Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 246 del 05/01/2011

Cassazione civile sez. I, 05/01/2011, (ud. 13/12/2010, dep. 05/01/2011), n.246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2060/2010 proposto da:

L.C. (LTTCRI29E22B715N), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA VALLE VIOLA 38, presso lo studio dell’avvocato RODA Ranieri, che

lo rappresenta e difende, giusta procura ad litem in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 921/07 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

20.11.08, depositato il 27/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

udito per il ricorrente l’Avvocato Roda Ranieri che si riporta agli

scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

p.1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: “1.- L.C. ha adito la Corte d’appello di Venezia allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio promosso innanzi alla Corte dei Conti – sez., giur. Veneto – con ricorso del marzo 2001, definito con sentenza di rigetto del 7.3.2007, avente ad oggetto la richiesta di computo nella determinazione della base pensionabile dell’indennità ex L. n. 78 del 1983.

La Corte d’appello, con il decreto impugnato, pronunciato nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, fissato il termine di durata ragionevole del giudizio in anni tre, ha liquidato per il danno non patrimoniale, per il ritardo di 3 anni, la somma di Euro 1.500,00, (Euro 500,00 per anno di ritardo), tenuto conto della scarsa rilevanza della posta in gioco, dichiarando compensate, per la metà, le spese del giudizio, in relazione ai limiti di accoglimento della domanda.

Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso l’attore, affidato a due motivi; ha resistito con controricorso il Ministero dell’economia e delle finanze.

2.1. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione e formula il quesito: se il Giudice del merito, chiamato a determinare l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 – che spetta a tutte le parti del giudizio protrattosi per una durata irragionevole, indipendentemente dal suo esito, deve riferirsi agli standards medi di valutazione, elaborati dalla giurisprudenza europea (da Euro 1.000,00 a Euro 1.500,00 per ogni anno riconosciuto di ritardo) – che ne costituiscono la prima e più importante guida ermeneutica, motivando espressamente, in relazione alla fattispecie concreta, eventuali scostamenti, che, comunque, non debbono essere irragionevoli (ovvero tali da risultare del tutto elusivi di detti standards), come invece avvenuto nella, fattispecie, in cui la liquidazione è stata pari a soli Euro 500,00 annui: inoltre, l’entità della posta in gioco, nel giudizio presupposto, deve essere valutata dal Giudice del merito non sulla base di parametri astratti, ma comparandola con la concreta condizione socioeconomica del richiedente, e tenendosi conto della natura e dell’oggetto della controversia presupposta.

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e del D.M. n. 127 del 2004 e formula il quesito: se in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato, per i procedimenti ex L. n. 89 del 2001, il Giudice è tenuto al rispetto dei relativi minimi e massimi, nonchè degli importi prescritti dalla tariffa professionale forense applicabile – nella fattispecie D.M. n. 127 del 2004, tabelle A, punti 4, e B. 3.1.- Il primo motivo appare manifestamente infondato perchè l’accertamento in fatto del giudice del merito circa la scarsa rilevanza della posta in gioco non risulta specificamente impugnato mediante precisa indicazione del valore economico della controversia pensionistica e, d’altra parte, se è vero che i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, che deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo, è anche vero che si tratta di valutazione che rientra nella ponderazione del giudice del merito, che deve rispettare il parametro sopra indicato, con la facoltà di apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda (quali:

l’entità della posta in gioco).

Infine, va tenuto conto della più recente giurisprudenza di questa Sezione e dei criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo del 2010 sui ricorsi MARTINETTI ET CAVAZZUTI c. ITALIE e GHIROTTI ET BENASSI C. ITALIE per i giudizi contabili e amministrativi e, in particolare, del principio enunciato da Sez. 1, Sentenza n. 13019 del 2010, secondo cui deve ritenersi congrua, anche in base a quanto afferma la Corte d’appello in ordine alla esiguità della posta in gioco per l’esiguità del trattamento pensionistico chiesto e denegato dalla Corte dei Conti, la riparazione per la somma indicata di meno di Euro 500,00 annui, anche maggiore di quella recentemente determinata dalla C.E.D.U. per il danno non patrimoniale di un processo amministrativo italiano (Sez. 2^, 16 marzo 2010, Volta et autres c. Italie, Ric. 43674/02).

Nella concreta fattispecie, dunque, il giudice del merito si è sostanzialmente attenuto ai criteri innanzi richiamati.

3.2.- Il secondo motivo appare manifestamente inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., perchè il quesito è formulato in modo retorico, ripete il precetto normativo invocato e non indica specificamente le voci tariffarie violate, tenuto conto, altresì, delle somme liquidate dalla S.C. in sede di decisione ex art. 384 c.p.c., in cause del medesimo valore.

Pertanto, il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, ricorrendone i presupposti di legge”.

p.2. – Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto del ricorso.

Il mutamento del quadro giurisprudenziale relativamente alla quantificazione dell’indennizzo giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2011

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