Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24596 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. I, 02/10/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 02/10/2019), n.24596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8519/2017 proposto da:

Races Finanziaria S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Calabria n. 56,

presso lo studio dell’avvocato Cesaro Massimo, rappresentata e

difesa dagli avvocati Cesaro Vincenzo Maria, De Feo Claudio, Scala

Angelo, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Barclays Bank PLC, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Viale Bruno Buozzi n. 99, presso

lo studio dell’avvocato Rinaldi Stefania, rappresentata e difesa

dall’avvocato Maruffi Francesco, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 333/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

pubblicata il 26/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/06/2019 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Races Finanziaria spa convenne in giudizio davanti al Tribunale di Milano la Barclays Bank PLC per ivi sentir dichiarare che le parti avevano stipulato un contratto preliminare in data 29 dicembre 2009 denominato “Accordo per la manifestazione di intenti comuni” in forza del quale la Barclays Bank PLC si era obbligata ad acquistare a titolo oneroso, previa sottoscrizione di contratto definitivo da stipularsi sulla base delle condizioni concordate nel contratto preliminare già intervenuto tra le parti, crediti dalla società finanziaria pari all’importo di Euro 440.000.000,00.

Barclays Bank PLC costituendosi in giudizio contestò la domanda sostenendo che l’accordo sottoscritto con controparte in data 29 dicembre 2009 denominato “Accordo per la manifestazione di intenti comuni” si era risolto consensualmente a seguito della lettera in data 23 giugno 2010 e comunque contestò la qualificazione di contratto preliminare data da controparte.

Il Tribunale di Milano accertava la natura di contratto preliminare dell’accordo intervenuto tra Races Finanziaria e Barclays Bank in data 29 dicembre 2009 – avente ad oggetto, tra l’altro, la cessione dalla finanziaria alla banca dei crediti derivanti da finanziamenti erogati a dipendenti per l’ammontare complessivo di Euro 200.000.000 per ogni anno e per tre anni – nonchè accertava che la Barclays era rimasta inadempiente all’obbligo di stipulare un contratto definitivo rispetto all’ulteriore somma di Euro 440.000.00, pari ai crediti generati e da generare da parte della Races Finanziaria; ciò premesso la Barclays Bank veniva dichiarata tenuta ad acquistare entro due anni dalla notifica della sentenza, alle condizioni di cui al suddetto preliminare, e condannata al risarcimento dei danni da liquidarsi in prosieguo.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza notificata in data 27/1/2017, pur confermando la natura di preliminare dell’accordo del 29 dicembre 2009, affermava che lo stesso era stato oggetto di scioglimento due volte, ossia con il paragrafo posto a p. 2 della lettera del 23 giugno 2010, e con l’art. 22.4 del contratto definitivo e, in totale riforma della decisione di primo grado, dichiarò che il contratto preliminare sottoscritto dalle parti in data 29 dicembre 2009 denominato “Accordo per la manifestazione di intenti comuni” si era risolto consensualmente e condannò Races Finanziaria spa al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Avverso la sentenza di secondo grado propone ricorso per cassazione Races Finanziaria spa affidato a tre motivi. Barclays Bank PLC resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente Races Finanziaria spa lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. per omessa, apparente e contraddittoria motivazione perchè la Corte di Appello di Torino non ha minimamente spiegato le ragioni della riforma della sentenza di primo grado salvo poi ritenere alle pagine 17 e 18 che “l’Accordo Quadro del 2011, contiene una clausola di risoluzione espressa di tutti i precedenti accordi intervenuti tra le parti”.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente Races Finanziaria spa lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione degli artt. 99,101 e 112 c.p.c., nonchè per errore revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4, perchè la Corte di Appello di Torino è incorsa in svariati errori ed in particolare non ha tenuto conto delle prove e della documentazione prodotta, avendo affermato che la lettera in data 23 giugno 2010 risolveva l’accordo sottoscritto dalle parti in data 29 dicembre 2009 denominato “Accordo per la manifestazione di intenti comuni”, mentre letteralmente ed espressamente la lettera in data 23 giugno 2010 risolveva solo l’accordo preliminare stipulato in data 28 (e non 29) dicembre 2009.

Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1364 c.c., perchè la Corte di Appello limitava l’esame della copiosa documentazione a soli tre documenti (1- Accordo preliminare in data 29 dicembre 2009; 2- Lettera del 23 giugno 2010; 3- Accordo quadro del 23 maggio 2011) interpretandoli in violazione degli articoli sopra citati artt. 1363 e 1364 c.c.: e ciò in quanto ometteva di indagare sulla comune intenzione delle parti e sul loro comportamento complessivo pur in presenza di un testo negoziale per nulla coerente ed univoco all’esito della comparazione con gli altri documenti di causa.

In particolare la Corte aveva ritenuto che la lettera in data 23 giugno 2010 risolveva l’accordo sottoscritto dalle parti in data 29 dicembre 2009 denominato “Accordo per la manifestazione di intenti comuni”, mentre espressamente sulla base del testo letterale, la lettera in data 23 giugno 2010 risolveva l’accordo preliminare stipulato in data 28 (e non 29) dicembre 2009. Infatti le parti anche dopo il 23 giugno 2010 avevano continuato a riferirsi e menzionare negli atti scambiati tra loro l’accordo preliminare del 29 dicembre 2009, segno questo che tale accordo era fonte negoziale vigente e non risolta con la lettera del 23 giugno 2010.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge (art. 132 c.p.c.) costituzionalmente rilevante (art. 111 Cost.), in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass., 27/11/2014, n. 25216; Cass., 11/04/2017, n. 9253; Cass. Sez. U., 21/02/2017, n. 17619); al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass., 12/10/2017, n. 23940). Nel caso concreto, la Corte d’appello ha adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali ha ritenuto che il contratto definitivo – contenuto nell’Accordo quadro 2011 – aveva superato l’assetto di interessi prefigurato dalle parti nel preliminare del 2009, in quanto, non solo quest’ultimo non era stato neppure richiamato nel testo del contratto definitivo, ma nel testo del medesimo contratto definitivo era addirittura contenuta una clausola risolutiva espressa di tutti i precedenti accordi intervenuti tra le parti. La conclusione cui la Corte è pervenuta, quindi, e cioè che il motivo di appello della Banca Barclays, concernente la qualificazione giuridica dell’accordo del 2009, fosse da accogliere va, pertanto, letta in combinato disposto con il passaggio precedente, nel senso che detto preliminare non vincolava di per sè, in quanto superato dal successivo contratto definitivo di adempimento del preliminare, ma anche di superamento delle previsioni in esso contenute.

Il secondo e terzo motivo da trattarsi congiuntamente sono inammissibili.

Nessun errore revocatorio traspare dalla motivazione della sentenza impugnata. Infatti la Corte territoriale proprio sulla base della copiosa documentazione prodotta, interpretando i vari atti che si sono scambiati le parti nel corso del lungo e complesso rapporto contrattuale, ha affermato che la lettera in data 23 giugno 2010 risolveva l’accordo preliminare stipulato in data 29 dicembre 2009. Tale operazione ermeneutica, che apparentemente si pone in contrasto con il tenore letterale del documento del 23 giugno 2010 nel quale risulta scritto: “Oggetto: “differimento della durata dell’Accordo Quadro del 7 maggio 2008 e risoluzione dell’accordo preliminare del 28 dicembre 2009.” E poi “… con riferimento all’accordo preliminare in data 28 dicembre 2009.. le parti si danno reciprocamente atto che tale accordo deve essere considerato risolto consensualmente e che pertanto non ha prodotto e non produrrà alcun effetto tra le parti stesse”, è frutto dell’interpretazione che la Corte ha attribuito alla comune volontà dei contraenti. La Corte, infatti, partendo dalla lettura dell’unico documento esistente in data 28 dicembre 2009, e cioè una lettera su carta intestata Barclays PLC diretta a Races Finanziaria spa e da questa firmata per accettazione, avente ad oggetto le trattative sull’affare (OMISSIS), ha ritenuto che tale lettera non costituiva il contratto o accordo preliminare al quale si riferivano le parti nella lettera del 23 giugno 2010 e conseguentemente ha ritenuto che le parti in quella lettera si riferissero piuttosto al contratto preliminare del 29 dicembre 2009 indicando una data sbagliata (cioè 28 anzichè 29 dicembre).

La motivazione della sentenza di appello – come trascritta dal ricorrente – si fonda sui seguenti passaggi essenziali: 1) nell’Accordo Quadro definitivo del 2011 le parti hanno convenuto acquisti di crediti da parte della Barclays per Euro 160.000.000, anzichè per 600.000.000 in tre anni, come nell’Accordo del 29 dicembre 2009; 2) la lettera del 23 giugno 2010 contiene un riferimento all’Accordo preliminare del 29 dicembre 2009, che viene dichiarato risolto; 3) l’Accordo quadro del 2011 modifica il preliminare, ossia la “Manifestazione di intenti” del 2009, che non. viene neppure richiamata; 4) tale Manifestazione di intenti del 2009, o Accordo Quadro, avente natura di contratto preliminare, viene risolto due volte: la prima volta, la lettera del 23 giugno 2010; la seconda volta, con l’art. 22.4. del contratto definitivo (Accordo Quadro del 2011. Tale motivazione è evidentemente fondata sul rilievo che la lettera del 23 giugno 2010 – al di là dell’errore materiale denunciato dalla Barclays con il secondo motivo di appello (v. controricorso, p. 17), consistente nel fatto che detta lettera richiama l’accordo preliminare del 28 dicembre 2009, e non quello del 29 dicembre 2009 espressamente afferma che “tale accordo deve essere considerato risolto consensualmente”. E che non potesse che trattarsi dell’Accordo del 29 dicembre 2009, lo si desume dal fatto che l’unico documento, tra i due considerati nella censura, denominato – come si ricava dallo stesso ricorso, pp. 2 e 19) – “Accordo per la manifestazione di intenti comuni” è quello del 29 dicembre 2009, tanto vero che le sentenze di merito lo qualificano come contratto preliminare, laddove il documento del 28 dicembre 2009 è una mera lettera relativa ad un progetto di sviluppo di iniziative commerciali comuni (“(OMISSIS)”). Allo stesso modo, l’art. 22.4. dell’Accordo Quadro del 2011 (contratto definitivo), laddove prevede che le parti si danno atto che “gli Accordi quadro esistenti devono essere considerati risolti consensualmente”, non può che riferirsi all’Accordo preliminare del 29 dicembre 2009, non certo alla lettera del 28 dicembre 2009. D’altro canto, il secondo motivo di appello, accolto dalla Corte territoriale, aveva ad oggetto – come si rileva dal controricorso (p. 18), nonchè dallo stesso ricorso (p. 79 – l’erronea interpretazione, da parte del primo giudice della Manifestazione di intenti 2009, ossia l’accordo del 29 dicembre 2009, che è una manifestazione di intenti. Ebbene, a fronte di tale logico percorso argomentativo seguito dal giudice di appello, diretto a dare una determinata interpretazione agli atti stipulati dalle parti – sulla scorta degli stessi documenti riprodotti nel ricorso dalla Races Finanziaria e ad individuare la comune volontà dei contraenti – costituente un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e segg. (Cass. 29111/2017; Cass. 9996/2019), nella specie non sussistente, per le ragioni suesposte – le censure in esame si risolvono nel tentativo del ricorrente, inammissibile in sede di legittimità, di contrapporre la propria alla interpretazione propugnata dalla sentenza impugnata (Cass. 14318/2013; Cass. 6641/2012).

In ogni caso, l’altra ratio decidendi non risulta adeguatamente impugnata da parte ricorrente; infatti la Corte di Appello ha ritenuto alle pagine 17 e 18 della sentenza che “l’Accordo Quadro del 2011.. contiene una clausola di risoluzione espressa di tutti i precedenti accordi intervenuti tra le parti”. Tra tutti i precedenti accordi intervenuti tra le parti la Corte ha ritenuto quindi che dovesse essere ricompreso quello del 29 dicembre 2009. Pertanto, anche nel caso in cui si voglia ritenere che la lettera del 23 giugno 2010 non risolve l’accordo del 29 dicembre 2009, tale risoluzione discende sicuramente dal successivo Accordo quadro del 5 maggio 2011 per espressa statuizione delle parti.

Per quanto sopra esposto deve essere respinto il ricorso con condanna alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condanna la ricorrente in solido al pagamento alle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 8.200,00 a carico della controricorrente oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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