Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 246 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 10/01/2017, (ud. 25/10/2016, dep.10/01/2017),  n. 246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14976-2014 proposto da:

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO SANTORIELLO,

rappresentato e difeso dagli avvocati DARIO VISCONTI giusta procura

speciale notarile e ALESSANDRO MOSCARDELLI giusta procura in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, incorporante MILANO ASSICURAZIONI SPA,

in persona del suo procuratore ad negotia Dott.ssa

G.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE LIEGI 7, presso lo

studio dell’avvocato MARCO CLAUDIO RAMAZZOTTI unitamente

all’avvocato PASQUALE MARIO TIGANO giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

G.P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1646/2013 del TRIBUNALE di ANCONA, depositata

il 11/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato DARIO VISCONTI;

udito l’Avvocato MARCO CLAUDIO RAMAZZOTTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona con sentenza 11.11.2013 n. 1646 ha dichiarato la inammissibilità dell’appello proposto da F.R. avverso la decisione del Giudice di Pace di Jesi che aveva dichiarato improcedibile la domanda risarcitoria per danni a cose, conseguenti a sinistro stradale, formulata dal F., nei confronti di G.P., conducente dei veicolo e responsabile ai sensi dell’art. 2054 c.c., e nei confronti di Augusta Ass.ni s.p.a. assicuratrice della RCA, chiamata a rispondere direttamente ai sensi del TU n. 209 del 2005, art. 148, comma 1.

Il Giudice di appello rilevava la genericità dei motivi di gravame che non investivano le statuizioni della decisione di prime cure relative all’abuso del diritto di azione per illegittimo frazionamento del credito risarcitorio, essendosi riservato il danneggiato di agire in separato giudizio per la tutela risarcitoria di ulteriori danni a cose, nonchè alla improponibilità della domanda in difetto della previa comunicazione alla società assicurative della lettera raccomandata prescritta dal TU n. 209 del 2005, art. 145. Rilevava altresì l’interesse ad intervenire nel giudizio di Milano Ass.ni s.p.a., assicuratrice del veicolo del F., che aveva adempiuto agli obblighi di indennizzo diretto ex art. 149 TU Ass.ni private nei confronti del proprio assicurato, versando l’importo di Euro 8.500,00.

Avverso la sentenza non no notificata ha proposto ricorso per cassazione il F. lamentando la ingiustizia della decisione con argomenti svolti in cinque punti.

Resiste con controricorso UNIPOLSAI Ass.ni s.p.a. incorporante di Milano Ass.ni s.p.a. Non ha svolto difese la intimata G.P..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile, non corrispondendo ai requisiti “ad validitatem” prescritti dall’art. 366 c.p.c..

Il ricorso per cassazione introduce un giudizio avente ad oggetto il sindacato di legittimità della sentenza impugnata, conformato dalla legge secondo una struttura rigidamente chiusa delimitata dalla tassatività dei vizi denunciabili, individuati dall’art. 360 c.p.c., con la conseguenza che l’atto di impugnazione, implicando una precisa scelta discrezionale della parte ricorrente concernente sia la individuazione delle statuizioni della sentenza che si intendono sottoporre al controllo di legittimità, sia la individuazione degli errori (di fatto o di diritto, sostanziale o processuale) dei quali si ritiene inficiata la sentenza, impone allo stesso ricorrente di soddisfare ai requisiti indispensabili per porre la Corte – che non ha accesso diretto al fascicolo di merito – in condizione di effettuare la verifica richiesta, dovendo a tal fine il ricorso:

a) indicare puntualmente le statuizioni della motivazione della sentenza sottoposti a critica;

b) esporre sommariamente i fatti della causa, onde rendere intellegibile il risultato utile che la parte intende conseguire con la cassazione della statuizione impugnata;

c) definire specificamente gli errori in cui è incorso il Giudice di merito, con riferimento tanto al paradigma del vizio di legittimità assunto come parametro di verifica, quanto – nel caso di errori di diritto – alla norma di diritto che si assume violata, fornendo in ogni caso gli elementi argomentativi necessari a sostenere l’applicazione alla controversia di una diversa regula juris;

d) nel caso in cui il vizio denunciato comporti un controllo “ab extrinseco” rispetto alla tenuta degli argomenti giuridici posti a fondamento della sentenza, descrivere il contenuto degli atti o documenti – indicando il luogo del processo in cui sono reperibili e le modalità di rituale produzione in giudizio – in relazione ai quali si allega la omissione o la non conformità a diritto dell’attività svolta dal Giudice di merito.

In sintesi il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 15952 del 17/07/2007; Sez. 3, Sentenza n. 18421 del 19/08/2009), con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il motivo di ricorso col quale il ricorrente lamenti la violazione di una serie di norme sostanziali “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1”, senza precisare se intenda censurare la sentenza per motivi attinenti la giurisdizione o la competenza, per violazione di norme di diritto o per nullità del procedimento (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 3248 del 02/03/2012).

Nella specie il ricorso per cassazione enuclea nei punti da 1 a 5 una serie di doglianze, in parte involgenti questioni relative ad accertamenti in fatto (omessa instaurazione della procedura di indennizzo diretto TU n. 209 del 2005, ex art. 149; versamento di somma da parte della Milano Ass.ni s.p.a. asseritamente imputato a titolo di acconto; individuazione della società assicuratrice del veicolo condotto dalla G.), ed in parte questioni concernenti fatti processuali od errori di diritto (domanda risarcitoria proposta ai sensi dell’art. 2054 c.c. solo nei confronti della G.; inesistenza della eccezione di infrazionabilità della domanda proposta sembra – dalla G.; difetto dei presupposti per l’applicazione della condizione di proponibilità dell’azione TU n. 209 del 2005, ex art. 145), peraltro imputati in larga parte alla sentenza di prime cure e non alla sentenza impugnata (che costituisce l’unico oggetto del sindacato di legittimità), senza indicare il tipo di vizio di legittimità denunciato, ed omettendo di fornire, riportando il contenuto degli atti posti a fondamento delle doglianze, il necessario termine di confronto per la verifica dell’errore attribuito ai Giudici di merito.

Orbene, in relazione alla mancata indicazione dei vizi dedotti, la incertezza sul parametro di legittimità denunciato dalla ricorrente determina, ex se, la inammissibilità del motivo, non essendo alla Corte demandato il compito di ricercare quale sia la effettiva critica mossa dalla parte alla sentenza impugnata, e non potendo ritenersi ricompresa nel compito di nomofilachia assegnato al Giudice di legittimità anche la individuazione del vizio in base al quale poi verificare la legittimità della sentenza impugnata, come emerge dal combinato disposto dell’art. 360 c.p.c. e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 che riservano in via esclusiva tale compito alla parte interessata (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 18242 del 28/11/2003 id. Sez. 1, Sentenza n. 22499 del 19/10/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 5353 del 08/03/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 18421 del 19/08/2009; id. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 3248 del 02/03/2012; id. Sez. 1, Sentenza n. 21611 del 20/09/2013).

Non può, peraltro, venire in soccorso alla parte ricorrente, con riferimento alla indicazione contenuta nel ricorso di alcune norme processual4 (artt. 112 e 268 c.p.c.), la possibile qualificazione giuridica del vizio di legittimità come “error in judicando de jure procedendi” – in relazione al quale la Corte è anche “giudice del fatto”, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito -, dovendo distinguersi, anche nell’ambito del vizio di legittimità attinente l’attività processuale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la fase di ammissibilità da quella – cronologicamente successiva – relativa alla fondatezza della censura. Ed infatti, se è vero che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un vizio per “errores in procedendo” è anche giudice del fatto ed ha il “potere-dovere” di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale “potere-dovere” è necessario – non essendo rilevabile “ex officio”la violazione dell’art. 112 c.p.c. – che la parte ricorrente indichi puntualmente gli elementi individuanti e caratterizzanti il ‘fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, è indispensabile che il corrispondente motivo presenti tutti i requisiti di ammissibilità e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 1170 del 23/01/2004; id. Sez. 3, Sentenza n. 9275 del 04/05/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 16245 del 03/08/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 1221 del 23/01/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 20405 del 20/09/2006; id. Sez. 3, Sentenza n. 21621 del 16/10/2007; id. Sez. L, Sentenza n. 488 del 14/01/2010; id. Sez. L, Sentenza n. 23420 del 10/11/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 86 del 10/01/2012; id. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5036 del 28/03/2012; id. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 12664 del 20/07/2012; id. Sez. L, Sentenza n. 896 del 17/01/2014).

Inoltre non risulta neppure idoneamente impugnata la statuizione del Giudice di appello di inammissibilità del gravame per difetto di specificità dei motivi ex art. 342 c.p.c., atteso che, ove il ricorrente intenda censurare la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, dei motivi di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello o a darne una propria soggettiva lettura riassuntiva, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziare la pretesa carenza di specificità (cfr. Corte cass. 1 sez. 20.9.2006 n. 20405; id. sez. lav. 10.11.2011 n. 23420; id. 3 sez. 10.1.2012 n. 86).

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

Sussistono i presupposti per l’applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che dispone l’obbligo del versamento per il ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nel caso in cui la sua impugnazione sia stata integralmente rigettata, essendo iniziato il procedimento in data successiva al 30 gennaio 2013 (cfr. Corte cass. SU 18.2.2014 n. 3774).

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.300,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali e gli accessori di legge;

– dichiara che sussistono i presupposti per il versamento della somma prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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