Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24614 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 04/11/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 04/11/2020), n.24614

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12628-2015 proposto da:

O.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BORSIERI 3, presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CORAPI, rappresentata e difesa

dall’avvocato RENATO SIMONE;

– ricorrente – principale –

contro

REGIONE ABRUZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n.

12;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

contro

O.P.;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

avverso, la sentenza n. 923/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 06/11/2014 R.G.N. 161/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2020 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE.

 

Fatto

RILEVATO

1. la Corte di Appello di L’Aquila, con ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da O.P., Avvocato in servizio presso l’Avvocatura della Regione Abruzzo nella posizione giuridica D3, in qualità di funzionario esperto avvocato, nei confronti della Regione, domanda volta alla condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni assunti come conseguiti al non corretto svolgimento delle procedure di assegnazione di incarichi dirigenziali temporanei;

2. la Corte territoriale ha indicato in apertura l’oggetto del giudizio e l’esito del giudizio di primo grado, le censure formulate dalla odierna ricorrente nell’atto di appello; ha rilevato che dette censure avevano ad oggetto l’obbligo di motivazione in ordine alla scelta dei candidati e di comparazione tra i medesimi, la ammissibilità delle prove testimoniali e la loro valutazione, la congruità e la ragionevolezza dell’unico criterio di selezione correlato all’appartenenza al Servizio nel quale doveva essere conferito l’incarico, la mancata utilizzazione di detto criterio per tutti i concorrenti, l’irrilevanza delle dichiarazioni della Regione sulle note valutative negative, la statuizione di rigetto della domanda per mancata prova sulle chance; ha evidenziato che la ricorrente aveva concluso per l’accoglimento della domanda; ha richiamato le censure formulate nell’appello incidentale condizionato della Regione (reiterazione delle eccezioni di difetto di giurisdizione e di prescrizione) e le conclusioni assunte;

3. la Corte territoriale, a sostegno del “decisum”, precisato che le sei procedure dedotte in giudizio, indette tutte il 10 maggio 2007, avevano previsto in modo specifico per ogni posizione da conferire le competenze richieste, ha sviluppato le argomentazioni motivazionali che seguono:

4. delle sei procedure per l’attribuzione di incarichi dirigenziali, due (incarico di dirigenza nel Servizio Sviluppo della Direzione Attività Produttive; incarico di dirigenza nella posizione di staff della struttura di supporto all’Avvocatura Regionale) non erano state “portate a termine per ragioni di ordine pubblico”;

5. dall’esame degli atti risultava dimostrato che la comparazione vi era stata, che all’esito di essa erano stati scelti i candidati che attraverso i “curricula” avevano dimostrato di avere competenza nel settore relativo all’incarico da conferire in conformità con la D.G.R. 1 dicembre 1999, n. 2550 che, nel definire i criteri per il conferimento di incarichi dirigenziali da attribuire con contratto di lavoro a tempo determinato, aveva stabilito che tale conferimento doveva avvenire sulla base dei “curricula” professionali valutati alla stregua della capacità professionale adeguata alla natura ed alle caratteristiche dei programmi da realizzare, dell’attitudine a realizzare gli obiettivi posti dall’organo di direzione politica e ad assumere in proprio decisioni e responsabilità e ai risultati conseguiti nell’espletamento degli incarichi conferiti in precedenza;

6. la valorizzazione effettuata dalla Regione si riferiva alla competenza maturata nello specifico settore al quale si riferiva l’incarico e non, come dedotto dalla O., all’appartenenza al servizio al quale si riferiva l’incarico;

7. risultava dimostrato, quanto agli incarichi attribuiti alle candidate G. e V. e agli incarichi relativi al Servizio vigilanza e controllo qualità dei servizi sociali e al Servizio demanio e patrimonio immobiliare, che erano stati privilegiati concorrenti che possedevano le competenze appropriate in relazione agli incarichi da attribuire;

8. i provvedimenti concernenti le note negative, i rilievi disciplinari, la revoca di un precedente incarico richiamati dalla Regione con riguardo alla O. per affermare l’insussistenza di attitudini poco spiccate per l’assunzione di incarichi dirigenziali in posizione di staff, pur successivi alla indizione delle prove attestavano situazioni verificatesi in precedenza;

9. la domanda risarcitoria non poteva essere accolta in quanto non era ravvisabile alcuna irragionevolezza nel conferimento degli incarichi dedotti in giudizio, nè la violazione dei principi di correttezza, di buona fede, di buon andamento della Pubblica Amministrazione;

10. avverso questa sentenza O.P. ha proposto ricorso per cassazione affidato a dodici motivi, al quale ha resistito con controricorso la Regione Abruzzo la quale ha anche proposto ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo e ha riproposto l’eccezione di prescrizione formulata in primo grado; la O. a sua volta ha resistito al controricorso incidentale condizionato e ha depositato memoria;

11. il ricorso era stato avviato alla trattazione in camera di consiglio per l’Adunanza del 9.4.2020 e, successivamente alla soppressione dell’Adunanza Camerale, disposta ai sensi del D.L. 8 marzo 2020, n. 11, art. 1, comma 1 il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di Consiglio per l’odierna Adunanza.

Diritto

CONSIDERATO

sintesi dei motivi del ricorso principale la ricorrente denuncia:

12. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4:

13. nullità della sentenza ed assoluta carenza di motivazione ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4 per apparenza della motivazione in ordine alla affermata esistenza di “ragioni di ordine pubblico” giustificanti la revoca di due delle procedure selettive (primo motivo); nullità della sentenza in relazione all’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria correlata alle procedure revocate (quarto motivo); nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 3 per omessa trascrizione delle conclusioni (quinto motivo); nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4 per assoluta carenza di motivazione in ordine alla questione relativa al dovere di comparazione e per mancato esame della prima parte del’atto di appello in ordine all’adempimento dei doveri di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. e all’art. 97 Cost. (settimo motivo); violazione delle norme del procedimento ai sensi dell’art. 112 e/o dell’art. 437 c.p.c. ed errata interpretazione del motivo di appello II parte pgg 17-33 incentrato sulla mancata uniforme applicazione da parte della Regione del criterio dell’esperienza maturata nello specifico ambito cui si riferiva l’incarico e valorizzazione da parte della Regione del solo criterio dell’esperienza maturata nel settore (ottavo motivo); violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., “error in procedendo”, per indebito ampliamento del devoluto per avvenuta riesumazione della questione relativa a “le note negative, i rilievi disciplinari e la revoca di un precedente incarico…” (nono motivo); violazione delle norme del procedimento, in particolare dell’art. 112 c.p.c. e/o dell’art. 437 c.p.c. per omessa motivazione sul III motivo di appello e sul II motivo di appello (pgg 1117) concernente la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva rigettato la domanda risarcitoria per mancanza di prova (dodicesimo motivo);

ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3:

14. violazione e falsa applicazione degli artt. 1372,1324,1989,1990,1375 e 1175 c.c. per l’implicita affermazione della revocabilità delle procedure selettive (secondo motivo); violazione dei principi generali sull’onere della prova per mancato richiamo degli elementi probatori in ordine alla affermata sussistenza dell’interesse pubblico legittimante la revoca di due delle sei procedure selettive (terzo motivo); insostenibilità delle argomentazioni addotte dalla Regione e convalidate dalla Corte territoriale sulla regolarità e correttezza delle procedure selettive nella parte in cui quest’ultima aveva affermato che vi era stata la valutazione dei “curricula” e la comparazione delle posizioni dei candidati e che il criterio preponderante era quello dell’esperienza specifica nel settore di appartenenza dei soggetti ai quali gli incarichi erano stati attribuiti (sesto motivo); violazione degli artt. 1175,1218,1375, e 2697 c.c. e degli artt. 15 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale fatto ricadere su essa ricorrente e non sulla datrice di lavoro le conseguenze del fatto incerto costituito dalla eventualità che le note negative avessero influito sulla decisione della Regione di non attribuire ad essa ricorrente nessuno degli incarichi dirigenziali di cui alle quattro procedure concorsuali espletate e non revocate (decimo motivo);

ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5:

15. omesso esame del fatto decisivo per il giudizio costituito dalla fraudolenza della manovra con la quale, per giustificare la revoca della procedura attinente al Servizio Industria, l’ing. D.M. era stato spostato, a tempo scaduto, con il ricorso alla procedura di mobilità volontaria dalla ASL di Avezzano alla Regione senza venire assegnato al Servizio Industria (primo motivo); omesso esame del fatto decisivo costituito dal mancato esame della prima parte dell’appello riguardante il dovere di comparazione (settimo motivo); omesso esame del fatto decisivo costituito dalla circostanza che le note negative valutative, disciplinari e di revoca di precedente incarico direttivo erano successive allo svolgimento delle procedure selettive (undicesimo motivo);

sintesi del’motivo del ricorso incidentale condizionato.

16. con l’unico motivo la controricorrenteiricorrente in via incidentale denuncia il difetto di giurisdizione del giudice ordinario; precisato che nell’atto di appello aveva riproposto la questione di giurisdizione, assume che la domanda della O. per essere fondata sulla dedotta illegittimità del bando delle selezioni appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo al pari della domanda risarcitoria fondata anch’essa sulla dedotta illegittimità del provvedimento di revoca di due delle sezioni indette;

17. in via preliminare va affermata la tempestività del controricorso contenente ricorso incidentale perchè dalla copia della notifica effettuata a mezzo del servizio postale alla Regione Abruzzo presso l’Avvocatura Generale dello Stato risulta che la procedura notificatoria attivata il 6 maggio 2015 si è conclusa l’11 maggio 2015 e che la notifica del controricorso contenente ricorso incidentale è stata avviata il 19 giugno 2015, nel rispetto del termine imposto dall’art. 370 c.p.c., comma 1; il controricorso risulta poi depositato presso la Cancelleria il 9.7.2015;

esame dei motivi del ricorso principale.

18. la complessità del ricorso, che si sviluppa in 83 pagine, e anche di ciascuno dei numerosi motivi, ciascuno articolato in più profili di doglianza, e la circostanza che le censure sono formulate con prospettazioni difensive che, pur veicolate attraverso i diversi mezzi impugnatori previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, attaccano, sovrapponendosi, le medesime statuizioni e, ad un tempo, l’intera struttura logico argomentativa della sentenza impugnata, suggerisce di raggruppare l’analisi dei motivi in relazione alla tipologia di vizi denunciati;

19. censure formulate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (motivi secondo, terzo, sesto e decimo);

20. il secondo motivo, che imputa alla Corte territoriale la violazione e falsa applicazione degli artt. 1372,1324,1989,1990,1375 e 1175 c.c. per l’implicita affermazione della revocabilità delle procedure selettive, è infondato;

21. la giurisprudenza di questa Corte ritiene che, anche nel pubblico impiego privatizzato, il bando di concorso va configurato come un’offerta al pubblico, ai sensi dell’art. 1336 c.c., la quale è revocabile solo finchè non sia intervenuta l’accettazione da parte degli interessati, tanto nell’ipotesi del reclutamento di nuovo personale (Cass. Sez. Un. 23327/2009; Cass. n. 12368/2020, Cass. n. 12679/2016), che per il caso della copertura di posti di una determinata qualifica dell’organico attraverso il sistema del concorso interno (Cass. n. 1267/2016; Cass. n. 28067/2011, Cass. n. 25045/2011, Cass. n. 14478/2009); al bando è stata riconosciuta duplice natura giuridica: quella di provvedimento amministrativo, nella parte in cui concreta un atto del procedimento di evidenza pubblica di cui regola il successivo svolgimento; quella di atto negoziale per gli aspetti sostanziali, in ragione della proposta di assunzione condizionata negli effetti all’espletamento della procedura concorsuale ed all’approvazione della graduatoria (Cass. n. Cass. n. 30235/2019, Cass. n. Cass. n. 12679/2016, Cass. n. 23327/2009, Cass. n. 13999/2009); sul piano generale costituisce “jus receptum” che anche per il pubblico impiego privatizzato, l’espletamento della procedura concorsuale, con la compilazione della graduatoria finale e la sua approvazione, fa nascere nel candidato utilmente collocato il diritto soggettivo all’assunzione secondo le modalità fissate dal bando di concorso (Cass. 12679/2016); tuttavia, ove successivamente all’emanazione del bando e prima della conclusione delle operazioni concorsuali, sia cambiato il quadro normativo o organizzativo nel cui ambito il bando stesso era intervenuto, in base alla consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte, anche per i vincitori di concorsi e/o selezioni, la procedura concorsuale può essere interrotta o revocata perchè il diritto ad assumere l’inquadramento previsto dal bando di concorso, espletato dalla PA per il reclutamento dei propri dipendenti, è subordinato alla permanenza, al momento dell’adozione del provvedimento di nomina, dell’assetto organizzativo degli uffici in forza del quale il bando era stato emesso (Cass. n. 12368/2020, Cass. n. 12679/2016);

22. in questi casi resta salvo che la legittimità del comportamento dell’Amministrazione è sindacabile, in concreto, dal giudice ordinario sia sotto il profilo delle norme regolamentari e delle disposizioni collettive, sia sotto il profilo dell’osservanza del principio generale di correttezza di cui all’art. 1175 c.c. (Cass. Sez. Un. 21671/2013; Cass. 12679/2016), ma l’adempimento dell’obbligo di assunzione nei limiti fissati dal nuovo assetto organizzativo non ne impone la valutazione alla luce dei principi di buona fede e di correttezza, i quali non operano come fonti autonome ed ulteriori di diritti se non nei limiti della previsione contrattuale (Cass. Sez. Un. 16728/2012; Cass. 12679/2016, Cass. Cass. n. 1403/2014, Cass. n. 15039/2007, Cass. n. 9384/2006);

23. i principi sopra richiamati, condivisi dal Collegio, sono conformi al precetto dell’art. 97 Cost., per il quale la Pubblica Amministrazione nell’organizzare i suoi uffici è tenuta a conformare la propria azione ai principi di imparzialità, efficienza e legalità (Corte Cost. n. 75 del 2000, Corte Cost. nn. 1 e 205 del 2006);

24. i predetti principi sono stati affermati anche dal giudice amministrativo che ha affermato che la revoca rientra nei normali ed ampi poteri discrezionali della pubblica amministrazione datrice di lavoro, che, fino a quando non sia intervenuta la nomina dei vincitori, può provvedere in tal senso quando, per sopravvenute nuove esigenze organizzative o per il mutamento della situazione di fatto o di diritto, e quindi per sopravvenute ragioni di interesse pubblico, non si rende più necessaria la copertura del posto messo a concorso (Cons. Stato, n. 522/2019, Cons. Stato, n. 2838/2013, Cons. Stato, n. 1632/2001, Cons. Giust. Reg. Sicilia n. 178/2020) ed ha precisato che non è richiesta una motivazione particolarmente dettagliata che riscontri anche eventuali contrastanti interessi privati;

25. il terzo motivo, che imputa alla Corte territoriale la violazione dei principi generali sull’onere della prova per il mancato richiamo degli elementi probatori in ordine alla affermata sussistenza dell’interesse pubblico legittimante la revoca di due delle sei procedure selettive, è inammissibile in quanto, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione delle regole sul riparto dell’onere. probatorio, la ricorrente sollecita una nuova lettura del materiale istruttorio relativo alla sussistenza dell’interesse pubblico legittimante la revoca, lettura inammissibile in sede di legittimità (Cass. Sez. Un. 24148/2013, n. 8054/2014; Cass. n. 1541/2016, Cass. n. 15208/2014, Cass. n. 24148/2013, Cass. n. 21485/2011, Cass. n. 9043/2011, 20731/200, Cass. n. 3436/2005, Cass. n. 8718/2005);

26. il sesto motivo, che addebita alla Corte territoriale di avere ritenuto regolari e corrette le valutazioni dei candidati, presenta profili di infondatezza e di inammissibilità;

27. il motivo è infondato perchè non si confronta con la “ratio” che sorregge la decisione impugnata, nella quale risulta affermato che gli incarichi erano stati attribuiti ai candidati in conformità ai criteri valutativi di cui alla deliberazione n. 2250 del 1 dicembre 1999 (capacità professionale adeguata alla natura ed alle caratteristiche dei programmi da realizzare oltrechè dall’attitudine a realizzare gli obiettivi posti dall’organo di direzione politica e ad assumere in proprio decisioni e responsabilità ed ai risultati conseguiti nell’espletamento degli incarichi conferiti in precedenza) e che tutti gli incarichi erano stati attribuiti, all’esito della comparazione, ai dipendenti aventi competenze appropriate; la Corte territoriale ha spiegato che la Regione nella comparazione dei curricula aveva valorizzato il criterio della competenza riferita al settore, conclusione questa tratta all’esito dell’esame delle varie posizioni;

28. il motivo è inammissibile nella parte in cui, attraverso il mero richiamo ai criteri valutativi di cui alla L.R. Abruzzo, art. 22 sulla comparazione dei requisiti culturali, professionali e attitudinali mira a mettere in discussione l’accertamento di fatto operato dalla Corte territoriale, oltre tutto attraverso il richiamo a documenti (bandi, D.G.R. n. 2550 del 1999) il cui contenuto, in violazione degli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4 non è stato riprodotto nel ricorso nelle parti salienti e rilevanti e sulla scorta dell’affermazione che essa ricorrente possedeva maggiore esperienza professionale di altri candidati, i cui curricula non risultano riprodotti nel ricorso, nelle parti essenziali, non sono allegati al ricorso stesso e non ne è stata specificata la sede di, produzione processuale (Cass. Sez. Un. nn. 23552, 23553 del 2019, Cass. Sez. Un. 8077/2012; Cass. n. 12368/2020, Cass. n. 5696/2018, Cass. n. 24883/2017, Cass. n. 13713/2015, Cass. n. 19157/2012, Cass. n. 6937/2010);

29. il decimo motivo, che denuncia la violazione degli artt. 1175,1218,1375, e 2697 c.c. e degli artt. 15 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale fatto ricadere su essa ricorrente e non sulla datrice di lavoro le conseguenze del fatto incerto costituito dalla eventualità che le note negative avessero influito sulla decisione della Regione di non attribuire ad essa ricorrente nessuno degli incarichi dirigenziali di cui alle quattro procedure concorsuali espletate e non revocate, è inammissibile;

30. la statuizione di rigetto della domanda della odierna ricorrente si fonda su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico: la Corte territoriale ha affermato che dall’esame degli atti risultava che la P.A. aveva effettuato la comparazione tra i candidati e che all’esito della comparazione erano stati prescelti i candidati che attraverso i “curricula” avevano dimostrato di avere le capacità professionali adeguate alla natura ed alle caratteristiche dei programmi da realizzare e ai risultati conseguiti nell’espletamento degli incarichi conferiti in precedenza, e di possedere l’attitudine a realizzare gli obiettivi posti dall’organo di direzione politica e ad assumere in proprio decisioni e responsabilità; la Corte territoriale ha anche ritenuto che le note negative, i rilievi disciplinari,la revoca di un precedente incarico, indicati dalla regione, attestavano che la O. avesse attitudini poco spiccate per l’assunzione degli incarichi di dirigenza di Uffici di staff;

31. ebbene, la affermata infondatezza delle censure formulate nei confronti della prima delle “rationes decidendi” (cfr. punto n. 27 di questa ordinanza) rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative all’altra ragione esplicitamente fatta oggetto di doglianza nel motivo in esame, in quanto esse non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. n. 33399/2019, Cass. n. 11493/2018, Cass. n. 9752/2017);

32. censure formulate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione dell’art. 132 c.p.c. (motivi primo, quinto, settimo);

33. secondo i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. 8053/2014) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; è, pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione;

34. in continuità con i principi innanzi richiamati, condivisi dal Collegio, deve ribadirsi che il difetto del requisito di cui all’art. 132 c.p.c. si configura solo qualora la motivazione o manchi del tutto, nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione, ovvero esista formalmente come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del “decisum”;

35. deve essere anche ribadito il principio (Cass. Sez. Un. 8054/2014) secondo cui resta estranea al vizio di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c. la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle “quaestiones fatti”, la quale implichi un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito;

36. i principi innanzi richiamati trovano applicazione anche nei casi, quale quello in esame, in cui la decisione impugnata sia stata adottata ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c. (Cass. n. 10505/2017; Cass. n. 12203/2015); l’adozione del modello “semplificato” di decisione, di cui all’art. 281 sexies c.p.c., non esonera, infatti, il giudice dall’obbligo di fornire alle parti una motivazione che consenta di ricostruire, sia pur sinteticamente, i fatti di causa ed offra alla fattispecie concretamente esaminata una soluzione corretta sul piano logico-giuridico, con la precisazione che nella sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. è superflua l’esposizione dello svolgimento del processo e delle conclusioni (Cass.7268/2012);

37. la decisione impugnata non presenta i vizi strutturali denunciati nei motivi primo, quinto e settimo, che vanno rigettati perchè infondati;

38. come già evidenziato nei punti da 2 a 9 di questa ordinanza, la Corte territoriale: ha individuato il “petitum” e la “causa petendi” del ricorso di primo grado, il “decisum” della sentenza di primo grado, le censure formulate nell’atto di appello principale, ha riportato le conclusioni ivi formulate, e quelle formulate dall’appellante incidentale; ha esposto in maniera chiara e puntuale le ragioni di rigetto della domanda risarcitoria; ha spiegato che: la mancata conclusione di due delle procedure selettive dedotte in giudizio trovava ragione nella sussistenza di ragioni di ordine pubblico; tutte le procedure avviate avevano specificato le competenze richieste per ciascuno degli incarichi da conferire; l’esame degli atti aveva dimostrato che la comparazione tra i singoli candidati era stata effettuata; dai “curricula” emergeva che i candidati prescelti possedevano i requisiti richiesti e che la valorizzazione effettuata dalla Regione si riferiva alla competenza maturata nello specifico settore al quale si riferiva l’incarico e non all’appartenenza al Servizio; ha esaminato le posizioni delle candidate prescelte G. e all’Avvocato V. ed ha evidenziato che in relazione a queste e a agli altri candidati prescelti erano stati privilegiati coloro che avevano le competenze appropriate;

39. censure formulate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione degli art. 112,437 e 342 c.p.c..

40. sono inammissibili ovvero infondate le censure che addebitano alla sentenza il vizio di violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla illegittimità delle revoche delle procedure selettive non concluse (quarto motivo), dell’art. 112 c.p.c., e art. 437 c.p.c. per erronea interpretazione del motivo di appello, II parte, pgg. 17-33 dell’atto di appello (ottavo motivo) e per omessa pronuncia sul III motivo (pgg. 34-41) e sul II motivo (pgg 1117) dell’atto di appello (dodicesimo motivo), degli artt. 112 e 342 c.p.c. per indebito ampliamento dell’ambito del “devolutum” (nono motivo);

41. il quarto motivo è inammissibile perchè per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione dei caso concreto; ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. n. 24155/2017); nella specie la Corte territoriale ha rigettato l’appello nella sua interezza, ha preso in esame le domande formulate con riguardo alla revoca delle procedure selettive e le ha rigettate sul rilievo che le revoche erano legittime in quanto determinate da ragioni di interesse pubblico (cfr. anche infra p. nn 44 e 45 di questa ordinanza);

42. l’ottavo motivo è infondato, perchè, diversamente da quanto opina la ricorrente, la Corte territoriale ha esaminato la domanda risarcitoria correlata alle procedure portate a compimento che si erano concluse in senso sfavorevole alla ricorrente e le ha rigettate perchè era emerso dagli atti che vi era stata comparazione tra i candidati e che quelli prescelti possedevano la capacità professionale adeguata alla natura e alle caratteristiche dei programmi da realizzare, alla attitudine a realizzare gli obiettivi posti dall’organo di direzione politica e ad assumere in proprio decisioni e responsabilità, ai risultati conseguiti nell’espletamento di incarichi conferiti in precedenza; la Corte territoriale non ha affatto affermato che l’esperienza nei settori relativi agli incarichi da attribuire fosse stata valutata in modo esclusivo o preponderante rispetto agli altri criteri di valutazione ma ha rilevato che la Regione aveva valorizzato, nella comparazione dei curricula il criterio della competenza riferita al settore e non anche al servizio, conclusione questa tratta all’esito dell’esame delle varie posizioni (cfr. punto n. 29 di questa ordinanza);

43. il nono motivo che, come innanzi evidenziato, imputa alla Corte territoriale, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto è pronunciato per avere “riesumato” la questione delle precedenti valutazioni di essa ricorrente, è infondato perchè fu la stessa ricorrente a sottoporre all’esame del giudice di appello la questione della rilevanza o meno delle pregresse valutazioni, dei procedimenti disciplinari, della revoca degli incarichi pregressi (cfr. ricorso principale pg. 74 -77, sentenza impugnata pg. 2, 3 capoverso, memoria appellante pg.13);

44. il dodicesimo motivo è inammissibile perchè dalla affermata infondatezza dei motivi di appello volti a contrastare la sentenza di primo grado in merito alla legittimità della revoca di due delle procedure selettive e alla legittimità delle operazioni di valutazione dei candidati quanto alle procedure portate a compimento, non poteva che discendere il rigetto delle domande risarcitorie, perchè queste erano state formulate sul presupposto, escluso dalla Corte territoriale, della illegittimità della revoca di due delle procedure e della illegittimità della valutazione dei candidati;

45. al riguardo va ribadito il principio secondo cui ove risulti accertato il difetto di uno qualsiasi degli elementi necessari perchè ad un fatto consegua la responsabilità (patrimoniale) del soggetto che sia stato convenuto in giudizio per il risarcimento, l’indagine sugli ulteriori elementi della fattispecie costitutiva è superflua in quanto il diritto al risarcimento dei danni può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza (condotta, elemento psicologico, danno “ingiusto” e nesso causale) e non anche nei suoi singoli elementi frazionari (Cass. n. 16312/2019, Cass. n. 15389/2019, Cass. n. 21154/2018, Cass. n. 17214/2016, Cass. n. 6749/2012, Cass. n. 27151/2009, Cass. n. 9117/2003, Cass. n. 10039/2002);

46. censure formulate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (motivi primo, settimo e undicesimo);

47. le censure sono inammissibili per ragioni diverse da quelle prospettate nel controricorso incidentale;

48. nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5 (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 20994/2019, Cass. n. 26774/2016; Cass. n. 19001/2016; Cass. n. 5528/2014);

49. dai passaggi motivazionali della sentenza di primo grado, riprodotti per vero in misura ridottissima nel ricorso (pg. 22 ricorso), si ricava che con tale sentenza la domanda di risarcimento azionata con riguardo alle procedure selettive revocate era stata rigettata in ragione della affermata insussistenza di una posizione di diritto soggettivo tutelabile, laddove la Corte territoriale ha rigettato la predetta domanda sul rilievo che la revoca era legittima in quanto sussistevano ragioni di interesse pubblico;

50. pertanto, la censura formulata nel primo motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è estranea al divieto imposto dall’art. 348 ter c.p.c., trattandosi di questione in diritto; nondimeno, essa è inammissibile perchè, al di là del titolo della rubrica, si risolve nella denuncia del vizio di omessa motivazione su fatto controverso (cfr. pagg. 11, 26 e 27 del ricorso), vizio che esorbita dal perimetro del mezzo impugnatorio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo applicabile “ratione temporis”; d’altra parte, le prospettazioni difensive sviluppate si collegano intimamente a quelle formulate con riguardo alla denuncia del vizio di motivazione apparente, censura oggetto di esame nei punti nn. 37 e 38 di questa ordinanza;

51. la censura formulata nel settimo motivo, nella parte in cui imputa alla Corte territoriale di avere omesso di esaminare il fatto decisivo ai fini del giudizio (comparazione) è infondata in quanto il “fatto” concernente la comparazione tra i candidati è stato esaminato dalla Corte territoriale (cfr. punti nn. 5, 27, 38 di questa ordinanza); il motivo è inammissibile nella parte in cui denuncia il vizio di omessa motivazione (cfr. pgg. 40 e 46 del ricorso), perchè, come già osservato, esorbita dal perimetro del mezzo impugnatorio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè in realtà la ricorrente sollecita la rilettura del materiale istruttorio che la Corte territoriale ha effettuato quanto alla avvenuta valutazione dei candidati e anche quanto alla legittimità delle operazioni di valutazione e di comparazione dei candidati, rilettura inammissibile in sede di legittimità (Cass.SSU 24148/2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, 15208/2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007; 181214/2006, 3436/2005, 8718/2005;

52. le censure formulate nell’undicesimo motivo (omesso esame del fatto decisivo costituito dalla circostanza che le note negative valutative, disciplinari e di revoca di precedente incarico direttivo erano successive allo svolgimento delle procedure selettive) sono assorbite dalle considerazioni svolte nei p. nn. 30 e 31 di questa ordinanza;

esame del ricorso incidentale.

53. il ricorso incidentale condizionato, ammissibile per quanto evidenziato nel punto n. 17 di questa ordinanza, resta assorbito dal rigetto del ricorso principale (Cass. n. 2519/2020, Cass. n. 3223/2017);

54. le spese, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza;

55. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

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