Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24618 del 22/11/2011
Cassazione civile sez. lav., 22/11/2011, (ud. 20/10/2011, dep. 22/11/2011), n.24618
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –
Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 29094/2007 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso
lo studio dell’avvocato FIORILLO Luigi, rappresentata e difesa
dall’Avvocato MASCHERONI EMILIO, giusta delega in atti;
– ricorrente –
e contro
F.S.;
– intimato –
e sul ricorso 30789/2007 proposto da:
F.S. domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato GENNARO PAOLO ROBERTO, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
POSTE ITALIANE S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 727/2007 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,
depositata il 13/07/2007 R.G.N. 424/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/10/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;
udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI per delega MASCHERONI EMILIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 727/07 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della decisione del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda del lavoratore, dichiarava la nullità del termine applicato da Poste Italiane S.p.A. al contratto di lavoro stipulato con F.S. per il periodo 1.3.2000 – 30.6.2000 e la conversione del rapporto in quello a tempo indeterminato, con condanna della società a pagare al dipendente le retribuzioni maturate dalla data della messa in mora, ravvisata nel tentativo obbligatorio di conciliazione promosso ex art. 410 c.p.c..
La Corte territoriale, esclusa l’eccepita risoluzione del contratto per mutuo consenso in quanto dalla mera inerzia del lavoratore prima di agire in giudizio non poteva desumersi una sua rinuncia alla prosecuzione del rapporto di lavoro, accertava che l’apposizione del termine al contratto di lavoro era stata giustificata dalla datrice di lavoro con il richiamo alla disciplina legale e all’art. 8 CCNL 26.11.1994, nonchè al successivo accordo integrativo del 25.9.97, in particolare per far fronte alle esigenze di carattere straordinario conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane. La Corte d’Appello, rilevato che le assunzioni a tempo determinato erano legittimate dalla contrattazione collettiva solo fino al 30.4.1998, data di scadenza della proroga per l’esercizio della facoltà, per l’azienda, di procedere ad assunzioni a termine per sopperire alle dette esigenze, e che – invece – nella specie il contratto di lavoro era stato stipulato successivamente a quella data, aveva statuito che il termine risultava illegittimamente apposto.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. affidandosi ad otto motivi (sebbene nella numerazione del ricorso ne siano erroneamente indicati sette), poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..
Resiste con controricorso il F., che a sua volta spiega ricorso incidentale per mancata motivazione della compensazione delle spese di lite disposta dalla Corte d’Appello.
Il Collegio ha deliberato la motivazione in forma semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente riuniti i ricorsi, deve darsi atto che, nelle more, il 27.2.09 è intervenuta fra le parti conciliazione in sede sindacale della lite.
L’accordo comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo.
Alla cessazione della materia del contendere consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. – compreso quello ad impugnare – deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale va valutato l’interesse ad agire (Cass. S.u. 29.11.06 n. 25278).
Le spese del presente giudizio si liquidano per intero, considerato il tenore della conciliazione.
P.Q.M.
LA CORTE riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Spese compensate.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2011