Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24621 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/11/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 04/11/2020), n.24621

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3243-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AZIENDA PROVINCIALE TRASPORTI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA TEODOSIO MACROBIO 3, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

NICCOLINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENZO

BARAZZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 56/2013 della COMM. TRIB. REG. di TRIESTE,

depositata il 11/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2020 dal Consigliere Dott. FRACANZANI MARCELLO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società contribuente gerisce il trasporto pubblico di linea su strada, nasce dalla trasformazione delle aziende speciali in società per azioni ed ha conseguentemente fruito dell’esenzione temporanea Irpeg per il secondo semestre 1998 e tutto il periodo di imposta 1999, quale modalità legislativamente prevista di accompagnamento dalla forma squisitamente pubblicistica alla forma privatistica del regime concorrenziale. In questo senso, la società contribuente non ha esposto in dichiarazione per quegli anni alcun valore ai fini Irpeg, mentre lo ha fatto ai fini Iva ed Irap, non compresi nella moratoria fiscale.

2. Senonchè, con sentenza n. 2003/193/CE del 5 giugno 2002, la Corte di Giustizia comunitaria riteneva fosse inammissibile aiuto di stato la procedura di accompagnamento in ingresso al mercato con esenzione fiscale, obbligando così lo Stato italiano ad una procedura di recupero per non alterare la concorrenza, da cui la L. n. 62 del 2005 che, all’art. 27 stabilisce la forma di recupero dell’Irpeg eventualmente non corrisposta. In via preliminare, quindi, le società nate dalla trasformazione delle ex municipalizzate poi aziende speciali, sono state chiamate a presentare – ora per allora – la dichiarazione Irpeg. Ed un tanto ha fatto anche la società contribuente, non computando all’attivo le somme corrisposte dalla Regione Friuli Venezia Giulia e ricevute proprio nella fase di avvio – secondo semestre 1998 e anno 1999 – in ripianamento dei debiti contratti come municipalizzata, come da espressa indicazione legislativa, ribadita con interpretazione autentica dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 310, proprio perchè trattavasi di somme funzionali all’avvio della nuova gestione in forma privatistica e di mercato. Per l’effetto, ne è emerso che per i due periodi la società contribuente ha, esposto perdite a fini Irpeg per circa due milioni di Euro relativamente alla frazione del 1998 e di quattro milioni per il 1999. Tali perdite sono state portate a compensazione per gli anni di imposta 2005, 2006 e 2007, cioè nei tre esercizi immediatamente successivi alla dichiarazione proposta ora per allora.

3. In sede di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, emergeva irregolarità per aver portato in deduzione perdite maturate oltre cinque anni prima: quanto esposto in dichiarazione del 2005 riguardava infatti perdite subite negli esercizi 1998 e 1999. L’irregolarità e la sua ragione venivano comunicate alla società contribuente che prestava apporto collaborativo fornendo documentazione e chiedendo autotutela, cui l’Ufficio non rispondeva formalmente, mentre perveniva direttamente cartella esattoriale per l’imposto di Euro 537.396,00, quale rettifica del reddito conseguito e ripresa a tassazione per somme indebitamente dedotte.

Reagiva la contribuente evocando in giudizio l’Amministrazione finanziaria lamentando non esservi motivazione nella cartella, nè potesse valere – come pure affermato dall’Ufficio – la motivazione nell’avviso di irregolarità, perchè precedente alla produzione documentale ed all’apporto collaborativo della contribuente, le cui osservazioni debbono essere valutate e rientrare nella motivazione del provvedimento, secondo quanto da tempo disposto sia dalla legge generale sull’azione amministrativa, sia dallo Statuto del contribuente che ne è specificazione. Affermava poi di aver tempestivamente portato a deduzione le perdite, patite negli esercizi 1998 e 1999, ma non potute esporre prima, perchè non legittimata alla dichiarazione redditi ai fini Irpeg ante il 2005.

4. L’Ufficio rappresentava tuttavia come la L. n. 62 del 2005 richiedesse l’esposizione in dichiarazione dei valori Irpeg non tanto per introdurre un regime ordinario di tassazione (con debiti e crediti), ma per rendere palesi eventuali aiuti di Stato conseguiti dalle ex municipalizzate nel periodo transitorio e, in momento successivo, consentire all’Amministrazione finanziaria di procedere al loro recupero che, nel caso della contribuente, evidentemente non vi sarebbe stato. Per contro la società di trasporti avrebbe sì legittimamente escluso dal calcolo i contributi regionali ricevuti a ripianamento, ma fatto emergere così delle perdite di esercizio che portava in detrazione in periodi successivi al quinquennio dalla loro maturazione, fruendo di una norma che non aveva fini fiscali, ma di recupero di aiuto di Stato (ove accertato).

I gradi merito erano favorevoli alla contribuente, donde ricorre per cassazione l’Avvocatura generale dello Stato, affidandosi a tre motivi di ricorso, cui replica la società contribuente con tempestivo controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono proposti tre motivi di ricorso.

1. Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 84, e degli articoli n. 107 e 108 Trattato Funzionamento Unione Europea (già articoli n. 87 e 88 del Trattato CE), nella sostanza lamentando che siano state consentite detrazioni di perdite oltre i termini consentiti dalle norme generali, violando così anche le fonti comunitarie per aver negato natura extrafiscale alla disciplina italiana (L. n. 62 del 2005) che intendeva solo recuperare eventuali aiuti di Stato ritenuti indebiti dalla Corte di giustizia, non consentire di portare a deduzione perdite ormai prescritte. Devesi preliminarmente ricostruire il dato normativo. La L. n. 62 del 2005, art. 27, trattava solo del recupero di eventuali aiuti di Stato, in adempimento alla sentenza CGCE n. 2003/193/CE; le modalità concrete erano demandate all’Agenzia delle entrate che diramava il proprio provvedimento direttoriale in data 1 giugno 2005, ove prevedeva l’obbligo per tutte le società interessate di presentare entro il successivo 11 luglio 2005 alle Direzioni regionali dell’Agenzia la dichiarazione dei redditi per ciascun periodo di imposta in cui era stata fruita la “moratoria fiscale” ritenuta illegittima dalla CGCE. Ove fosse emerso un reddito imponibile, sarebbe stato recuperato secondo la complessa procedura degli indebiti aiuti di Stato; ove fosse emersa una perdita, sarebbe stata detraibile secondo le ordinarie regole dell’allora vigente D.P.R. n. 917 del 1986, art. 84. Il dato testuale depone nel senso quindi che non si possono dedurre perdite emerse con tali dichiarazioni oltre il termine quinquennale della loro maturazione, irrilevante restando la circostanza che tali perdite – pur esistenti – non fossero esponibili in precedenza: trattasi infatti di specifica scelta legislativa quella del recupero in via fiscale nel 2005, così come quella di non computare fra gli utili i finanziamenti regionali ricevuti per ripianare le perdite delle pregresse gestioni. Al dato testuale che richiama il regime quinquennale della deducibilità delle perdite, si aggiungono altri elementi che esprimono il carattere extratributario della norma in questione, tesa appunto a recuperare un aiuto di Stato ritenuto indebito, piuttosto che a restituire ordinario regime fiscale a tali società, che dovrebbe allora tener conto anche dei finanziamenti ricevuti, concretandosi però in nuova distorsione del mercato, ove non possono essere inseriti -senza adeguato periodo di transizione-nuovi operatori in regime di posizione dominante, quali sicuramente gli ex concessionari di trasporto pubblico locale su gomma (autolinee extraurbane). In questo senso milita in primo luogo il periodo inusuale (11 luglio) ed il termine brevissimo (quaranta giorni) per presentare una dichiarazione dei redditi, peraltro ai soli fini Irpeg, relativa ad esercizi risalenti; in secondo luogo è altresì la riforma della prefata L. n. 62 del 2005 che ne ha dimostrato la natura extrafiscale: in un primo senso la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 132 (legge finanziaria per il 2006) ha espunto ogni riferimento ai tributi ed ha assegnato la competenza del recupero degli aiuti di Stato al Ministero degli Interni; in un secondo momento è stata rinnovata integralmente con il D.L. n. 10 del 2007, convertito con L. n. 46 del 2007 che ha disegnato una disciplina speciale, totalmente staccata dalla disciplina del reddito imponibile, proprio per non far transitare la procedura comunitaria sui canali del diritto tributario, ritenuto “lo zoccolo duro” dell’autonomia Statale rispetto al diritto dell’Unione (in disparte la considerazione che il ritenuto aiuto di Stato fosse stato beneficiato tramite “moratoria fiscale”). In tal senso, questa Corte si è già occupata della questione e della corretta interpretazione della disciplina in oggetto, affermando che In tema di recupero di aiuti di Stato, la procedura relativa all’azione da porre in essere è assoggettata esclusivamente alle regole di cui al D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, art. 1, convertito in L. 4 giugno 2007, n. 46, essendo inapplicabile l’ordinaria disciplina in tema di accertamento del reddito imponibile, poichè la disposizione del D.L. n. 10 del 2007 è stata emanata con la specifica funzione di assicurare il rispetto, da parte dello Stato italiano, del dovere di procedere al recupero delle agevolazioni usufruite dalle società per azioni a prevalente capitale pubblico istituite per la gestione dei servizi pubblici locali e ritenute incompatibili con il diritto comunitario dalla decisione della Commissione Europea n. 2003/193 CE, dopo che la precedente disciplina di cui alla L. 18 aprile 2005, n. 62, art. 27, è stata giudicata inidonea a tale scopo dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza dell’1 giugno 2006, in causa C-207/95. Ne consegue che, nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate proceda a rettifica del reddito imponibile ai fini del recupero, non deve emettere l’avviso di accertamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 (Cfr. Cass. V, n. 8198/2012). Altresì, è stato affermato che in tema di recupero di aiuti di Stato D.L. n. 10 del 2007 ex art. 1, conv., con modif., dalla L. n. 46 del 2007, trova applicazione la procedura di autoliquidazione di cui la L. n. 62 del 2005, art. 27, richiamato del citato art. 1, ai soli fini della quantificazione delle imposte da restituire, alla quale segue l’ingiunzione di pagamento e, nel caso di mancato versamento delle relative somme, l’iscrizione a ruolo D.Lgs. n. 112 del 1999 ex art. 17, comma 1, richiamato dal medesimo art. 27, ne consegue che l’anno di riferimento per il computo dell’aggio, nel caso di riscossione coattiva, va determinato in considerazione del sorgere dell'”entrata” oggetto di autoliquidazione, che il beneficiario doveva autoliquidarsi a seguito della vigenza della L. n. 62 del 2005, e non con riferimento del sorgere originario dell’imposta oggetto della “moratoria fiscale”, che, invece, individua solo il criterio di quantificazione (Cfr. Cass. V, 24536/2017). Trattasi quindi di disciplina speciale, di natura extrafiscale, sottratta alle regole ed ai principi generali del diritto tributario. Le perdite conseguite negli anni precedenti al quinquennio non potevano comunque – per espressa previsione – essere portate a deduzione, nè – più radicalmente – la disposizione consentiva l’emersione di perdite da portare in deduzione, mirando esclusivamente al manifestarsi dell’eventuale aiuto di Stato conseguito nel momento della trasformazione in spa delle ex municipalizzate e, in ogni caso, tra il 1997 ed il 1999.

Il motivo è dunque fondato e merita accoglimento.

2. Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e della L. n. 241 del 1990, art. 3, nella sostanza lamentando che la CTR abbia richiesto una motivazione in ipotesi di controllo automatizzato con liquidazione conseguente, ove la motivazione è insita nell’avviso di irregolarità. Correttamente l’Ufficio ha rilevato la presenza di perdite in deduzione oltre il quinquennio, peraltro esposte in occasione di dichiarazione “speciale” ed ha proceduto con l’usuale forma propria della verifica automatizzata, senza quindi bisogno di motivazione ulteriore.

Il motivo è fondato e merita accoglimento.

3. Con il terzo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, lamentando che la CTR abbia annullato la cartella per ritenere applicabili i disposti dello Statuto del contribuente anche ai procedimenti automatizzati D.P.R. n. 600 del 1973 ex art. 36 bis. La disciplina disegnata dallo Statuto del contribuente è plasmata sul paradigma pvc-avviso di accertamento, indicando gli adempimenti a carco dell’Ufficio, i termini dilatori a difesa ed i momenti di intervento del contribuente, ma non trova generale applicazione (specialmente per i profili che interessano la fattispecie in esame) nei casi di verifica automatica della dichiarazione dei redditi, ove altre sono le forme dell’azione amministrativa (cfr., da ultimo, Cass. V, n. 33344/2019), per contro i riferimenti di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, si applica nelle verifiche effettuate presso i locali dell’azienda.

Il motivo è fondato e merita accoglimento.

In conclusione il ricorso è fondato e, non residuando ulteriori accertamenti in merito, il giudizio può essere definito con il rigetto del ricorso originario della contribuente.

La complessità della materia e l’assenza di un precedente specifico giustificano l’integrale compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa integralmente fra le parti le spese dei gradi del giudizio.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

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