Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24600 del 01/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/12/2016, (ud. 21/10/2016, dep. 01/12/2016), n.24600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23588-2014 proposto da:

F.F., in proprio e quale titolare della impresa

individuale P.F.B. Europe di F.F., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BERTOLONI 27, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI RANALLI, che lo rappresenta e difende giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MAGMA S.P.A., già MAG.MA. S.r.l., in persona dell’Amministratore,

C.P. e P.IVA (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TACITO 64, presso lo studio dell’avvocato NICOLETTA DI GIOVANNI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FABRIZIO DI CARLO giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO di F.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 529/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

emessa il 03/07/2014 e depositata il 23/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2016 dal consigliere relatore, d.ssa Magda Cristiano;

udito l’avvocato Giovanni Ranalli, per il ricorrente, che si riporta

agli scritti;

udito l’avvocato Fabrizio Di Carlo, per la controricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

La Corte d’appello di Perugia ha respinto il reclamo L. Fall., ex art. 18 proposto da F.F., titolare della ditta individuale P.F.B. Europe, contro la sentenza del Tribunale di Terni dichiarativa del suo fallimento ad istanza di Mag.ma s.r.l. (oggi MagMa s.p.a.)

La corte del merito ha rilevato che il credito dell’istante, in possesso di assegni postdatati sottoscritti dal F. che integravano atti di riconoscimento del debito, doveva ritenersi provato, non valendo a dimostrarne l’insussistenza l’assunto del reclamante, irrispettoso della normativa fiscale e, comunque, del tutto irragionevole, secondo cui, operando la sua impresa in regime di contabilità semplificata, e non avendo pertanto altro modo di verificare la propria posizione debitoria che quello dell’interrogazione diretta dei creditori, egli si era creduto in debito della Magma solo perchè la società gli aveva richiesto i pagamenti. Ha aggiunto che la ctu (inutilmente) disposta dal primo giudice per verificare le reciproche ragioni di dare-avere fra le parti aveva confermato la sussistenza di un credito della ricorrente non inferiore ai 40.000 Euro.

La sentenza, pubblicata il 23.9.014, è stata impugnata da Franco F. con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui MagMa s.p.a. ha resistito con controricorso.

Il curatore del Fallimento di F.F. non ha svolto attività difensiva.

2) Con il primo motivo il ricorrente contesta che Mag.Ma potesse ritenersi legittimata alla proposizione dell’istanza di fallimento sulla base degli assegni postdatati prodotti a prova del credito, in quanto, a fronte degli assegni e degli estratti conti da lui depositati, il primo giudice aveva correttamente ritenuto necessario disporre una ctu contabile, il cui esito non poteva essere ignorato.

2.1) Col secondo lamenta che la corte del merito non abbia dato risposta alle critiche da lui mosse alla ctu.

3) Entrambi i motivi appaiono inammissibili.

3.1) Il primo censura un’affermazione della corte d’appello (in ordine alla superfluità della ctu contabile disposta dal tribunale) che è priva di valenza decisoria, posto che il giudice ha comunque esaminato la ctu, rilevando come anche il consulente avesse concluso per la sussistenza del credito dell’istante.

3.2) Il secondo è invece privo dei requisiti richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, in quanto non richiama con puntualità le critiche mosse alla ctu nè le conclusioni dell’elaborato che avrebbero formato oggetto di specifica contestazione; la censura, inoltre, si fonda su documenti (fatture, atti di pagamento, nota di credito) che non sono stati allegati al ricorso e dei quali non è indicata l’esatta collocazione processuale.

4) Resterebbe assorbito il terzo motivo, con il quale il ricorrente deduce l’erroneità dell’accertamento concernente il suo stato di insolvenza in base all’unico rilievo che il suo debito verso Mag.Ma era pari a poco più di 4.000 Euro.

Si propone pertanto di dichiarare il ricorso inammissibile, con decisione che potrebbe essere assunta in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memoria.

Il collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne ha condiviso le conclusioni, non utilmente contrastate dal ricorrente nella memoria, con la quale sono stati tardivamente ed inammissibilmente depositati nuovi (e peraltro irrilevanti) documenti, e che non tiene conto che, a prescindere dal rilievo della piena legittimazione di Mag.ma a richiedere il fallimento sulla base di cambiali e di atti ricognitivi del debito (che documentano l’esistenza del credito fino a prova contraria), la corte del merito ha accertato in concreto, sulla scorta della ctu, che il credito azionato era effettivamente sussistente.

Va poi ribadita l’inammissibilità del secondo mezzo di censura, per le ragioni già indicate nella relazione, con conseguente assorbimento del terzo mezzo, fondato sul presupposto, smentito dall’accertamento compiuto dal giudice del merito, del minor ammontare del credito di Mag.Ma.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di Mag.Ma s.p.a., che liquida in Euro 3.100, di cui Euro 100 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, paria quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2016

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