Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24603 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 04/11/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 04/11/2020), n.24603

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21480-2018 proposto da:

M&C S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI CAPUANA 140, presso lo

studio dell’avvocato SERENA DEGLI ALBIZI, rappresentata e difesa

dall’avvocato FABRIZIO TOGNATO;

– ricorrente –

contro

P.F., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CESARINA BARGHINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 38/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 16/01/2018 r.g.n 35/2017.

 

Fatto

RILEVATO

che la Corte territoriale di Firenze, con sentenza pubblicata in data 16.1.2018, ha accolto il gravame interposto da P.F., nei confronti della M & C S.r.l., avverso la sentenza del Tribunale di Livorno n. 336/2016, resa il 13.7.2016, con la quale era stato respinto il ricorso del dipendente diretto ad ottenere la pronunzia di inefficacia del licenziamento per giustificato motivo soggettivo allo stesso intimato dalla società datrice, con lettera del 27.12.2014, e la condanna della società alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro ed alla corresponsione, in favore del medesimo, delle retribuzioni e della contribuzione nelle more maturate;

che, pertanto, la Corte di Appello, in riforma della pronunzia di primo grado, ha dichiarato la illegittimità del licenziamento ed ha condannato la parte datoriale al versamento, in favore del P., dell’indennità risarcitoria L. n. 604 del 1966, ex art. 8 oltre accessori, come per legge;

che per la cassazione della sentenza ricorre la M & C S.r.l., articolando un motivo contenente più censure, cui P.F. resiste con controricorso;

che sono state depositate memorie nell’interesse della società, ai sensi dell’art. 380-bis del codice di rito;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 3; artt. 2104,1375 e 1175 c.c.; art. 13 CCNL per l’imbarco dei lavoratori marittimi sulle navi da carico e sulle navi traghetto passeggeri/merci superiori a 151 t.s.l. del 5.6.2007, e si lamenta che i giudici di seconda istanza, pur avendo ritenuto sussistenti e rilevanti sotto il profilo disciplinare gli inadempimenti relativi all’assenza ingiustificata ed al mancato tempestivo rinnovo del certificato biennale, avrebbero violato, o comunque, falsamente applicato tutte le suddette norme, laddove non hanno considerato che le condotte poste in essere dal lavoratore fossero tali da integrare il giustificato motivo soggettivo posto alla base del licenziamento impugnato;

che il motivo non può essere accolto; innanzitutto, la parte ricorrente, in spregio alla prescrizione di specificità dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, non ha fornito precise argomentazioni intese motivatamente a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le disposizioni regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le molte, Cass., Sez. VI, ord. nn. 187/2014; 635/2015; Cass. nn. 19959/2014; 18421/2009); ed invero, nel caso in esame, manca la focalizzazione del momento di conflitto, rispetto alle censure sollevate, dell’accertamento operato dalla Corte territoriale all’esito delle emersioni probatorie (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 24374/2015; 80/2011) e, pertanto, le doglianze mosse al procedimento di sussunzione operato dai giudici di seconda istanza si risolvono in considerazioni di fatto del tutto inammissibili e sfornite di qualsiasi delibazione probatoria;

che, inoltre, nella fattispecie, manca, altresì, la specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti su cui il mezzo di impugnazione si fonda; in particolare, la società ricorrente non ha riportato l’art. 13 del CCNL per il personale imbarcato sulle navi da carico e sulle navi traghetto passeggeri/merci, di cui si deduce la violazione, nè ha prodotto il CCNL del 5.6.2007 in versione integrale; e ciò, in violazione del principio (v. combinato disposto dell’art. 366, comma 1, n. 6, e art. 369 del codice di rito), più volte ribadito da questa Corte, che definisce quale onere della parte ricorrente quello di indicare lo specifico atto precedente cui si riferisce, in modo tale da consentire alla Corte di legittimità di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni prima di esaminare il merito della questione (Cass. n. 14541/2014). Il ricorso per cassazione deve, infatti, contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le molte, Cass. nn. 10551/2016; 23675/2013;

1435/2013); pertanto, questa Corte non è stata messa in grado di apprezzare la veridicità delle censure mosse, al riguardo, alla sentenza impugnata e che appaiono, piuttosto, volte ad ottenere un nuovo esame del merito, cui non si può procedere in questa sede, che, per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso va respinto;

che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, secondo quanto specificato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

 

 

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