Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24608 del 22/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/11/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 22/11/2011), n.24608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE RENZIS Alessandro – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15207/2007 proposto da:

B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RIDOLFINO

VENUTI 42, presso lo studio dell’avvocato CAUTI ANTONIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato RUCCI Fernando, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

A.U.S.L. DI PESCARA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENRICO TAZZOLI 2,

presso lo studio dell’avvocato POLTRONIERI MARIA LUDOVICA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ROSSI Stefano, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1226/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 25/01/2007 R.G.N. 1394/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2011 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per inammissibilità o in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.L. adiva il Tribunale di Pescara esponendo di avere lavorato alle dipendenze della AUSL di Pescara come tecnico radiologo con contratti a tempo determinato susseguitisi nel tempo, tranne poche interruzioni, a partire dall’1.2.1999; che il 4.7.2003 era stato stipulato un nuovo contratto ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, per la durata massima di sei mesi fino all’assunzione dei vincitori di un concorso pubblico in corso di svolgimento, contratto che aveva avuto attuazione dal 14.7.2003 al 12.1.2004 e poi era stato prorogato fino al 12.7.2004; che in vista della conclusione di tale contratto gli era stato, comunicato che il rapporto avrebbe avuto termine.

La domanda del ricorrente, diretta al riconoscimento del suo diritto al ripristino del rapporto, da intendersi a tempo indeterminato, con condanna della controparte al pagamento delle retribuzioni nel frattempo maturate oltre che al risarcimento del danno, era rigettata dal Tribunale e il successivo appello dell’interessato era respinto dalla Corte d’appello de L’Aquila.

La Corte d’appello riteneva non possibile il riconoscimento della sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato a favore di lavoratore assunto da un ente pubblico, quale una ASL, con contratto a tempo determinato, facendo applicazione delle previsioni del D.Lgs. n. 368 del 2001 e in particolare della regola che sanziona due assunzioni successive a termine effettuate senza soluzione di continuità. Al riguardo la Corte di merito richiamava il principio di cui all’art. 97 Cost., che subordina la costituzione di un rapporto di pubblico impiego all’espletamento di un pubblico concorso, osservando che tale principio era stato indirettamente ribadito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36 (e precedentemente dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 36), secondo cui la violazione di norme imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni non può comportare la costituzione di rapporti a tempo indeterminato con le medesime p.a., e il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in caso di prestazioni lavorative in violazione di norma imperative. Ricordava che anche la Corte costituzionale aveva ritenuto costituzionalmente giustificata la specialità del pubblico impiego con particolare riferimento alla fase della costituzione del rapporto e la scelta del legislatore di sanzionare solo a livello risarei torio la violazione delle norme relative all’assunzione o l’impiego dei lavoratori da parte delle p.a., ed escludeva che il D.Lgs. n. 368 del 2001, avesse avuto incidenza abrogativa del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 2.

Quanto al risarcimento del danno, riteneva non configurabile nella specie il necessario presupposto di un illecito o di un inadempimento contrattuale del datore di lavoro e osservava che la domanda non era suffragata da pertinenti allegazioni o prove, così che non era ammissibile neanche una valutazione equitativa.

Il B. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

La Azienda unità sanitaria locale di Pescara resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo, denunciando errata o inesatta valutazione di norme di legge – premesso che nella specie sarebbe applicabile la previsione del D.Lgs. n. 368 del 2001, sulla qualificabilità del contratto quale contratto a tempo determinato in caso di due successive assunzioni a termine senza soluzione di continuità o con intervallo inferiore a 10 o 20 giorni a seconda della durata del primo contratto – e ciò in relazione al contratto a termine stipulato dal B. in data 8.7.2002 a cui era seguito lo svolgimento ininterrotto da parte sua della medesima attività presso la stessa struttura per due anni – ripropone la tesi che il D.Lgs. n. 368 del 2001, ha abrogato ogni norma con lo stesso incompatibile e che quindi è con figurabile anche nell’impiego pubblico la trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto nato da un contratto a tempo determinato.

In subordine il motivo prospetta la questione di legittimità costituzionale della normativa di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11.

2. Il secondo motivo, denunciando violazione di legge per ultrapetizione rileva, riguardo al rigetto di domanda di risarcimento del danno, che in effetti la domanda diretta al risarcimento del danno come ipotesi residuale non era stata mai posta, nè in primo nè in secondo grado. Infatti il ricorrente non aveva mai formalizzato una domanda di risarcimento del danno quale rimedio alternativo a quello della trasformazione del rapporto a tempo indeterminato.

3. Il primo motivo del ricorso non è fondato.

La questione proposta è già è stata esaminata da questa Corte che ha enunciato il principio – a cui si intende dare continuità – secondo cui, in materia di pubblico impiego, un rapporto di lavoro a tempo determinato non è suscettibile di conversione in uno a tempo indeterminato, stante il divieto posto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, il cui disposto è stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale (Sent. n. 98 del 2003) e non è stato modificato dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, contenente la regolamentazione dell’intera disciplina del lavoro a tempo determinato, con la conseguenza che, in caso di violazione di norme poste a tutela del diritti del lavoratore, in capo a quest’ultimo, essendogli precluso il diritto alla trasformazione del rapporto, residua soltanto la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni subiti (Cass. 15 giugno 2010 n. 14350).

La questione di costituzionalità prospettata deve essere qualificata come manifestamente infondata in quanto in sostanza ripropone la tesi, già disattesa dalla Corte costituzionale, della necessaria estensione all’impiego alle dipendenze dalle pubbliche amministrazione delle regole sulla trasformazione dei rapporti a termine illegittimi in rapporti a tempo indeterminato, 4. Del secondo motivo deve essere rilevata l’inammissibilità, in riferimento all’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, per l’inidonea formulazione del quesito di diritto.

Come è stato più volte osservato da questa Corte, il quesito di diritto imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della S.C. di cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola iuris in quanto tale idonea sia a risolvere la specifica controversia che a ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (cfr. Cass. S.U. n. 3519/2008 e 18759/2008; Cass. n. 11535/2008).

In relazione al motivo in esame è stato formulato il seguente “principio di diritto”: “dichiarare che la Corte d’appello ha deciso ultra petita per avere respinto una richiesta di danni mai proposta con grave lesione dei diritti del ricorrente”. Tale formulazione, come appare evidente, non contiene alcuna formulazione di una regola iuris in termini generali e non ha la sostanza di un effettivo quesito di diritto.

5. Si ritiene che ricorrano giusti motivi per compensare le spese del giudizio, in relazione alla complessità della tematica dei rapporti tra disciplina generale dei contratti a termine e disciplina dei rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2011

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