Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24616 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 02/10/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 02/10/2019), n.24616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 261/2014 proposto da:

LE TORRI COSTRUZIONI S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLA PISANA 13, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA D’AMICO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO CAPPELLANI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE

DE ROSE;

– controricorrenti –

e contro

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A., (già SERIT SICILIA S.P.A.);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1424/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 19/12/2012 r.g.n. 1256/2006.

Fatto

RILEVATO

Che:

con ricorso del 30.5.2005 la società Le Torri Costruzioni s.r.l. propose opposizione innanzi al Tribunale di Catania avverso l’iscrizione a ruolo dei crediti di cui alla cartella esattoriale notificatale per conto dell’Inps in data 27.4.2005 con la quale le era stato intimato il pagamento della somma complessiva di Euro 102.096,23 per contributi omessi e somme aggiuntive, relativi al periodo 1998 – 2003;

costituitosi il contraddittorio, il giudice adito accolse l’opposizione e dichiarò l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo, con conseguente annullamento della cartella esattoriale opposta;

con un altro ricorso dell’11.6.2004 la società Le Torri Costruzioni s.r.l. impugnò l’accertamento ispettivo dell’Inps col quale le era stato richiesto il pagamento della somma di Euro 93.159,00 per aver assoggettato a contribuzione un imponibile inferiore a quello previsto dal D.L. n. 244 del 1995, art. 29, convertito nella L. n. 341 del 1995;

nella contumacia dell’Inps, il giudice adito rigettò tale ricorso;

proposta impugnazione, sia dalla società avverso quest’ultima decisione di rigetto del suo ricorso, sia dall’Inps avverso la sentenza di accoglimento dell’opposizione, la Corte d’appello di Catania, riuniti entrambi i ricorsi d’appello, ha rigettato l’opposizione proposta da Le Torri Costruzioni s.r.l. avverso l’iscrizione a ruolo dei crediti di cui alla cartella esattoriale notificata il 27.4.2005, nonchè l’appello proposto dalla stessa società, condannandola al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio;

la Corte territoriale ha spiegato che la società non aveva fornito la prova della sussistenza di assenze del personale dipendente che avrebbero potuto giustificare la deroga al principio dell’imponibile virtuale;

per la cassazione della sentenza ricorre la società Le Torri Costruzioni s.r.l. con tre motivi, illustrati da memoria;

resiste con controricorso l’Inps, anche in rappresentanza della società di cartolarizzazione dei crediti (S.C.C.I.) S.p.A., mentre rimane solo intimata la società Riscossione Sicilia s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. col primo motivo la ricorrente si duole della violazione ed errata applicazione degli artt. 274 e 416 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, censurando la decisione con la quale la Corte territoriale ha disposto la riunione dei due diversi procedimenti pendenti tra le stesse parti, in sede di udienza di discussione, senza la previa audizione delle parti, nonchè la decisione con la quale la stessa Corte ha accolto l’appello dell’Inps sulla base di elementi probatori raccolti in altro e diverso giudizio, senza nemmeno considerare che l’Inps si era costituito tardivamente nel giudizio di primo grado relativo alla causa di opposizione a cartella esattoriale e che era rimasto contumace nell’altro giudizio di prime cure relativo alla causa di opposizione al verbale di accertamento, decadendo, in entrambi i giudizi, dalla facoltà di sollevare eccezioni non rilevabili d’ufficio, di indicare i mezzi di prova e di produrre documenti;

2. col secondo motivo la ricorrente deduce la violazione ed errata applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dolendosi del fatto che la Corte di merito ha deciso il motivo d’appello concernente la prescrizione dei crediti vantati dall’Inps basandosi su un documento (il verbale di accertamento notificato l’8.10.2003) che tale istituto non aveva mai prodotto e che nemmeno poteva trovare ingresso nel giudizio in quanto l’istituto di previdenza si era costituito tardivamente nella causa relativa all’opposizione alla cartella esattoriale, mentre non si era nemmeno costituito in quella di opposizione al verbale di accertamento;

3. col terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e l’errata applicazione dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dolendosi del fatto che la Corte territoriale ha deciso il motivo d’appello inerente il mancato assolvimento dell’onere della prova dei crediti vantati dall’Inps, attraverso la cartella esattoriale ed il verbale di accertamento opposti, basandosi sul verbale di accertamento notificato l’8.10.2003 che l’Inps non aveva mai prodotto in giudizio e che non poteva, comunque, trovare ingresso nel processo, dal momento che l’istituto di previdenza si era costituito tardivamente nella causa di opposizione a cartella esattoriale, mentre non si era affatto costituito in quella di opposizione al verbale di accertamento;

4. i tre motivi appena riassunti, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati;

anzitutto, per quel che concerne la contestata ordinanza di riunione dei processi in appello, si osserva che la relativa doglianza è infondata per la semplice ragione che quello censurato è un provvedimento tipicamente ordinatorio non contraddistinto dal carattere della definitività, essendo funzionale alla economia processuale, e che, pertanto, non è ricorribile in cassazione;

5. egualmente infondato è il rilievo concernente l’utilizzo, ai fini dell’accoglimento dell’appello dell’Inps avverso la sentenza che aveva deciso sull’opposizione a cartella esattoriale, del materiale probatorio raccolto in altro giudizio, posto che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, il giudice di merito può utilizzare per la formazione del proprio convincimento anche le prove raccolte in un diverso processo tra le parti o altre parti, sempre che siano acquisite al giudizio della cui cognizione è investito, poichè a rilevare è l’effettiva esplicazione del contraddittorio nel processo nel quale la prova viene utilizzata (v. in tal senso Cass. Sez. 3, n. 11555 del 14.5.2013);

al riguardo si è, infatti, precisato (Cass. Sez. 3, n. 840 del 20.1.2015) che “Il giudice civile, in assenza di divieti di legge, può formare il proprio convincimento anche in base a prove atipiche come quelle raccolte in un altro giudizio tra le stesse o tra altre parti, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione, fornendo adeguata motivazione della relativa utilizzazione, senza che rilevi la divergenza delle regole, proprie di quel procedimento, relative all’ammissione e all’assunzione della prova”;

6. è, altresì, infondata la doglianza riflettente il mancato accoglimento del motivo riguardante la questione della interruzione della prescrizione, interruzione contestata in quanto riferita a documento non prodotto dalla parte interessata, che sarebbe oltretutto decaduta dalla possibilità di produrlo;

invero, come questa Corte ha avuto già modo di statuire (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 14755 del 7.6.2018), “L’eccezione di interruzione della prescrizione, diversamente da quella di prescrizione, si configura come eccezione in senso lato sicchè può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice, in qualsiasi stato e grado del processo, purchè sulla base delle allegazioni e di prove ritualmente acquisite o acquisibili al processo e quindi, nelle controversie soggette al rito del lavoro, anche all’esito dell’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio di cui all’art. 421 c.p.c., comma 2, legittimamente esercitabili dal giudice, tenuto all’accertamento della verità dei fatti rilevanti ai fini della decisione, ancor più nelle controversie in cui, venendo in considerazione la scissione oggettiva tra ente impositore e concessionario della riscossione, può rilevare l’acquisizione da quest’ultimo di ogni documento relativo ad atti della procedura di riscossione da cui derivino conseguenze di rilievo nei rapporti tra creditore e debitore, con il solo limite dell’avvenuta allegazione dei fatti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva dichiarato prescritto il credito per contributi previdenziali ritenendo di non poter utilizzare, a fini probatori dell’intervenuta interruzione della prescrizione, la relata di notifica della cartella esattoriale, che aveva preceduto la notifica dell’intimazione di pagamento, in ragione della tardiva costituzione del concessionario nel giudizio di primo grado)”;

7. quanto al motivo che investe la questione dell’onere probatorio si osserva che la Corte territoriale, con motivazione congrua ed esente da rilievi di legittimità, ha correttamente rilevato che le contestazioni rivolte nei confronti della società riguardavano la mancata osservazione del minimale contributivo ed il fatto di non aver sottoposto a contribuzione una specifica voce indennitaria, cioè l’indennità territoriale, e che tali contestazioni potevano evincersi dal semplice esame delle scritture contabili aziendali, per cui l’Inps non aveva alcun ulteriore onere probatorio da assolvere, atteso che le omissioni contestate emergevano già dall’accertamento ispettivo; la stessa Corte ha poi aggiunto cheiper quel che concerneva la questione della dimostrazione della causa delle assenze dei lavoratori della società ricorrente ai fini dell’esclusione dell’obbligo contributivo previsto dal D.L. n. 244 del 1995, art. 29, spettava alla società, a fronte degli esiti degli accertamenti ispettivi, fornire la prova della sussistenza delle assenze che potevano giustificare l’invocata deroga al principio dell’imponibile virtuale; tale decisione è corretta in quanto avendo la società invocato fatti modificativi dell’osservanza del previsto obbligo del minimale contributivo, incombeva sulla medesima l’onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni atte a giustificare una siffatta deroga;

8. a quest’ultimo riguardo si è, infatti, statuito (Cass. Sez. Lav. n. 22314 del 3.11.2016) che “In tema di contributi nel settore edile, ove l’Inps pretenda da un’impresa differenze contributive sulla retribuzione virtuale, ai sensi del D.L. n. 244 del 1995, art. 29, conv. dalla L. n. 341 del 1995, il relativo onere probatorio è assolto mediante l’indicazione, non contestata, dell’attività edile espletata, in uno all’invocazione della suddetta norma, mentre costituisce onere del datore di lavoro allegare, e provare, le ipotesi eccettuative dell’obbligo contributivo previste dalla contrattazione collettiva cui rimanda il D.M. previsto, a tal fine, dal medesimo art. 29”;

9. sono, invece, inammissibili le censure attraverso le quali le stesse questioni di cui ai precedenti tre motivi vengono genericamente prospettate sotto l’aspetto del vizio di motivazione, anche in considerazione del fatto che con la sentenza n. 8053 del 7/4/2014 le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Quindi, nel sistema l’intervento di modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, comporta un’ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, del controllo sulla motivazione di fatto. Invero, si è affermato (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053) essersi avuta, con la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in questa sede è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Ma è evidente che nella specie la valutazione del materiale probatorio e degli esiti dell’istruttoria operata dalla Corte di merito non è affetta da alcuna di queste ultime anomalie, avendo il giudice d’appello espresso in modo chiaro e comprensibile i motivi a sostegno del suo convincimento, così come già spiegato nel corso della disamina dei suddetti motivi del presente ricorso;

10. in definitiva il ricorso va rigettato; le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo; non va adottata alcuna statuizione in ordine alle spese nei confronti della società Sicilia Riscossione s.p.a. che è rimasta solo intimata; ricorrono i presupposti per la condanna della soccombente al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese nella misura di Euro 9.200,00, di cui Euro 9.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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