Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24601 del 01/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/12/2016, (ud. 21/10/2016, dep. 01/12/2016), n.24601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20686-2015 proposto da:

MOMENTO MEDICO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SANTIAGO 8,

presso lo studio dell’avvocato EMANUELE VERGHINI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANTONIO BIANCHI giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1050/2014 della CORTE, D’APPELLO di BRESCIA,

emessa il 09/07/2014 e depositata il 26/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO ANTONIO

GENOVESE.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.:

“Con sentenza in data 26 agosto 2014, la Corte d’Appello di Brescia ha dichiarato inammissibile, perchè tardivo, l’appello proposto – con ricorso depositato nel termine ma notificato poi oltre esso da Momento medico srl contro il Fallimento (OMISSIS) SpA, in relazione alla sentenza di primo grado con cui il Tribunale, decidendo sulla domanda L. Fall., ex art. 101 (vecchio rito) aveva escluso il credito fatto valere dalla società ricorrente, con riferimento ad un rapporto locativo considerato come cessato anteriormente alla dichiarazione di fallimento e, pertanto, già ammesso in parte qua, venendo esclusa soltanto la richiesta di riconoscimento dell’ulteriore diritto in prededuzione.

Avverso la decisione della Corte d’Appello ha proposto ricorso per Cassazione Momento medico srl, con atto notificato il 26 agosto 2015, sulla base di tre motivi, con il primo dei quali soltanto si censura la ratio decidendi facendo valere la violazione e falsa applicazione degli artt. 339 e 342 c.p.c..

La curatela fallimentare non ha svolto difese, in questa sede.

Il ricorso, con il suo primo ed assorbente mezzo, si palesa manifestamente infondato, avendo questa Corte già esaminato (nella Sentenza n. 23412 del 2008) una fattispecie analoga ed affermato il principio secondo cui:” Qualora l’appello a sentenza pronunciata in esito ad un giudizio celebrato con rito ordinario (nella specie, impugnazione prevista dalla L. 16 marzo 1942, n. 267, art. 99) venga proposto con la forma prescritta per l’appello alle sentenze pronunciate in esito a giudizio camerale, il deposito del ricorso, pur se tempestivo, non è idoneo alla costituzione di un valido rapporto processuale, il quale richiede che l’atto recettizio di impugnazione venga portato a conoscenza della parte entro il termine perentorio stabilito dall’art. 325 c.p.c., nella forma legale della notificazione e nel luogo indicato dall’art. 330 c.p.c., sicchè l’eventuale sanatoria di tale atto nullo è ammissibile soltanto a condizione che non si sia verificata “medio tempore” alcuna decadenza – quale, appunto, quella conseguente all’inosservanza del termine perentorio entro il quale deve avvenire la ricezione dell’atto – che abbia determinato il passaggio in giudicato della sentenza e, quindi, l’inammissibilità dell’appello.”.

Nè il decreto del Presidente della Corte d’appello, il quale ha fissato una data di notificazione autonoma e sganciata da quella prescritta dal richiamato principio, può dirsi sanante il menzionato vizio dell’atto che, ai sensi del diritto vivente (anche quello menzionato nel primo mezzo di ricorso), è possibile solo portando l’atto a conoscenza della parte entro il termine di legge.

In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., n. 5″.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale non risultano essere state mosse osservazioni critiche;

che, perciò, il ricorso, manifestamente infondato, deve essere respinto in ossequio al principio di diritto sopra richiamato;

che non v’è luogo a provvedere sulle spese giudiziali, atteso che la parte intimata non ha svolto difese in questa sede;

che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte,

Respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione Sesta civile – 1 della Corte di cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 21 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2016

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