Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24612 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 02/10/2019, (ud. 21/02/2019, dep. 02/10/2019), n.24612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2144/2015 proposto da:

INTESA SANPAOLO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LEONE IV 99, presso

lo studio dell’avvocato CARLO FERZI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati CESARE POZZOLI, ANGELO GIUSEPPE CHIELLO;

– ricorrente –

contro

ORGANIZZAZIONE SINDACALE C.U.B. – S.A.L.L.C.A. (SINDACATO

AUTORGANIZZATO DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI DEL CREDITO E

DELLE ASSICURAZIONI), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso

lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIAGRAZIA NAPOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 592/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 15/07/2014 R.G.N. 765/2013.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che con sentenza n. 592/2014, pubblicata il 15 luglio 2014, la Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede, ha dichiarato antisindacale il comportamento posto in essere da Intesa Sanpaolo S.p.A. nei confronti di C.U.B. – S.A.L.L.C.A. (Sindacato Autorganizzato delle Lavoratrici e dei Lavoratori del Credito e delle Assicurazioni) e consistito nel rifiuto di dare esecuzione alle cessioni di parte del credito retributivo di undici dipendenti in favore della organizzazione sindacale;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società, con unico motivo, cui ha resistito il sindacato con controricorso;

rilevato:

che con il motivo proposto viene denunciata la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 28 e dell’art. 12 disp. gen., per avere la Corte di appello ritenuto antisindacale la condotta della società nonostante che – come peraltro era risultato pacifico in causa – essa avesse continuato a dar corso agli ordini di bonifico permanente in precedenza disposti dai lavoratori nei confronti dell’organizzazione sindacale: ciò che avrebbe dovuto far escludere che vi fosse stato nella specie il rifiuto di effettuare il versamento della quota associativa da parte del datore di lavoro, dovendosi, d’altra parte, considerare ammissibile l’impiego di qualunque strumento negoziale che consentisse di realizzare un risultato equivalente alla cessione del credito retributivo;

osservato:

che il motivo è infondato;

– che la sentenza impugnata ha fatto applicazione del consolidato orientamento di cui a Sez. U n. 28269/2005 (conformi, fra le molte: Cass. n. 13250/2006; n. 16186/2006; n. 16383/2006; n. 19275/2008; n. 21368/2008);

– che, in particolare, è stato affermato da questa Corte a Sezioni Unite che il rifiuto ingiustificato del datore di lavoro di eseguire i pagamenti, secondo il tipo negoziale della cessione del credito, “configura un inadempimento che, oltre a rilevare sotto il profilo civilistico, costituisce anche condotta antisindacale, in quanto oggettivamente idonea a limitare l’esercizio dell’attività e dell’iniziativa sindacale”;

– che il carattere antisindacale della condotta sussiste sia dal lato del lavoratore, sotto il profilo della limitazione del diritto a scegliere, e a vedere attuato, lo strumento ritenuto più utile ai fini della partecipazione all’attività sindacale; sia dal lato dell’organizzazione destinataria del contributo associativo, posto che l’effetto del rifiuto è quello di privare i sindacati “della possibilità di percepire con regolarità la fonte primaria di sostentamento per lo svolgimento della loro attività e posti in una situazione di debolezza, non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche delle altre organizzazione sindacali con cui sono in concorrenza” (par. 5.1);

– che la Corte territoriale ha accertato, senza che la motivazione in parte qua abbia formato oggetto di specifica censura, come la cessione di credito e l’ordine di bonifico permanente non siano istituti sovrapponibili (cfr. sentenza impugnata, pp. 6-8);

– che, d’altra parte, se l’esigenza essenziale è – come precisato – quella di assicurare al sindacato una fonte regolare di sostentamento per lo svolgimento della sua attività, non vi è equivalenza funzionale fra di essi, tenuto conto che la cessione di credito opera direttamente sulla retribuzione, e quindi garantisce l’immediata percezione del contributo associativo, mentre l’esecuzione dell’ordine di bonifico dipende dall’esistenza sul conto corrente di adeguata provvista;

ritenuto:

conseguentemente che il ricorso deve essere respinto;

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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