Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24599 del 01/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/12/2016, (ud. 21/10/2016, dep. 01/12/2016), n.24599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10515-2014 proposto da:

D.C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, alla via SILVIO

PELLICO 36, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA FACCIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI IUSPA giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO di D.C.C., in persona curatore p.t.,

elettivamente domiciliato in ROMA, alla piazza ADRIANA, 5, presso lo

studio dell’avvocato MARCO LEONI, rappresentato e difeso

dall’avvocato DARIO LUPO giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6/2014 della CORTE d’appello di LECCE – SEZ-

DISTACCATA di TARANTO, emessa il 07/03/2014 e depositata il

24/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2016 dal consigliere relatore, d.ssa MAGDA CRISTIANO;

udito l’avvocato Giovanni Iuspa, per la ricorrente, che si riporta

agli scritti;

udito l’avvocato Dario Lupo, per il Fallimento controricorrente, che

si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

La Corte d’appello di Lecce ha respinto il reclamo L. Fall., ex art. 18 proposto da D.C.C., titolare dell’omonima ditta individuale, contro la sentenza del Tribunale di Taranto dichiarativa del suo fallimento.

La corte del merito, per ciò che in questa sede ancora rileva, ha escluso che la reclamante, che aveva prodotto le dichiarazioni dei redditi e gli estratti del registro IVA di due anni, avesse fornito prova del mancato raggiungimento delle soglie di fallibilità di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a) e c).

La sentenza, pubblicata il 24.3014, è stata impugnata da D.C.C. con ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui il curatore del Fallimento ha resistito con controricorso.

Il creditore istante, V.M., non ha svolto attività difensiva.

2) Con entrambi i motivi la ricorrente lamenta che la corte territoriale non abbia ritenuto raggiunta la prova della sua non assoggettabilità a fallimento: assume, in primo luogo, che la prova in questione avrebbe dovuto essere tratta in via presuntiva dal complesso dei documenti da lei prodotti in sede di reclamo (documentazione contabile e fiscale, che evidenziava valori inferiori alle soglie di fallibilità e dalla quale si evinceva che la sua attività era cessata diversi anni prima del triennio anteriore alla presentazione dell’istanza), tenuto altresì conto della modestia del credito dell’istante; lamenta, sotto altro profilo, che il giudice a quo non abbia esercitato i propri poteri officiosi in tema di acquisizione probatoria.

3) I motivi appaiono inammissibili per difetto dei requisiti di specificità richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6: il primo denuncia l’errata od omessa valutazione di documenti genericamente richiamati, non allegati al ricorso e di cui non è indicata l’esatta collocazione processuale; il secondo non chiarisce quali poteri istruttori d’ufficio avrebbero dovuto essere esercitati dal giudice del reclamo, nè precisa se la loro attivazione sia stata espressamente richiesta.

Si propone pertanto di dichiarare il ricorso inammissibile, con decisione che potrebbe essere assunta in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 c.p.c.

Il collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne ha condiviso le conclusioni, non utilmente contrastate dalla ricorrente nella memoria depositata, nella quale si continua a fare generico riferimento ai documenti acquisiti nel corso del procedimento di merito, non allegati al ricorso.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Fallimento, che liquida in Euro 3.100, di cui Euro 100 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 20165.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2016

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