Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24608 del 19/10/2017

Cassazione civile, sez. III, 19/10/2017, (ud. 08/06/2017, dep.19/10/2017),  n. 24608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18285/2015 proposto da:

L.C., nella qualità di moglie ed erede di M.P.,

M.F., M.C., M.R., M.G., nella qualità

di figli ed eredi di M.P., domiciliati ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato PASQUALE PELLEGRINO, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ASP COSENZA, in persona del legale rappresentante pro tempore

Commissario Straordinario Dott. F.G., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 76, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE NACCARATO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SILVIA CUMINO giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1294/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 16/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/06/2017 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2004 M.P. (che verrà a mancare in corso di causa, e la cui posizione processuale sarà coltivata dagli eredi L.C., M.F., M.C., M.G., M.R.) convenne dinanzi al Tribunale di Rossano la ASL n. (OMISSIS) della stessa città, esponendo:

(-) di essersi sottoposto a varie trasfusioni di sangue nell’ospedale (OMISSIS), tra il (OMISSIS);

(-) di avere contratto, in conseguenza di tali trasfusioni, una infezione da epatite C.

Chiese pertanto la condanna dell’amministrazione convenuta al risarcimento del danno.

Si costituì in giudizio (non la ASL n. (OMISSIS), disciolta, ma) la Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza (ASP), negando qualsiasi propria responsabilità, ed in ogni caso sostenendo che del danno patito dall’attore dovesse rispondere il ministero della salute.

2. Con sentenza non definitiva 17 dicembre 2009 n. 746 il Tribunale di Rossano accertò la responsabilità della ASP; con la successiva sentenza definitiva 23 giugno 2010 n. 429 condannò quest’ultima al pagamento in favore dell’attore della somma di 586.373,92 Euro.

3. Tanto la sentenza non definitiva, quanto quella definitiva, vennero impugnate dalla ASP.

La Corte d’appello di Catanzaro, riunite le impugnazioni, con sentenza 16 settembre 2014 n. 1294 accolse il gravame dell’amministrazione e rigettò la domanda a suo tempo formulata da M.P..

Ritenne la Corte d’appello che dei danni causati dalla disciolta ASL n. (OMISSIS) di Rossano dovesse rispondere la regione, ovvero la gestione liquidatoria della disciolta ASL, se convenuta in giudizio nella sua veste di organo della regione, ma giammai la neocostituita ASP.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da L.C., M.F., M.C., M.G. e M.R., con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.

Ha resistito con controricorso la ASP.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 167 c.p.c., comma 2, art. 345 c.p.c., comma 2. Deducono, al riguardo, che la Corte d’appello non avrebbe potuto rilevare d’ufficio il difetto di legittimazione della ASP, la quale nulla aveva eccepito al riguardo in primo grado.

1.2. Prima di esaminare il motivo nel merito, v’è da rilevare come il suo contenuto non sia coerente con la sua intitolazione.

I ricorrenti infatti, pur invocando formalmente il vizio di cui all’art. 360 c.c., n. 3 e quindi la violazione di legge, nella sostanza invocano un error in procedendo: e dunque prospettano il differente vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Questo errore nell’inquadramento della censura, tuttavia, non è di ostacolo all’esame del motivo.

Infatti, nel caso in cui il ricorrente incorra nel c.d. “vizio di sussunzione” (e cioè erri nell’inquadrare l’errore commesso dal giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall’art. 360 c.p.c.), il ricorso non può per questa sola ragione dirsi inammissibile, quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia chiaramente individuabile l’errore di cui egli si duole, come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).

Nel caso di specie, l’illustrazione contenuta nelle pp. 12-14 del ricorso è chiara ed inequivoca nel prospettare un vizio di extrapetizione, e dunque l’errore di sussunzione commesso dal ricorrente è irrilevante.

1.3. Nel merito, il motivo è infondato, alla luce del principio recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno stabilito che “le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotte dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, ferme le eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti” (Sez. U., Sentenza n. 2951 del 16/02/2016).

Dalla qualificazione in termini di eccezioni in senso lato delle contestazioni formulate dal convenuto concernenti la titolarità del rapporto controverso discende, quale necessaria conseguenza, la loro rilevabilità d’ufficio (Sez. U., Sentenza n. 2951 del 16/02/2016).

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. E’ denunciata, in particolare, la violazione della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6; L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 2, comma 14; D.L. 13 dicembre 1996, n. 360. Deducono, al riguardo, che della L.R. Calabria 26 giugno 2003, n. 8, art. 22, aveva attribuito alle gestioni liquidatorie delle disciolte ASL la legittimazione passiva rispetto alle domande risarcitorie per fatti commessi da queste ultime; e che di conseguenza correttamente l’attore, introducendo la domanda nel 2004, notificò l’atto di citazione alla ASL di Rossano.

Soggiungono che la L.R. Calabria n. 8 del 2003, art. 22, fu dichiarato costituzionalmente illegittimo solo nel 2007 (da Corte cost., 05-042007, n. 116), e quindi solo dopo tale data la legittimazione è tornata in capo alla Regione.

2.2. Il motivo è manifestamente infondato.

Anche, infatti, a prescindere dal rilievo – già compiuto dalla Corte d’appello – che l’originario attore convenne in giudizio una ASL disciolta, e non la gestione liquidatoria di essa, come avrebbe dovuto, resta il fatto che le sentenze della Corte costituzionale dichiarative della illegittimità costituzionale di una norma, ivi comprese le norme processuali, hanno effetto a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della relativa sentenza della Corte costituzionale nella Gazzetta Ufficiale (art. 136 Cost., comma 1).

Sicchè, dichiarata l’illegittimità costituzionale della L.R. Calabria n. 8 del 2003, art. 22, nessuna condanna poteva essere pronunciata nei confronti della ASP.

3. Le spese.

Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico dei ricorrenti.

PQM

la Corte di Cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna L.C., M.F., M.C., M.G. e M.R., in solido, alla rifusione in favore di Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 7.200, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

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