Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24588 del 01/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/12/2016, (ud. 06/10/2016, dep. 01/12/2016), n.24588

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16080-2015 proposto da:

ENTE AUTONOMO VOLTURNO (E.A.V.) SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TEVERE, 46/A, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PALA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIULIO RUSSO giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.F.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA ALBERICO

II, n. 4, presso lo studio dell’avvocato ROBERTA NICCOLI,

rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA NAPOLITANO, ALFONSO

ERRA giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

B.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 9270/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

6/12/2014, depositata il 22/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. L’ENTE AUTONOMO VOLTURNO (E.A.V.) s.p.a. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Napoli che ha riconosciuto il diritto dei lavoratori a fruire, dal 2001, di due ulteriori giorni di permesso retribuito annuo alla stregua degli accordi confederali che regolano la materia, dichiarando illegittima la riduzione operata, con atto unilaterale, dall’azienda a decorrere dal 2001.

3. La società ricorre per cassazione, articolando plurimi motivi di impugnazione.

4. D.F.S. ha resistito con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria; B.R. è rimasto intimato.

5. Il ricorso è manifestamente infondato alla luce delle numerose decisioni di questa Corte intervenute in vicende del tutto analoghe (Cass. nn. 18715, 20201, 20202, 20203, 20204, 20205, 20206 del 2014; da ultimo, Cass., sez. sesta-L n. 9358/2016).

6. In tali decisioni è stato innanzitutto evidenziato che si era in presenza di un rapporto asimmetrico tra la legge che aveva eliminato alcune festività e l’Accordo collettivo successivo che aveva previsto un incremento di ferie e permessi numericamente non corrispondente alle soppressioni nel tempo intervenute ma inferiore.

7. Inoltre è stato precisato che l’evoluzione legislativa intervenuta dopo la stipula dell’Accordo interconfederale che aveva previsto giorni di ferie o permessi aggiuntivi avrebbe potuto (forse dovuto) indurre le parti collettive ad un ripensamento della regolamentazione pattizia ma le organizzazioni datoriali e sindacali che avevano sottoscritto l’accordo non hanno ritenuto di operare una revisione del contenuto dell’atto sulla base delle nuove emergenze legislative.

8. Tale revisione non può operarla il giudice, legittimando l’iniziativa unilaterale di un soggetto privato che non è parte dell’accordo collettivo.

9. Non va dimenticato che parti del contratto collettivo (id est dell’accordo interconfederale) sono le organizzazioni datoriali e dei lavoratori, che avevano tutti i poteri per aggiornare la regolamentazione e non lo hanno fatto.

10. Anzi, pur avendo rinnovato più volte la contrattazione del settore negli anni successivi alle modifiche legislative, hanno omesso di aggiornare e ricalibrare la disciplina di questa materia.

11. Il singolo lavoratore o datore di lavoro aderente alle organizzazioni stipulanti non ha poteri modificativi della regolamentazione collettiva.

12. In presenza, dunque, di un “atto normativo” con efficacia vincolante per il singolo aderente alle associazioni stipulanti, l’unica via per sottrarsi a tale efficacia è quella del recesso dall’associazione.

13. In conclusione, non è possibile considerare legittimo il comportamento di una delle parti (non dell’accordo interconfederale, ma) del contratto individuale di lavoro, che, unilateralmente, abbia deciso di disapplicare parzialmente (e quindi modificare) il contenuto dell’accordo medesimo a seguito di (una delle) modifiche legislative in materia di festività, che invece le stesse parti collettive non hanno ritenuto idonee a determinare revisioni della disciplina dell’accordo nazionale da loro sottoscritto.

14. In definitiva, il ricorso deve rigettarsi.

15. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, in favore di D.F.S., seguono la soccombenza, con distrazione in favore degli avvocati Napolitano Andrea ed Erra Alfonso, per dichiarato anticipo fattone; nulla spese per B.R., rimasto intimato.

16. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi).

17. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da rigettarsi integralmente, deve provvedersi in conformità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di D.F.S., delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%, da distrarsi in favore degli avvocati Napolitano Andrea ed Erra Alfonso, dichiaratisi antistatari; nulla spese per la parte rimasta intimata. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2016

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