Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24588 del 18/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/10/2017, (ud. 07/06/2017, dep.18/10/2017),  n. 24588

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8193-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Q.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 238/7/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di GENOVA, depositata il 27/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/06/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. in fattispecie relativa ad impugnazione del silenzio-rifiuto sulla richiesta di rimborso delle maggiori ritenute fiscali operate sull’intero importo (e non sull’87,50%) del trattamento previdenziale erogato alla contribuente – ex dipendente del Consorzio Autonomo del Porto di Genova – per le annualità dal 1997 al 2006, la C.T.P. ha accolto il ricorso per le annualità 2003-2006, dichiarando la decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 per quelle precedenti, e la C.T.R. ha confermato la decisione, affermando il diritto della contribuente “alle somme irpef trattenute in eccesso limitatamente a quelle ricadenti nei 48 mesi antecedenti la presentazione della domanda di rimborso”,”effettuata in data 31.12.2007″;

2. l’Agenzia delle entrate censura la sentenza impugnata per “violazione e/o falsa applicatone del combinato disposto del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, art. 7,comma 1 bis e art. 13, comma 8, (come modificato dalla L. n. 335 del 1995, art. 11) e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48 bis (ora art. 52), comma 1 e art. 47, comma 1, lett. h-bis, (ratione temporis applicabile) e del D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 10, comma 1, lett. f e art. 19”, poichè “le prestazioni pensionistiche erogate dal FONDO CAP istituito presso l’INPS non possono fruire del regime di tassazione nella misura dell’87,50%, in quanto esse non possono considerarsi prestazioni comunque erogate in forma di trattamento periodico ai sensi del D.lgs. 21 aprile 1993, n. 124 alle quali faceva riferimento l’art. 48-bis, comma 1, del Tuir, ratione temporis applicabile”, stante la loro natura di “trattamento pensionistico integrativo” – costituente un tutt’uno con il trattamento obbligatorio, “erogato ai dipendenti CAP… al solo fine di garantire che al personale consortile fosse corrisposto dall’INPS il medesimo livello di trattamento pensionistico che veniva un tempo loro garantito dalla cassa previdenziale dell’Ente di previdenza” – e non di “trattamento pensionistico complementare”;

3. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto adottarsi la motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. il ricorso è fondato, alla luce dell’orientamento di questa Corte, maturato in fattispecie analoghe, nelle quali sono stati affermati i seguenti principi: 1) “il trattamento pensionistico erogato dal Fondo del consorzio autonomo del Porto di Genova (CAP), confluito nell’Inps a decorrere dal 1 gennaio 1987, ha natura complementare, in quanto costituisce una prestazione in forma di rendita realizzata in modo volontario con lo scopo di integrare la pensione pubblica al fine di garantire all’avente diritto un adeguato tenore di vita nell’età pensionabile”, sicchè “l’erogazione da parte dell’INPS di una unica somma comprensiva dell’assicurazione generale obbligatoria e della previdenza complementare non incide sulla natura integrativa del trattamento complementare, dato che si tratta di due titoli giuridici differenti”; 2) sotto il profilo normativo diacronico, “il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, comma 7 bis, come introdotto dalla L. n. 335 del 1995, art. 11,comma 8, entrato in vigore il 17 agosto 1995, ha disposto che le prestazioni periodiche indicate nell’art. 47, comma 1, lett. h bis, dello stesso decreto presidenziale costituiscono reddito per l’87,5% dell’ammontare corrisposto e non per il loro intero ammontare. Successivamente, la disposizione di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48 bis, lett. d (introdotta, con atto dal 1 gennaio 1998, dal D.Lgs.2 settembre 1997, n. 314, art. 4), ha stabilito che le prestazioni periodiche richiamate all’art. 47, comma 1, lett. h bis, dello stesso decreto presidenziale, non sono più soggette alle disposizioni dell’art. 48, dello stesso decreto presidenziale (nel testo sostituito, con effetto dal 1 gennaio 1998, dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 3), ma continuano a costituire reddito per l’87,5% dell’ammontare lordo corrisposto. La disciplina è stata in seguito ancora modificata dal D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, art. 10, comma 1, lett. f), entrato in vigore il 26 maggio 2001 con Otto decorrente, però, dal 1 gennaio 2001, come disposto dall’art. 19, comma 1, stesso D.Lgs., modificato dal D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, art. 13, con il quale si è previsto che le prestazioni pensionistiche di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 47, comma 1, lett. h bis, si assumono al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta, ovverosia sono tassabili non già solo sull’87,5 per cento dell’ammontare lordo corrisposto, come sostenuto dalla CTR sulla scorta dell’originario testo normativo, sebbene sull’intero, quel testo non essendo più in vigore al momento dell’erogazione assoggettata al prelievo fiscale (Cass. n. 1647 del 17.12.2015; Cass. n. 14310 del 20.4.2009)”; 3) in ogni caso, “occorre avere riguardo alla normativa applicabile al momento in cui la prestazione pensionistica matura e viene erogata e non al momento in cui è sorto il diritto alla prestazione stessa” (Cass. Sez. 5, n. 9668/17; v. anche Cass. Sez. 6-5 n. 8280/17; conf. Cass. nn. 240, 9996 e 10302 del 2015);

4. a detti principi non si è conformato il giudice a quo, che ha accolto il ricorso della contribuente per le annualità non coperte da decadenza; la sentenza impugnata va quindi cassata e, non ricorrendo la necessità di nuovi accertamenti, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo anche in relazione agli importi maturati dal 2003 al 2006;

5. le spese del grado seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, mentre quelle delle fasi di merito possono essere compensate, tenuto conto dell’epoca in cui si è consolidato il su esposto orientamento giurisprudenziale.

PQM

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta integralmente l’originario ricorso del contribuente, che condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2017

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