Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24604 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 04/11/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 04/11/2020), n.24604

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20182-2014 proposto da:

Z.M.R., in proprio e nella qualità di vedova ed erede

di C.V.; C.N. nella qualità di erede di

C.V., domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato ANDREA BAVA;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 226/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 03/06/2014 R.G.N. 666/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/02/2020 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

udito l’Avvocato ANDREA BAVA;

udito l’Avvocato GIORGIO SANTNI (AVVOCATURA DELLO STATO).

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Z.M. e C.V. agivano in giudizio per veder riconosciuto lo status di vittima del dovere in capo al figlio, maggiore C.M., deceduto il 23.10.2008 a seguito della caduta dell’elicottero, su cui volava unitamente ad altri 7 membri e diretto in Belgio per partecipare ad un’esercitazione interforze, per l’improvvisa rottura di una delle pale rotanti.

2. La Corte d’appello di Brescia, riformando la sentenza del Tribunale, rigettava la domanda proposta dai ricorrenti. La Corte territoriale, pur riconoscendo che la morte dell’ufficiale era avvenuta nel corso di una missione, non ravvisava la sussistenza delle “particolari condizioni ambientali e operative” in presenza delle quali possono essere riconosciuti ai sensi della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564 i benefici previsti per le vittime del dovere.

3. La conclusione della Corte era fondata su una serie di considerazioni quali: l’assenza di compiti operativi, il carattere ordinario del trasferimento aereo, inserito nella normalità dei compiti di ufficiale dell’Aeronautica, la mancanza di situazioni di straordinarietà sia nell’ora di partenza sia nelle condizioni meteo, la capacità professionale del pilota, l’inesistenza di rischi specifici, le concrete modalità del volo.

4. Per la cassazione della sentenza Z.M. e C.V. hanno proposto ricorso, affidato a due motivi, cui hanno resistito con controricorso il Ministero della Difesa e dell’Interno.

5. Le parti hanno depositato anche memorie ex art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Come primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c., comma 1 e lamentano che la Corte territoriale abbia respinto l’eccezione d’inammissibilità del gravame nonostante la genericità dell’appello dell’amministrazione.

7. Come secondo motivo deducono la violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 574 e del D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1, comma c) e lamentano che la Corte territoriale abbia equivocato il concetto di “particolari condizioni ambientali e operative” ritenendo che esse non sussisterebbero nel caso di specie. Sostengono che nella previsione normativa rientrerebbe anche il difetto di manutenzione alla pala del rotore, circostanza straordinaria che ha creato una situazione mortale e che ha esposto i lavoratori a maggiori rischi, non rimediabile stante l’impossibilità di governare il pesante elicottero.

8. Il primo motivo di ricorso non è fondato. La Corte territoriale ha argomentato in ordine all’eccezione d’inammissibilità del gravame che era stata già in quella sede formulata, rilevando che dall’esame dell’atto d’appello risultavano del tutto chiare sia le parti del provvedimento che si intendeva sottoporre a gravame, costituite dalle statuizioni in materia di giurisdizione e di ricorrenza delle condizioni per considerare il figlio dei ricorrenti vittima del dovere (con tutte le conseguenze di legge in materia di relativi benefici), sia le parti relative alle modifiche che venivano richieste con riferimento all’interpretazione delle norme applicabili nella specie e alle circostanze rilevanti a tali fini.

9. Nel far ciò, si è attenuta ai principi affermati da Cass. S.U. n. 27199 del 16/11/2017, e successive conformi, che hanno chiarito che gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra però l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la propria diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.

10. Il secondo motivo è invece fondato.

La controversia verte sull’interpretazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564, secondo cui “Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”. Successivamente, in attuazione di quanto stabilito dalla stessa L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565, è stato emesso, col D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243, il Regolamento concernente i termini e le modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati ha previsto all’art. 1 che si intendono: “a) per benefici e provvidenze le misure di sostegno e tutela previste dalle leggi L. 13 agosto 1980, n. 466, L. 20 ottobre 1990, n. 302, L. 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e L. 3 agosto 2004, n. 206; b) per missioni di qualunque natura, le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente; c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”.

Si tratta qui in particolare di individuare la nozione di “particolari condizioni ambientali e operative” la cui sussistenza nel caso di specie è stata esclusa dalla Corte di merito.

11. Sul significato da attribuire a tale locuzione sono intervenute più volte le Sezioni Unite di questa Corte.

12. In particolare, la sentenza n. 759 del 13/1/2017 ha effettuato un’approfondita e puntuale esegesi della normativa primaria e regolamentare, alla quale questo Collegio intende dare continuità.

13. Le Sezioni Unite hanno anzitutto affermato che la disposizione regolamentare citata, la quale definisce invece le circostanze come “straordinarie”, potrebbe apparire esorbitante dai limiti indicati dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565, che demandavano alla fonte regolamentare soltanto il compito di disciplinare “i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze” e non di precisare tramite attività definitoria i concetti espressi dalla legge nel comma 564. Pertanto, secondo il Supremo Collegio, la formulazione del regolamento deve essere intesa nei limiti in cui non possa esorbitare dal rapporto con la legge, assegnandole un significato corrispondente a quello della legge medesima: quest’ultima sul punto va intesa nel senso che la condizione ambientale ed operativa “particolare”…”è quella collocantesi al di fuori del modo di svolgimento dell’attività “generale”, id est “normale” in quanto corrispondente a come l’attività era previsto si svolgesse” (conf. Cass. S.0 n. 21969 del 21/09/2017, Cass. n. 15027 del 08/06/2018, Cass. 24592 del 05/10/2018).

14. In altro arresto, le Sezioni Unite (sent. n. 15487 del 22/6/2017), con riferimento a militare deceduto per la caduta da un altissimo cavalcavia dell’autobus sul quale, unitamente ad altri, era trasportato, hanno affermato “che la Corte territoriale si è attenuta correttamente a tali norme nel momento in cui ha evidenziato, con motivazione adeguata ed esente da rilievi di legittimità, la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento del beneficio di cui trattasi. Si era trattato, infatti, di una missione ordinata dai superiori gerarchici per finalità promozionali d’istituto e si erano realizzate le condizioni straordinarie che avevano aggravato il normale rischio connesso al trasferimento, determinate dall’utilizzo di un mezzo di trasporto in pessime condizioni di manutenzione a dispetto delle avverse condizioni metereologiche, così come accertato definitivamente in sede penale. Fu accertato, infatti, che i marinai di leva, tra i quali il L., erano deceduti a causa di un sinistro provocato dall’usura dei pneumatici e dalla non adeguata manutenzione del pullman, guidato da un giovane conducente, sul quale stavano raggiungendo Torino per partecipare ad una manifestazione sportiva di propaganda della vita militare”.

15. Quindi, secondo l’elaborazione giurisprudenziale sopra riferita, l’errore o il difetto di manutenzione è idoneo a costituire circostanza straordinaria e fatto di servizio tale da esporre il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto, dovendo questi essere normalmente svolti in sicurezza, con utilizzo di mezzi sottoposti ad adeguati ed idonei interventi di manutenzione.

16. Le medesime logiche devono essere richiamate a supporto della presente decisione.

17. Nel caso, il Tribunale aveva accertato che la rottura della pala del rotore era avvenuta per un difetto di manutenzione (pg. 3 della sentenza d’appello). La Corte d’appello ha riferito che la ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice non era stata fatta oggetto di motivo di gravame ed era del tutto pacifica (pg. 6) ed ha ribadito (pg. 13), che la rottura di una delle pale rotanti era dovuta “con alta probabilità ad un errore di manutenzione”.

18. Poichè la Corte territoriale, escludendo il rilievo di tale circostanza fattuale, non ha applicato i principi elaborati da questa Suprema Corte e sopra riassunti, il secondo motivo di ricorso dev’essere accolto.

19. Il ricorso deve quindi essere accolto in relazione al secondo motivo, rigettato il primo, e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano che dovrà procedere a nuovo esame attenendosi ai principi sopra individuati.

20. Al giudice designato competerà anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

21. Non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

 

 

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