Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2459 del 04/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 2459 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 29405-2010 proposto da:
TORTORA GAETANO C.F. TRTGTN53P27H501G, domiciliato in
ROMA, VIA DELL’AMBA ARADAM 24, presso lo studio
dell’avvocato MARIOTTI RICCARDO, che lo rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
3307

VORWERK FOLLETTO S.A.S. DI VORWERK MANAGEMENT S.R.L.
(nuova denominazione della già WORWERK ITALIA S.A.S.
VORWERK MANAGEMENT S.R.L.) C.F. 00793630153, in
persona del

legale rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 04/02/2014

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 257,
presso lo studio dell’avvocato CIANNAVEI ANDREA, che
la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
SQUASSI FEDERICO, MONTEFUSCO MICHELANGELO, giusta
delega in atti;

avverso la sentenza n. 4939/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 03/12/2009 R.G.N. 7084/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/11/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato MARIOTTI RICCARDO;
udito l’Avvocato CIANNAVEI ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

– controricorrentk_-

R.G. n. 29405/10
Ud. 20 nov. 2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
dicembre 2009, ha confermato la decisione di primo grado che
aveva rigettato la domanda proposta da Tortora Gaetano nei
confronti di Vorverk Italia s.a.s. (oggi Vorwerk Folletto s.a.s. di
Vorwerk Management sz.1.), volta ad ottenere il pagamento del
lavoro straordinario, con il computo su altre voci retributive,
svolto quale “viaggiatore di 1 A categoria con qualifica di
assistente vendita”.
Ha rilevato la Corte di merito che dalla prova testimoniale
non era emerso che fosse stato superato il limite dell’orario di
lavoro; che mancava, in relazione al tipo di attività svolta, la
possibilità di un controllo dell’orario effettivo di lavoro; che non
era possibile presumere per i commessi viaggiatori e per i
piazzisti una continuità del lavoro per il periodo intermedio tra
l’orario iniziale e l’orario finale, trattandosi di lavoro
caratterizzato da interruzioni e da pause ed anche da relativa
discrezionalità nella scelta dei tempi e dei modi; che era da
escludere nella fattispecie la limitazione dell’orario di lavoro.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso il
lavoratore sulla base di tre motivi. La società intimata ha
resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa
applicazione dell’art. 1, comma 2, del R.D.L. 15 marzo 1923 n.
692, nonché “dell’art. 15 CCNL del settore”.
Deduce che sia il giudice di primo grado che quello di
secondo grado hanno ritenuto che non fosse applicabile nella
specie la limitazione dell’orario di lavoro, stante la equiparazione

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 10 giugno -3

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della figura del piazzista, qual’era esso ricorrente, a quella del
commesso viaggiatore, quest’ultima esplicitamente esclusa, in
virtù del disposto di cui all’art. 1, secondo comma, del R.D. n.
692/23, dal limite orario della prestazione lavorativa.
Ad avviso del ricorrente, tale disposizione, in quanto norma
speciale, non può essere applicata analogicamente ai piazzisti. In
svolge attività itinerante su lunghe distanze, spostandosi di città
in città; l’attività del piazzista, pur essendo itinerante, si svolge
in un ambito territoriale più limitato, all’interno di un singolo
contesto urbano.
Tale diversa dimensione spaziale comporta che la
prestazione lavorativa in senso stretto del commesso viaggiatore
non possa essere svolta con il carattere della continuità, essendo
buona parte del tempo impiegata per gli spostamenti da una
città ad un’altra, a differenza di quella del piazzista il quale opera
in un ambito spaziale più limitato, che non implica tempi di
trasferimento tanto lunghi da determinare una effettiva e
sostanziale discontinuità nella prestazione lavorativa.
Conseguenza di tutto quanto precede, secondo il ricorrente,
è che al piazzista deve applicarsi la norma generale di cui al
R.D.L. 692/23, art. 1, primo comma, nonché quella di cui all’art.
15 del CCNL dei viaggiatori e piazzisti, che prevedono entrambe
la limitazione dell’orario di lavoro.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denunziando
violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., rileva che,
a fronte di precise e concordanti dichiarazioni testimoniali dalle
quali era emerso che la prestazione lavorativa veniva effettuata
con continuità per un tempo eccedente l’orario contrattuale, la
Corte territoriale, con motivazione insufficiente e contraddittoria,
ha ritenuto che non fosse stato provato tale carattere.
Tale affermazione, ad avviso del ricorrente, è errata, avuto
riguardo al contenuto delle dichiarazioni testimoniali in ordine
all’orario di lavoro e allo svolgimento dell’attività lavorativa.

ogni caso le due figure sono diverse: il commesso viaggiatore

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3. Con il terzo motivo, denunziando insufficiente e/o
contraddittoria motivazione, il ricorrente ribadisce che

dalle

dichiarazioni dei testi era emerso che la prestazione lavorativa
veniva svolta senza soluzione di continuità e senza limitazioni
dell’orario di lavoro.
4. Il ricorso, i cui motivi vanno trattati congiuntamente in

Deve innanzitutto premettersi che la Corte di merito, nel
respingere l’appello proposto dall’odierno ricorrente, non ha
distinto l’attività del commesso viaggiatore da quella del
piazzista, ma ha osservato che, quale che fosse la figura del
Tortora, assunto quale viaggiatore di 1^ categoria con qualifica
di “Assistente Vendita” (dei prodotti della società), non era stato
provato che il medesimo avesse lavorato con continuità durante
la giornata lavorativa, e cioè senza pause o interruzioni, e
comunque oltre il normale orario di lavoro.
Non poteva pertanto applicarsi, in mancanza di tale prova,
la presunzione di continuità, trattandosi di lavoro effettuato al di
fuori della sede aziendale e senza la possibilità di controlli
dell’orario di lavoro, con la conseguenza che non vi erano

“ragioni per discostarsi dalla motivata opinione della menzionata
Cass. n. 12913 del 2004 in ordine all’esclusione dalle limitazioni
dell’orario di lavoro non solo dei commessi viaggiatori, ma anche
dei piazzisti”.
Discende da quanto precede che è del tutto superflua la
questione, posta con il primo motivo, circa l’estensione al
piazzista della limitazione dell’orario di lavoro prevista per i
commessi viaggiatori dall’art. 1, comma 2, R.D.L. 15 marzo 1923
n. 692, avendo la sentenza impugnata accertato che in ogni caso
non era stato dimostrato che il ricorrente avesse lavorato con
continuità, senza cioè interruzioni o pause lavorative nel corso
dell’intero arco della giornata.
Ciò posto, va rilevato che il ricorrente con il secondo ed il
terzo motivo, denunziando erronea interpretazione delle

ragione della loro connessione, non è fondato.

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risultanze processuali nonché insufficiente e/o contraddittoria
motivazione, tende a dimostrare che il giudice d’appello non
avrebbe correttamente valutato le dichiarazioni dei testi che, a
suo dire, avrebbero provato lo svolgimento di lavoro
straordinario.
Senonchè, deve al riguardo osservarsi che la denuncia di

potere di riesaminare autonomamente il merito della intera
vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto
quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e
della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal
giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e
valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza,
di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle
ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti
ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o
all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente
previsti dalla legge); ne consegue che il preteso vizio di
motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza,
contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi
sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito
sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente)
esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti
o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto
tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non
consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico
posto a base della decisione (cfr., tra le altre, Cass. n.
9716/2000; Cass. n. 2399/04; Cass. n. 18214/06; Cass. n.
9368/06).
In altre parole, il ricorso per cassazione non introduce un
terzo giudizio di merito tramite il quale far valere la mera
ingiustizia della sentenza impugnata né il vizio di motivazione
può consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in

un vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il

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senso difforme da quello auspicato dalle parti, posto che,
diversamente, i motivi del ricorso si risolverebbero in una
inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei
convincimenti del giudice di merito e, perciò, in una richiesta
volta ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla
natura e alla finalità del giudizio di cassazione, nel cui ambito,

profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale,
delle argomentazioni svolte dal giudice di merito.
Nella fattispecie in esame la Corte di merito, come osservato
in apertura della motivazione, ha accertato, richiamando le
deposizioni dei testi, che costoro non avevano confermato che il
ricorrente avesse lavorato con continuità, senza cioè interruzioni
o pause durante la giornata, e comunque oltre il normale orario
di lavoro, aggiungendo che, come pure era emerso dalle
dichiarazioni dei testi, il datore di lavoro non aveva modo di
controllare l’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa, la
quale peraltro era giustificata dalla incontestata previsione di
compensi correlati agli affari conclusi anche in orari diversi da
quelli di lavoro ordinario.
Nella motivazione sopra indicata non si ravvisano carenze,
insufficienze, contraddizioni logiche né tanto meno si riscontra
l’omesso esame di elementi che avrebbero potuto condurre a una
diversa decisione.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese seguono la
soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P. Q . M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese di questo giudizio, che liquida, a favore della società
resistente, in 100,00 per esborsi ed 3.000,00 per compensi
professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 20 novembre 2013.

come sopra osservato, è consentito solo il controllo, sotto il

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