Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24609 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. un., 02/10/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 02/10/2019), n.24609

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27241/2017 proposto da:

BANCA D’ITALIA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NAZIONALE 91, presso

l’Ufficio di Consulenza legale della Banca stessa, rappresentata e

difesa dagli avvocati RUGGERO IPPOLITO e GIUSEPPE NAPOLETANO;

– ricorrente –

contro

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PO 102,

presso lo studio dell’avvocato PIETRO ANELLO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ROSANNA ZUCCATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3822/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 31/07/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/05/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per accoglimento, con

consequenziale riconoscimento della giurisdizione del giudice

ordinario in relazione alla controversia in oggetto;

uditi gli avvocati Giuseppe Napoletano, Ruggero Ippolito, Rosanna

Zuccato e Marcello Macaluso per delega dell’avvocato Pietro Anello.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 31/7/2017 il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, in accoglimento del gravame interposto dal sig. B.M. e in conseguente riforma della pronunzia Tar Lazio 7/4/2016 (declinatoria della giurisdizione in favore del giudice ordinario sull’opposizione da quest’ultimo spiegata avverso il provvedimento della Banca d’Italia del 12/8/2014 di irrogazione D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 145, di sanzione amministrativa pecuniaria per le “irregolarità” indicate “nei rapporti ispettivi redatti in esito agli accertamenti condotti… sulla Banca delle Marche s.p.a. rispettivamente dal 12 novembre 2012 al 3 aprile 2013 e dal 13 marzo 2013 al 6 settembre 2013”), ha dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo sul solo atto regolamentare presupposto, a monte del provvedimento sanzionatorio, rimettendo gli atti al giudice di prime cure per l’esame del merito.

Avverso la suindicata pronunzia del giudice amministrativo d’appello la Banca d’Italia propone ora ricorso ex art. 111 Cost. e art. 362 c.p.c., affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il B..

Con requisitoria scritta del 16/5/2019 il P.G. presso questa Corte ha chiesto l’accoglimento del ricorso, con conseguente declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione degli artt. 102,103,113 Cost., art. 145 TUB, artt. 7,133,134 c.p.a. (nel testo risultante all’esito della sentenza Corte Cost. n. 94 del 2014).

Si duole non essersi dal giudice dell’appello considerato che “l’attività sanzionatoria in materia bancaria” è “attività amministrativa vincolata e non discrezionale”, la “natura della posizione del privato protetta” essendo invero “di pieno diritto soggettivo” la cui lesione deriva direttamente dalla irrogata sanzione, e non già dall'”atto presupposto regolamentare”, il “petitum sostanziale dell’azione avversaria” essendo invero “la caducazione delle sanzioni”.

Lamenta che “quando il B. impugnò dinanzi al Tar i due regolamenti procedimentali, il procedimento amministrativo si era oramai esaurito ed era stato adottato il provvedimento sanzionatorio concretamente incisivo della sua sfera giuridica, con sanzione pecuniaria, vale a dire in misura ben più rilevante della non piena partecipazione procedimentale che egli ha tardivamente lamentato”.

Si duole non essersi considerato come risulti “assolutamente pacifico, nella giurisprudenza in materia di sanzioni amministrative, il principio per il quale la cognizione del giudice della sanzione si estende… sia alla validità sostanziale della pretesa sanzionatoria (cioè alla sussistenza degli elementi, oggettivi e soggettivi, costitutivi dell’illecito), sia alla legittimità della sequenza procedimentale funzionale alla costituzione di detta pretesa”.

Lamenta che “la cognizione demandata al Giudice ordinario sul provvedimento sanzionatorio finale non può che ricomprendere anche le censure afferenti agli atti presupposti, procedimentali o regolamentari, trattandosi di aspetti che incidono unicamente sulla accoglibilità della domanda (ossia sul merito), valutabile esclusivamente dal Giudice fornito di potestas iudicandi, e non già sulla giurisdizione di detto Giudice… Di talchè, accessorium sequitur principale”.

Si duole che, “ritenendo sussistente la giurisdizione amministrativa su atti meramente prodromici e strumentali all’esercizio della potestà sanzionatoria, e quindi presupposti del provvedimento sanzionatorio”, il giudice dell’appello amministrativo “finisce con l’aggirare la sottoposizione di quest’ultimo alla giurisdizione -amministrativa sugli atti presupposti e ordinaria sul provvedimento finale- e dando luogo così da un lato a un’indebita deminutio della giurisdizione ordinaria, e dall’altro al concreto rischio di contrasto di giudicati e, comunque, di conflitto fra gli effetti delle rispettive decisioni”.

Con il 2 motivo denunzia violazione degli artt. 102,103,113 Cost., art. 145 TUB, artt. 7,133,134 c.p.a. (nel testo risultante all’esito della sentenza Corte Cost. n. 94 del 2014), artt. 24,111 Cost..

Si duole non essersi considerato che “il procedimento di cui il Dott. B. lamenta l’illegittimità costituisce… il modus attraverso cui si esplica la potestà punitiva”, e che “non esiste” invero “potestà amministrativa senza procedimento nè, di converso, procedimento amministrativo senza potestà”, il “procedimento” costituendo “la sede necessitata di esplicazione del potere, per il tramite del quale si snoda lo ius puniendi, sfociante nella adozione del provvedimento sanzionatorio ovvero nella sua archiviazione”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.

E’ rimasto nel caso accertato che all’esito di verifiche e controlli effettuati dalla Banca d’Italia nel periodo dal 12/11/2012 al 3/4/2013 e dal 13/3/2013 al 6/9/2013 nei confronti della società Banca Marche s.p.a., sono emerse irregolarità contestate all’odierno controricorrente, nella sua qualità di Direttore Generale della medesima, nei cui confronti è stata quindi con provvedimento del 12/8/2014 D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 145, irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria pari ad Euro 387.730,00.

Il B. ha successivamente domandato al Tar Lazio l’annullamento degli atti presupposti endoprocessuali costituiti:

1) dalla nota prot. n. 753673 del 25/7/2014 recante la “proposta” al Direttorio di applicazione di sanzioni amministrative ex art. 144 T.U.B.;

2) dal parere prot. n. 761724 del 29/7/2014 dell’Avvocato Generale dell’Istituto su detta proposta;

3) dal Provvedimento della Banca d’Italia del 27/6/2011, recante “Disciplina della procedura sanzionatoria amministrativa ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 145 e del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195 e delle modalità organizzative per l’attuazione del principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie (L. 28 dicembre 2005, n. 262, art. 24, comma 1)”;

4) dal Provvedimento della Banca d’Italia del 18/12/2012 recante “Disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa”;

5) dalla nota prot. n. 931772 dell’11/10/2013 recante la comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio;

6) da “tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali”.

Ha al riguardo in particolare lamentato: a) di non essere stato invitato a partecipare alle riunioni della Commissione per l’esame delle irregolarità della Banca d’Italia e di non aver potuto conoscere, se non con la notifica del provvedimento sanzionatorio, il parere da essa formulato; b) di non aver potuto spiegare le proprie difese avanti al Direttorio della Banca d’Italia, competente a decidere sulle sanzioni, non essendogli stati notificati i documenti contenuti nel fascicolo istruttorio; c) il mancato rispetto del principio della separazione tra la fase istruttoria e quella della decisione.

Diversamente da quello di prime cure, il giudice amministrativo d’appello ha ravvisato spettare al giudice ordinario la giurisdizione in ordine all’atto sanzionatorio, e al giudice amministrativo la giurisdizione relativamente ai presupposti atti amministrativi e regolamentari di disciplina del procedimento sanzionatorio.

Ha al riguardo sostenuto che la giurisdizione riservata al giudice ordinario sul provvedimento sanzionatorio, a fronte del quale come affermato da Corte Cost. n. 162 del 2012 “si rinvengono tradizionalmente situazioni di diritto soggettivo”, non possa estendersi (anche) agli atti amministrativi o regolamentari “a monte” del medesimo, non costituendo essi concreta e diretta espressione della potestà sanzionatoria, altresì sottolineando che rispetto agli stessi “sussistono certamente posizioni di interesse legittimo”, la cui tutela spetta al giudice amministrativo.

Attesa l’impugnazione formulata dall’odierna ricorrente, la questione sottoposta all’attenzione di queste Sezioni Unite è se al giudice che ha giurisdizione sull’asseritamente illegittimo provvedimento di irrogazione della sanzione amministrativa spetti la cognizione anche dei relativi atti amministrativi e regolamentari presupposti.

La risposta è affermativa.

Come queste Sezioni Unite hanno già avuto più volte modo di affermare, la giurisdizione va determinata sulla base della domanda, e ai fini del relativo riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo rileva non già la prospettazione compiuta dalle parti bensì il petitum sostanziale, il quale deve essere identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronunzia che si chiede al giudice bensì in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati (v. Cass., Sez. Un., 23/9/2019, n. 23551; Cass., Sez. Un., 14/7/2017, n. 17547; Cass., Sez. Un., 25/2/2016, n. 3732; Cass., Sez. Un., 7/4/2015, n. 6916; Cass., Sez. Un., 5/7/2013, n. 16883; Cass., Sez. Un., 11/10/2011, n. 20902; Cass., Sez. Un., 25/6/2010 n. 15323).

In altri termini, il petitum sostanziale va identificato non solo in base al provvedimento che si chiede al giudice, ma anche alla causa petendi, dovendo il giudice indagare sulla effettiva natura della controversia in relazione alle caratteristiche del particolare rapporto fatto valere in giudizio ed alla consistenza delle situazioni giuridiche soggettive in cui esso si articola e si svolge (v. Cass., Sez. Un., 8/5/2007, n. 10375; Cass., Sez. Un., 1/8/2006, n. 17461; Cass., Sez. Un., 30/11/2006, n. 25521; Cass., Sez. Un., 11/4/2006, n. 8374).

Si è al riguardo altresì precisato che, a tale stregua, la giurisdizione del giudice ordinario, con riguardo a una domanda proposta dal privato nei confronti della P.A., non può essere esclusa nemmeno allorquando contenga la richiesta di annullamento di un atto amministrativo, giacchè ove tale richiesta si ricolleghi alla tutela di una posizione di diritto soggettivo in considerazione della dedotta inosservanza di norme di relazione da parte dell’Amministrazione, quella giurisdizione va affermata, fermo restando il potere del giudice ordinario di provvedere alla sola disapplicazione dell’atto amministrativo nel caso concreto, in quanto lesivo di detto diritto soggettivo (v. Cass., Sez. Un., 30/11/2006, n. 25521; Cass., Sez. Un., 22/2/2005, n. 3508).

Si è d’altro canto ulteriormente sottolineato che, anche nelle ipotesi in cui in particolari materie la giurisdizione risulti normativamente attribuita al giudice amministrativo, essa non si estende ad “ogni controversia” in qualche modo concernente la materia devoluta alla relativa giurisdizione esclusiva, non essendo sufficiente il dato della mera attinenza ad essa della controversia, ma soltanto alle controversie che abbiano in concreto ad oggetto la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi espressione di pubblici poteri (cfr., con riferimento a differente ipotesi, Cass., Sez. Un., 23/9/2019, n. 23551; Cass., Sez. Un., 25/2/2011, n. 4614. Cfr. altresì Cass., Sez. Un., 25/2/2016, n. 3732).

In tema non solo di sanzioni amministrative, si è da queste Sezioni Unite sottolineato che il sindacato del giudice del provvedimento sanzionatorio si estende, in ossequio al principio accessorium sequitur principale, alla validità sostanziale del rapporto presupposto, concernendo tutte le fasi procedimentali in cui lo stesso si scandisce nonchè gli atti presupposti e regolamentari posti a fondamento dell’emissione del provvedimento impugnato, i quali delineano il modus di esercizio della potestas iudicandi (cfr. Cass., Sez. Un., 9/5/2010, n. 11082; con riferimento all’organizzazione e alla gestione dei rapporti di lavoro, cfr. Cass., Sez. Un., 17/12/2018, n. 32625; Cass., Sez. Un., 7/7/2014, n. 15427; Cass., Sez. Un., 15/9/2010, n. 19552; Cass., Sez. Un., 14/4/2010, n. 8836; e già Cass., Sez. Un., 8/11/2005, n. 21592. Cfr. altresì, in tema di tutela dei dati personali, Cass., Sez. Un., 14/4/2011, n. 8487).

A tale stregua, con riferimento al procedimento sfociato nell’emissione della sanzione amministrativa D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 145, giusta provvedimento in data 18/12/2012 in argomento, come invero correttamente osservato (anche) dal giudice di prime cure, la cognizione degli atti presupposti che hanno condotto all’emissione del provvedimento di relativa adozione spetta al giudice che in ordine al medesimo ha giurisdizione, costituendo essi la concreta e diretta ragione giustificativa della potestà sanzionatoria nel caso esercitata.

In altri termini, la valutazione dell’esercizio dei poteri da parte dell’Autorità spetta al giudice che ha giurisdizione sul provvedimento finale, che di tali poteri costituisce espressione.

La valutazione da parte di tale giudice va infatti estesa agli atti e ai regolamenti presupposti e funzionalmente collegati all’adozione, pretesamente illegittima, del provvedimento sanzionatorio finale, costituendone l’imprescindibile ragione giustificativa, quali specifici presupposti ed elementi costitutivi del rapporto giuridico dato (cfr. Cass., Sez. Un., 11/4/2006, n. 8374), e non già elementi da quest’ultimo avulsi, quali beni della vita su cui possa configurarsi tutela autonoma e diversa da quella assicurata dalla loro eventuale disapplicazione.

Disapplicazione che costituisce modalità di piena tutela delle posizioni di diritto soggettivo incise dal provvedimento amministrativo illegittimo garantita dal giudice ordinario (cfr. Cass., Sez. Un., 18/6/2008, n. 16540; Cass., Sez. Un., 30/11/2006, n. 25521; Cass., Sez. Un., 5/6/2006, n. 13169), e volta al raggiungimento del risultato finale perseguito dall’istante.

Tanto risulta confermato dalla considerazione nella specie del petitum sostanziale della domanda del soggetto sanzionato odierno controricorrente, che – come rilevato anche dal P.G. nella sua requisitoria scritta – va propriamente ravvisato nella caducazione del provvedimento avente ad oggetto la sanzione amministrativa, in quanto asseritamente deliberata e irrogata in base ad atti amministrativi e regolamentari dei quali si è lamentata l’illegittimità e per questi ultimi il contrasto con normativa di rango superiore, e non già concernente una lesione direttamente derivante dai suddetti atti presupposti, i quali assumono rilevanza concreta se e in quanto abbiano come nella specie dato luogo all’irrogazione della sanzione amministrativa, di cui è stata appunto richiesta l’eliminazione.

Emerge evidente, a tale stregua, come non possa invero riconoscersi pregio all’argomento dell’odierno controricorrente secondo cui in base all’interpretazione qui accolta nei confronti degli atti regolamentari in argomento rimane l’impossibilità di generale annullamento, difettando per il giudice ordinario il potere di annullarli e disapplicarli erga omnes.

Ne discende altresì, quale corollario, l’irrilevanza e non decisività nel caso della prospettata (dall’odierno controricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c.) questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 145 – per violazione degli artt. 103,113 e 3 Cost. – in ragione della “esistenza nel nostro ordinamento di regolamenti non suscettibili di annullamento la cui rimozione sarebbe rimessa alla mercè della stessa Autorità di vigilanza che li ha emanati”.

Orbene, come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di porre in rilievo, anche dopo l’entrata in vigore della L. n. 205 del 2000 (il cui art. 7, ha introdotto un nuovo testo del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33) le controversie relative all’applicazione delle sanzioni amministrative irrogate ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 145, per la violazione delle norme che disciplinano l’esercizio dell’attività bancaria sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (v. Cass., Sez. Un., 22/7/2004, n. 13709, e conformemente, Cass., Sez. Un., 24/1/2005, n. 1362).

Si è altresì precisato che il D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 1, comma 2, ha una portata meramente ricognitiva della giurisdizione del giudice ordinario e della competenza della Corte d’Appello di Roma, posto che il D.Lgs. n. 80 del 1998, citato art. 33 (come sostituito dalla L. n. 205 del 2000, art. 7) non ha determinato l’attribuzione al giudice amministrativo delle controversie in tema di sanzioni amministrative bancarie, emergendo dalla sua formulazione come essa non fosse ricompresa nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto espressamente riferita alle “controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito”, sicchè la giurisdizione e la competenza permangono in capo alla Corte d’Appello di Roma, senza alcuna soluzione di continuità con il regime anteriore alla riforma del c.d. rito societario (v. Cass., Sez. Un., 15/7/2010, n. 16577, Cfr. altresì, da ultimo, Cass., 22/3/2019, n. 8237).

Tale conclusione risulta invero confermata anche dal giudice di legittimità costituzionale delle leggi nel dichiarare costituzionalmente illegittimo – per violazione dell’art. 76 Cost. – il D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 4, comma 1, n. 17), all. 4, nella parte in cui abrogava il D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 145, commi da 4 a 8, il quale attribuisce alla Corte d’Appello di Roma la competenza funzionale per le controversie in materia di sanzioni inflitte dalla Banca d’Italia (v. Corte Cost., 15/4/2014, n. 94. Analogamente, con riferimento alla Consob, cfr. altresì Corte Cost., 27/6/2012, n. 162).

Alla stregua di quanto sopra rilevato ed esposto, deve dunque affermarsi che al giudice ordinario va riconosciuto spettare la giurisdizione sia in ordine al provvedimento amministrativo sanzionatorio in materia bancaria che relativamente ai relativi atti amministrativi e regolamentari presupposti. Con la conseguenza che nella specie gli atti amministrativi e regolamentari costituenti presupposto e fondamento dell’irrogazione del provvedimento amministrativo sanzionatorio da parte della Banca d’Italia non possono essere logicamente considerati astrattamente di per sè e in termini avulsi da quest’ultimo, il quale del relativo procedimento costituisce atto finale, ma vanno funzionalmente valutati unitamente al medesimo, di cui nello specifico caso concreto costituiscono il fondamento, connotando la relativa incidenza su posizioni di diritto soggettivo del sanzionato.

Orbene, nell’affermare che “la giurisdizione sui singoli provvedimenti sanzionatori spetta al giudice ordinario”, laddove “la giurisdizione del giudice amministrativo resta ferma… sugli atti regolamentari presupposti”, giacchè “in questo caso viene in rilievo l’esercizio di un potere generale dell’amministrazione connotato da discrezionalità in relazione al quale il privato è titolare di un interesse legittimo”, il giudice amministrativo d’appello ha nell’impugnata sentenza invero disatteso il suindicato principio.

Della medesima, in accoglimento nei suesposti termini dei primi due motivi di ricorso – assorbito il terzo condizionato (con il quale denunzia violazione degli artt. 102,103,113 Cost., art. 145 TUB, artt. 7,133,134 c.p.a. (nel testo risultante all’esito della sentenza Corte Cost. n. 94 del 2014), dolendosi non essersi considerato che controparte ha “sempre rivendicato nel corso dei giudizi a quibus l’asserita violazione di propri diritti fondamentali, e precisamente di inviolabili guarentigie riconducibili all’inalienabile diritto di difesa… che a suo avviso connetterebbero il procedimento sanzionatorio de quo… “, e pertanto, “se così fosse, l’azione amministrativa contestata, ivi comprese le previsioni regolamentari a monte, avrebbe sicura incidenza su posizioni di diritto soggettivo”)-, s’impone pertanto la cassazione in relazione, con declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario, avanti al quale rimette le parti.

Le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi per disporsi la compensazione tra le parti delle spese di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa senza rinvio l’impugnata sentenza e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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