 198/2015 del TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO,

depositata il 06/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata la seguente relazione.

“1. La Eprice s.r.l. convenne in giudizio la F.B.L. s.r.l., davanti al Giudice di pace di Gallarate, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni conseguenti alla consegna di merce non funzionante ed alla lesione della propria immagine commerciale.

Il Giudice di pace accolse la domanda e condannò la società convenuta al pagamento delle somme di Euro 1.705 a titolo di reso merce e di Euro 800 a titolo di danno all’immagine, oltre che al pagamento delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata sottoposta ad appello da parte della convenuta soccombente e il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza del 6 febbraio 2015, ha accolto l’appello, ha rigettato la domanda della società Eprice e l’ha condannata al pagamento delle spese di giudizio.

3. Contro la sentenza d’appello ricorre la Eprice s.r.l. con atto affidato ad un motivo.

Resiste la F.B.L. s.r.l. con controricorso.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

5. Il primo ed unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2969 c.c. e dell’art. 112 c.p.c..

5.1. Il motivo, quando non inammissibile, è comunque infondato.

Si rileva, innanzitutto, che esso è formulato in modo non rispettoso dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), poichè richiama una serie di atti e documenti senza indicare dove essi siano reperibili nella presente sede di legittimità; il motivo, poi, assomma considerazioni di merito irrilevanti in questa sede mescolandole con asserite violazioni di legge.

L’unica violazione di legge prospettata – ossia avere il Tribunale rilevato d’ufficio la decadenza di cui all’art. 1495 c.c. – è smentita dagli atti, dai quali risulta che la questione è stata posta con l’atto di appello, cioè tempestivamente in quanto la sentenza di primo grado è stata dichiarata nulla per erronea dichiarazione di contumacia della società convenuta.

6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Non sono state depositate memorie alla trascritta relazione.

seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.000, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 16 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2016

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