Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24584 del 31/10/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24584 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 28251-2008 proposto da:
MESSINA ANGELO C.F. MSSNGL44R211220W, elettivamente
domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE TRIONFALE 77,
presso lo studio dell’avvocato ANTONINO GUGLIOTTA,
rappresentato e difeso dall’avvocato SORBELLO
GAETANO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
2685

contro

COMUNE DI SAN FILIPPO DEL MELA C.F. 00148160831, in
persona del legale rappresentante pro

tempox,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO DELLA

Data pubblicazione: 31/10/2013

VALLE 4, presso lo studio dell’avvocato FUSCO
ALESSANDRO, rappresentato e difeso dall’avvocato
CALLIPO GAETANO, giusta delega in atti e da ultimo
domiciliato presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE;

avverso la sentenza n. 1218/2007 della CORTE
D’APPELLO di MESSINA, depositata il 13/12/2007 R.G.N.
1805/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/09/2013 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA PAGETTA;
udito l’Avvocato GREGO GIOVANNI per delega CALIPPO
GAETANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA 2 che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– controricorrente

Svolgimento del processo
Con ricorso al giudice del lavoro Angelo Messina chiedeva accertarsi la illegittimità della revoca
dall’incarico di Responsabile dell’Area Gestione Territorio del Comune di San Filippo Mela, della
successiva assegnazione all’Area Gestione Risorse del detto Comune con asserito demansionamento,
della esclusione dalla progressione economica orizzontale; chiedeva inoltre la condanna dell’ente
convenuto al pagamento delle differenze retributive ed al risarcimento del danno biologico conseguente

Il Tribunale respingeva la domanda . La decisione era confermata dalla Corte di appello di Messina.
Il decisum del giudice di appello era fondato sulle seguenti considerazioni:
-la revoca dall’incarico dirigenziale era legittima in quanto inserita nell’ambito di un processo di
ridefinizione e riorganizzazione dei servizi del Comune, che aveva indotto la Giunta Comunale ad
adottare, previa concertazione con le organizzazioni sindacali, un nuovo Regolamento degli Uffici e
Servizi in base al quale era chiesto per l’incarico di Responsabile dell’Area Gestione del Territorio il

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conseguimento del diploma di laurea,- titolo del quale era privo il ‘ geometra Messina ; tale scelta non
elìsknstruxech
tecnica fondata sulla facoltà per
era sindacabile in quanto espressione di
l’Amministrazione,conferita dall’art. 8 CCNL Comparto Autonomie Locali, di istituire posizione di
lavoro richiedenti lo svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità correlate a diplomi di
laurea e/o a scuole universitarie; l’assegnazione di incarico apicale aveva un intrinseco carattere
transitorio; essa non conferiva il diritto ad essere mantenuto nell’incarico, non incideva
sull’inquadramento contrattuale né sulla posizione funzionale ma comportando esclusivamente benefici
economici connessi allo stesso; in conseguenza, la “restituzione” del Messina alla categoria di
appartenenza “D” ed alla posizione economica “D 3″non integrava di per sé sola demansionamento o
dequalificazione;
– la assegnazione del Messina all’Area Gestione Risorse — Ufficio Patrimonio non aveva comportato
demansionamento o sacrificio della professionalità in quanto, il contratto collettivo espressamente
contemplava la esigibilità da parte dell’Amministrazione del complesso di mansioni riconducibili a
ciascuna categoria, mansioni considerate professionalmente equivalenti;
– la deduzione attorea in ordine alla situazione di inattività o comunque all’attribuzione di compiti
dequalificanti presso la nuova collocazione risultava smentita dalla documentazione prodotta dall’ente
che attestava l’assegnazione di numerosi incarichi nel periodo in questione; era inoltre emerso che in
detto periodo il Messina era rimasto assente per circa 300 giorni e che nel complesso aveva tenuto un
atteggiamento scarsamente collaborativo; premesso che l’equivalenza non andava verificata con
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all’attività di mobbing della quale asseriva di essere stato vittima.

riferimento alle funzioni apicali ma con quelle di inquadramento era quindi da escludere che in concreto
si fosse verificata la lesione della professionalità;
– la mancata corresponsione delle indennità accessoria alla posizione apicale era da collegare alla perdita
dell’incarico di Responsabile e non ad una condotta illegittima e vessatoria dell’Amministrazione:
l’Ente aveva documentalrnente provato la regolarità delle operazioni che avevano portato per il 2000 a
non poter conferire alcuna progressione economica al Messina in conformità dei criteri stabiliti nel

poteva ottenere l’incentivo; in particolare non erano emersi elementi dai quali desumere che la
valutazione comparativa era frutto di scelta arbitraria e vessatoria dovendo anzi evidenziarsi che la
stessa risultava giustificata dal complessivo comportamento assunto dal Messina immediatamente dopo
il suo passaggio ad altro incarico, comportamento concretatosi in continue assenze ed nella condotta
tenuta in occasione della gara d’appalto per il risanamento delle acque che aveva comportato la perdita
del contributo comunitario;
– non erano emersi elementi di riscontro alla denunziata attività vessatoria e mobbizzante da parte
dell’ente datore di lavoro dovendosi escludere che dalla stessa fosse derivata la patologia psico- fisica
alla base del congedo per malattia .
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Angelo Messina sulla base di sei motivi.
Il Comune di San Filippo di Mela ha depositato controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2,
45 e 55 d. lgs. n. 29 /93, degli artt. 89, comma 6 e 109 T.U. n. 267 /2000 , dell’art. 4 L. n. 2248 del
1865, degli arti. 2 commi 1 e , 5 comma 2, e 63 comma 1 del d. lgs. n. 165 del 2001, nonché il vizio di
motivazione, censura la decisione per avere ritenuto sottratta al sindacato giurisdizionale la scelta
dell’Amministrazione di procedere alla riorganizzazione dei servizi e per avere, sulla base di tale scelta,
ritenuta legittima la revoca dell’incarico di Responsabile dell’Area Gestione del Territorio
Con il secondo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione di norme di diritto in
relazione all’art. 115 cod. proc. civ. nonché vizio di motivazione, si censura la decisione per avere
omesso di valutare alcuni documenti, fra i quali il provvedimento del Gip del Tribunale di Barcellona
Pozzo di Gotto che aveva disposto il rinvio a giudizio del Sindaco del Comune di S: Filippo del Mela
per abuso di ufficio anche in relazione alla vicenda della revoca dell’incarico in oggetto .

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verbale sindacale 27/28. dicembre 2000 secondo il quale solo uno dei due dipendenti di categoria D3

Con il terzo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 cod. civ. nonché vizio di
motivazione, si censura la decisione per non avere considerato che con decreto del Presidente della
Regione Sicilia n. 436 del 2001, reso sulla scorta del parere del Consiglio di Giustizia amministrativa,
era stato sancito il diritto del Messina ad essere reintegrato nelle funzioni di Responsabile Area
Gestione del Territorio e che gli incarichi conferiti dopo la revoca avevano ad oggetto progetti di
modesta entità economica e di non rilevante impegno professionale con sacrificio della professionalità

Con il quarto motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 cod civ,.
nonché il vizio di motivazione„ viene censurata la valutazione relativa al comportamento del Comune
nell’escludere il diritto del Messina alla progressione orizzontale economica,
Con il quinto motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione degli artt. 2099 cod. civ. e 36 Cost.
viene censurato il rigetto della domanda intesa alla condanna al pagamento della indennità di direzione
non più corrisposta a decorrere dall’ottobre 2000.
Con il sesto motivo, deducendosi violazione degli artt. 1175, 1375 e 2087 cod. civ. e dell’art. 61 cod.
proc. civ. nonché vizio di motivazione, si censura il rigetto della domanda di risarcimento del danno
da mobbing.
Rileva il Collegio che i motivi che denunciano violazione di norme di diritto sono, come eccepito nel
controricorso, inammissibili per inadeguata formulazione dei quesiti di diritto prescritti dall’art. 366 bis
cod. proc. civ. applicabile ratione temporis per essere la decisione impugnata stata pubblicata in data 13
dicembre 2007.
Questo giudice di legittimità ha chiarito che la funzione propria del quesito di diritto è di far
comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico – giuridica
della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia,
secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, con la conseguenza che la mancanza
anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il motivo inammissibile e dovendo altresì
ritenersi inammissibile il motivo di diritto che si limiti a chiedere alla Corte puramente e semplicemente
se vi sia stata o meno violazione di una determinata disposizione di legge, posto che la norma impone al
ricorrente di indicare nel quesito l’errore di diritto della sentenza impugnata in relazione alla concreta
fattispecie (v. Cass. n. 714 del 2011, n. 8643 del 2009, nonché S.U. n. 7433 del 2009, n. 24339 del
2008 ). E’ stato poi precisato che il quesito di diritto deve essere conferente rispetto al “decisum” e
poter circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito
medesimo ( v. Cass. n. 17064 del 2008); esso, inoltre, non può essere meramente generico e teorico,
ma deve essere calato nella fattispecie concreta, (v., tra le altre, Cass. n. 3530 del 2012 ) e non può
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acquisita nel settore tecnico.

essere formulato in modo da involgere una “quaestio facti” ( v. S.U. n, 23860 del 2008 ). La sua
formulazione deve inoltre avvenire in modo rigoroso e preciso, evitando quesiti multipli o cumulativi. (
v. ex plurirnis: Cass. n. 5471 del 2008)
Parte ricorrente si è sottratta a tali prescrizioni : in calce a ciascun motivo infatti vengono sviluppati
una pluralità di quesiti i quali sono formulati in termini astratti e generici, senza esprimere alcuna
specificità in relazione alla fattispecie concreta; essi constano di una domanda rivolta alla Corte che non

caso concreto
Quanto ai motivi con i quali è denunziato il vizio di motivazione si rileva che viene del tutto omessa la
sintesi richiesta dall’art. 366 bis cod. proc. civ. che, con riferimento al motivo di cui all’art. 360, comma
primo n. 5 cod. proc. civ., prescrive ai fini dell’ammissibilità del ricorso “la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni
per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”; è in
particolare da puntualizzare che la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi si richiede
anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata
censura, attesa la “ratio” che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro
di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo
quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito ( Cass. n. 24 255 del 2011) .
Infme è da evidenziare che alcuni motivi di ricorso, segnatamente il primo, il secondo ed il terzo, nel
dedurre la violazione e/o mancata considerazione di alcuni documenti, non precisano se ed in quale
fase del giudizio di merito gli stessi sono stati depositati, né ne riproducono il contenuto al fine di
consentire il sindacato della Corte.
Quanto ora rilevato si traduce in un’ulteriore causa di inamrnissibilità,quale conseguenza della
violazione del disposto dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. . E’ stato infatti chiarito che il disposto di cui
all’art. 366 cod. proc. civ. ,n. 6, secondo il quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di
inammissibilità, “la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi
collettivi sui quali il ricorso si fonda” , postula che sia specificato in quale sede processuale il
documento, pur indicato nel ricorso, risulta prodotto, poiche’ indicare un documento significa
necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove nel processo e’
rintracciabile. La causa di inamrnissibilita’ prevista dal nuovo art. 366 c.p.c., n. 6, e’ direttamente
ricollegata al contenuto del ricorso, come requisito che si deve esprimere in una indicazione
contenutistica dello stesso (si veda, in termini, Cass. sez. un. n. 28547 del 2008; ord. sez. un. n.7161 del
2010; ord. n. 17602 del 2011).
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individua l’errore ascritto al giudice del gravame e quale, in tesi, la “regula iuris” ritenuta applicabile nel

Ti ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione

Roma, camera di consiglio del 25 settembre 2013

Il Consigliere est.

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Il Presidente.
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Il Funzionario Giudiziario
Dott.ssa Donatella CO

che liquida in € 5000,00 per compensi professionali e €100,00 per esborsi.

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