Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24578 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 02/10/2019), n.24578

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28933/15 R.G. proposto da:

B.P., rappresentato e difeso, come da mandato a margine

del ricorso, dall’avv. Fabio Pace, con domicilio eletto presso il

suo studio in Milano, Corso di Porta Romana, n. 89/b;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i

cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è elettivamente

domiciliata;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Lazio

n. 6575/20/14 depositata in data 4 novembre 2014

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio

2019 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

Fatto

RILEVATO

che:

B.P. ricorre, con sei motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con la quale la Commissione tributaria regionale del Lazio – decidendo in sede di rinvio a seguito di ordinanza di questa Corte n. 3430 del 5 marzo 2012 – ha accolto l’appello dell’Ufficio dichiarando non dovuto il rimborso richiesto dal contribuente nell’atto di riassunzione a titolo di rimborso della maggiore imposizione Irpef operata dal datore di lavoro (Enel s.p.a.) all’atto della corresponsione, maturata prima del 31 dicembre 2000, di una somma a titolo di conversione del trattamento pensionistico integrativo aziendale ((OMISSIS)- (OMISSIS)) in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, come da accordo collettivo stipulato nel 1986.

In particolare, la Commissione regionale ha ritenuto che la certificazione prodotta non fosse idonea all’assolvimento della prova che vi fosse stato l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e di quale fosse stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego; ha, inoltre, considerato non rilevante, diversamente da quanto sostenuto dal contribuente, che la (OMISSIS) configurasse uno “strumento giuridico non tipizzato” rispetto alla disciplina del D.Lgs. n. 124 del 1993, il cui patrimonio era incluso in quello complessivo che l’Enel utilizzava per svolgere la sua attività operativa, e che, di conseguenza, la redditività degli accantonamenti effettuati a bilancio per le prestazioni previdenziali fosse pari a quella ottenuta in maniera generale dall’intero patrimonio della società, ponendo in evidenza che seppure il Fondo (OMISSIS) fosse confuso nel patrimonio dell’Enel, comunque le somme corrisposte ai lavoratori non derivavano dal rendimento delle risorse finanziarie dell’Enel, ma erano state calcolate in base ad un predeterminato calcolo di matematica attuariale.

L’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione e memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c.

Anche la contribuente ha depositato memoria ex art. 380-bis.l. c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione della L. n. 482 del 1985, art. 6, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4, (nel testo applicabile ratione temporis), del D.L. 31 dicembre 1986, n. 669, art. 1, comma 5, (convertito dalla L. 30 del 28 febbraio 1997), del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17, il ricorrente sostiene che le Sezioni Unite, facendo riferimento al “rendimento netto” imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato, hanno inteso riferirsi alla fattispecie (OMISSIS), ossia ad un Fondo pensione complementare a tutti gli effetti, e che il riferimento alla fattispecie (OMISSIS) riguarda invece il caso del mero rendimento di polizza così come individuato dalla L. 26 settembre 1985, art. 6.

Sostiene che la sentenza n. 13642/11 delle Sezioni Unite include il Fondo (OMISSIS) tra i fondi previdenziali attribuendole natura di “Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti” e che il termine “mercato” adottato dalle Sezioni Unite, in mancanza di ulteriore qualificazione, esprime un concetto generico ed elastico, dovendo trovare attuazione rispetto a tutta la congerie delle diverse forme previdenziali sviluppatesi anteriormente al D.Lgs. n. 124 del 1993; di conseguenza, il Fondo (OMISSIS) sfugge alla regolamentazione giuridica di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993, artt. 4 e 6, ben potendo l’Enel formare e gestire il relativo capitale secondo libere scelte economiche.

Ad avviso del ricorrente, pertanto, considerato che il capitale (OMISSIS) è sempre stato frammisto a tutto il patrimonio operativo dell’Enel, la redditività degli accantonamenti effettuati a bilancio per il finanziamento delle relative prestazioni previdenziali è stata pari a quella ottenuta in maniera generale dall’intero patrimonio della società nel corso dell’attività operativa della stessa, sicchè il “rendimento netto” va identificato, pro-quota, negli utili che il citato patrimonio netto ha prodotto annualmente;

ribadisce, quindi, che la relazione attuariale prodotta illustra e determina il “rendimento netto” allo stesso spettante, ammontare rispetto al quale l’Enel avrebbe dovuto applicare la minore aliquota del 12,5 per cento in base alla L. n. 482 del 1985, art. 6.

Contesta, pertanto, alla Commissione regionale di non avere correttamente proceduto alla ricognizione della fattispecie astratta recata dalla norma di legge applicabile al caso in esame e di avere erroneamente ritenuto che il rendimento percepito dal contribuente non sia riconducibile al c.d. rendimento individuato dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, non facendo in tal modo applicazione del principio di diritto enunciato dalla Corte con la sentenza n. 3430/12, che aveva rimesso al giudice di rinvio la quantificazione della somma da rimborsare al contribuente.

2. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., 115 e 167 c.p.c. e 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992, il contribuente evidenzia che l’Ufficio non ha contestato che la somma quantificata nella certificazione Enel a firma di ” B.P.” non costituisse rendimento tassabile con l’aliquota del 12,5 per cento, per cui l’ammontare del rendimento costituiva fatto certo acquisto al giudizio da porre a base della decisione; sostiene, altresì, che la certificazione dell’Enel rilasciata costituisce valida certificazione ai fini dell’individuazione dei rendimenti netti inglobati nella liquidazione capitalizzata della prestazione previdenziale a favore del contribuente.

3. Con il terzo motivo, deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7 e 63, e lamenta che i giudici di merito, parlando di onere “esclusivo” della prova a carico del contribuente, hanno sostanzialmente negato il potere-dovere funzionale attribuito al giudice tributario dall’art. 63 del decreto legislativo cit., in relazione all’art. 7 del decreto legislativo cit.; assume, inoltre, che con la certificazione Enel a firma di B.P. depositata nel giudizio di secondo grado e con la perizia allegata al ricorso in riassunzione ha pienamente ottemperato all’onere probatorio a suo carico, atteso che i dati riportati in detta certificazione sono idonei a quantificare la quota-rendimento ed a definire il rimborso dovuto dall’Erario, per cui la C.T.R. avrebbe potuto fare ricorso ai suoi “poteri integrativi” per eventuali approfondimenti ritenuti opportuni.

4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 e art. 163 c.p.c., nn. 4 e 5, sottolineando che le norme richiamate in rubrica enunciano il principio generale di libertà in base al quale la parte, salvi i casi in cui il legislatore non ritenga di fissare specifici limiti, vanta diritto a proporre al giudice i mezzi che ritiene più idonei a provare il suo diritto.

5. Con il quinto ed il sesto motivo, censura la decisione impugnata per omesso esame del fatto controverso e decisivo per il giudizio consistente nella individuazione della tipologia di rendimento.

Spiega che nel ricorso in riassunzione aveva chiesto il rimborso della somma di Euro 247.319,05, oltre interessi legali, richiamando la certificazione Enel attestante l’ammontare del rendimento maturato, le somme imputabili a capitale, i contributi datoriali, quelli versati dal dirigente ed i rendimenti ed aveva pure allegato perizia a firma del Dott. P. che spiegava le modalità attraverso le quali l’Enel aveva individuato nel tempo gli accantonamenti a bilancio per il finanziamento della (OMISSIS); sul punto la sentenza gravata aveva ignorato la questione della tipologia del rendimento, incorrendo nel vizio di motivazione dedotto.

Addebita, inoltre, alla Commissione regionale di non avere tenuto conto del fatto che la certificazione prodotta riportava il “logo” dell’Enel ed era stata redatta dal Dott. B., all’epoca dirigente responsabile dell’Enel, e costituiva “fatto decisivo” per il giudizio sia per il suo contenuto sia per la sua provenienza.

6. Con il settimo motivo, deducendo violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, degli artt. 384 e 392 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamenta che i giudici di rinvio hanno erroneamente ritenuto che in base al principio di diritto enunciato nella sentenza n. 3430/2012 potessero esimersi dall’accertare il quantum, rimettendo in discussione l’an, e che hanno omesso la disamina delle norme contrattuali applicabili, non tenendo presente che all’epoca dei fatti la (OMISSIS) era una forma previdenziale cd. “interna”, ossia regolata anche dall’art. 2117 c.c., ovvero un fondo speciale per la previdenza costituito dall’imprenditore, il quale non poteva distrarre siffatte risorse dal fine al quale erano destinate.

7. I motivi, essendo strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente e sono infondati.

La sentenza della Commissione regionale in sede di rinvio, dopo avere ribadito che, in forza dei principi enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13642 del 22 giugno 2011, l’aliquota del 12,5 per cento deve essere imputata esclusivamente al “rendimento netto”, da intendersi come quello risultante dalla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato, meglio chiarito da questa Corte con le sentenze nn. 10285 del 26/4/2017, 4941 del 2/3/2018 e 16116 del 19/6/2018, si è attenuta al principio di diritto ribadito con la sentenza n. 3430 del 2012, resa tra le parti, che ha rimesso al giudice di rinvio di effettuare un “concreto accertamento – anno per anno – della natura dell’attribuzione patrimoniale su cui va applicata la tassazione”.

8. Al fine di meglio comprendere i principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13642 del 22 giugno 2011, richiamata nell’ordinanza n. 8319 del 2012, pronunciata tra le parti, occorre, in primo luogo, ricordare che a decorrere dal 1 gennaio 1986 (in base all’art. 12, comma 4, del CCNL del 16 maggio 1985, recepito dall’Enel) venne prevista a favore dei dirigenti Enel la stipula di un’assicurazione sulla vita con la previsione contrattuale dell’erogazione di una prestazione al momento del collocamento a riposo.

Successivamente, sempre nel 1986, a seguito di apposita richiesta delle rappresentanze sindacali dei dirigenti, tale previsione venne modificata con l’accordo tra l’Enel e la Federazione nazionale dirigenti di aziende industriali (Fndai), in virtù del quale venne sostituito il trattamento assicurativo di cui sopra con un rapporto di previdenza pensionistica integrativa (c.d. (OMISSIS), ovvero Previdenza Integrativa Aziendale) con prestazioni da erogare in forma di trattamento periodico (ciò peraltro con efficacia retroattiva al 1 gennaio 1986, da ciò potendosi desumere che la disposizione che prevedeva la stipula di polizze vita di fatto non venne mai applicata).

Tale forma di previdenza venne però dismessa nel 1998 e i fondi accumulati trasferiti a (OMISSIS), Fondo di Previdenza integrativa esterno, chiamato a gestire una forma di previdenza complementare a capitalizzazione individuale, che dava diritto, ai dirigenti Enel che vi avevano aderito e che ne facevano richiesta al momento della cessazione del rapporto di lavoro, alla liquidazione dell’intero capitale accumulato in luogo della rendita vitalizia (Cass. n. 4941 del 2 marzo 2018; Cass. n. 10285 del 26/4/2017).

Quanto al regime fiscale di tale prestazione, alla tesi dei contribuenti secondo cui il capitale richiesto, in quanto originato da un contratto assicurativo, dovesse essere assoggettato alla ritenuta a titolo di imposta nella misura del 12,5 per cento, ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 (e ciò quantomeno sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2 per cento per ogni anno successivo al decimo se il capitale era corrisposto dopo almeno dieci anni dalla conclusione del contratto, ai sensi dell’art. 42, comma 4, del t.u.i.r.), si contrapponeva quella dell’Amministrazione finanziaria, secondo cui, invece, l’erogazione in oggetto non poteva considerarsi come reddito di capitale in dipendenza di un contratto assicurativo sulla vita, ma come reddito di lavoro dipendente, soggetto a tassazione separata ai sensi dell’art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 del t.u.i.r.

8.1. Le Sezioni Unite, intervenendo sulla complessa questione, hanno anzitutto evidenziato che occorre distinguere la situazione dei soggetti già iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124 (28 aprile 1993) e quella dei soggetti iscritti a forme analoghe in epoca successiva all’entrata in vigore del predetto provvedimento legislativo, discrimine che discende dalla norma interpretativa di cui al D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 1, comma 5 (convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1997 n. 30), il quale prevede che “la disposizione contenuta nel D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, art. 13, comma 9, e quella contenuta nell’art. 42, comma 4, ultimo periodo del t.u.i.r introdotta dalla L. 8 agosto 1995 n. 335, art. 11, comma 3 … devono intendersi riferite esclusivamente ai destinatari iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993 cit.”.

8.2. A fronte di questa situazione “binaria”, che distingueva tra “vecchi iscritti” e “nuovi iscritti” a forme pensionistiche complementari, a cui pose fine il D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, art. 12, comma 1 (come modificato dal D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, art. 9, comma 1, lett. a)), con riferimento ai capitali maturati in data antecedente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, le Sezioni Unite hanno evidenziato che “il trattamento tributario delle prestazioni erogate non è, e non può essere, indipendente dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse”, le quali “nel caso concreto, trattandosi di un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono composte di una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole minor misura dal lavoratore), e da “un rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato”, sicchè “possono essere tassate in modo analogo al T.F.R. esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale, mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie (OMISSIS)), si applica la tassazione nella misura del 12,5 per cento ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6”.

Hanno, quindi, deciso la questione relativa alla disciplina impositiva applicabile in materia di prestazioni erogate in forma di capitale da fondi previdenziali integrativi (Fondenel e (OMISSIS)) con l’affermazione del seguente principio di diritto: “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 del t.u.i.r., solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50 per cento, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 t.u.i.r.”.

8.3. Essendo emerse contrapposte interpretazioni circa il concetto di “rendimento netto”, ammesso alla tassazione con aliquota del 12,5 per cento, il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite non è risultato risolutivo.

Sul punto, la successiva giurisprudenza di questa Corte, con numerose pronunce (Cass. n. 10285 del 26 aprile 2017; Cass. n. 24525 del 18 ottobre 2017; Cass. n. 4941 del 2 marzo 2018; Cass. n. 5436 del 7 marzo 2018), prevalenti su quelle di segno contrario, ha chiarito che il principio affermato dalle Sezioni Unite deve essere interpretato nel senso che il più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rinvenienti dall’effettivo investimento, da parte del fondo, sul mercato finanziario, o comunque di riferimento, del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento.

L’applicazione del più favorevole meccanismo impositivo L. n. 482 del 1985, art. 6, si giustifica, dunque, in ragione della “equiparazione” tra i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e (quelli corrisposti in dipendenza di contratti) di capitalizzazione posta dall’art. 41 (ora 44), comma 1, lett. g-quater), e art. 42 (ora 45), comma 4, t.u.i.r., e non già, dunque, per effetto di una diretta riconduzione della fattispecie alla previsione di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (invero espressamente riferita solo ai capitali corrisposti da “imprese di assicurazione” in dipendenza di “contratti di assicurazione sulla vita, esclusi quelli corrisposti a seguito di decesso dell’assicurato”), ma solo in via di applicazione analogica di tale disposizione ai capitali corrisposti in dipendenza di contratti di capitalizzazione, analogia giustificata dalla comune considerazione delle due fattispecie nel t.u.i.r., quali ipotesi omogenee di redditi di capitale (Cass. n. 10285 del 26/4/2017; Cass. n. 4941 del 2018).

8.4. Ne consegue che la ragione dell’eventuale assoggettabilità a detto meccanismo dei capitali corrisposti, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, ai dirigenti Enel aderenti al descritto fondo di previdenza integrativa, non vada ricercata – neppure con riferimento a quelli riferibili agli accantonamenti operati in regime di (OMISSIS) prima del 1998 – in una natura assicurativa della prestazione, nè tanto meno del soggetto erogante, quanto piuttosto nella possibilità di ravvisare in quelle prestazioni redditi di capitale derivanti da contratti di capitalizzazione (e nei limiti in cui tale possibilità sussista). Non si tratta, pertanto, di (redditi derivanti da) contratti di assicurazione sulla vita, come si desume dal contenuto degli accordi succedutisi nel tempo tra Enel e organizzazioni sindacali di categoria, per cui solo se e in quanto nei capitali corrisposti possano identificarsi “redditi di capitale derivanti da contratti di capitalizzazione” può giustificarsi l’applicazione del meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6, dovendosi pertanto escludere la possibilità di distinguere tra (OMISSIS) e (OMISSIS) – ossia tra rendimenti degli accantonamenti operati prima del 1998 nel fondo denominato (OMISSIS) e rendimenti riferibili invece alla gestione (OMISSIS) del periodo successivo – e considerare i primi comunque assoggettabili al detto meccanismo in ragione di una presunta, ma come detto insussistente, natura assicurativa delle prestazioni (Cass. n. 15853 del 15/6/2018).

8.5. Tale distinta considerazione non può ricavarsi dalla sentenza delle Sezioni Unite, che descrive il fondo de quo in termini chiari e univoci, senza alcuna distinzione rispetto alle diverse configurazioni succedutesi nel tempo, quale “fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente”, le cui prestazioni sono composte da “una sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole minor misura dal lavoratore), e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato”; “data tale premessa non può dubitarsi – anche per la congiunzione “sicchè” che lega i due periodi da nesso logico di conseguenzialità – che il successivo riferimento al ” rendimento di polizza (nella fattispecie (OMISSIS))” abbia solo valore descrittivo/esemplificativo della parte dei capitali corrisposti eventualmente tassabile nella misura del 12,5 per cento ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, fermo restando il requisito poco prima indicato perchè un tale rendimento possa effettivamente identificarsi, rappresentato dall’essere lo stesso discendente dalla gestione sul mercato del capitale accantonato” (Cass. n. 4941 del 2/3/2018; Cass. n. 15853 del 15/6/2018).

8.6. Va, quindi, confermato che sono tassabili con l’aliquota del 12,5 per cento, ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, i capitali maturati anteriormente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti al fondo di previdenza integrativa ((OMISSIS), poi (OMISSIS)) prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, limitatamente a quella parte di essi costituita dal rendimento netto, derivante dalla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato; se, pertanto, da una parte, tale requisito andrà ricercato anche per i capitali maturati e gli accantonamenti effettuati anteriormente alla trasformazione del fondo da (OMISSIS) a (OMISSIS), dall’altra parte, però, non vi è ragione di circoscrivere tale requisito ai soli (eventuali) investimenti nel mercato finanziario, secondo l’indicazione contenuta nella Risoluzione n. 102/E del 26 novembre 2012 dell’Agenzia delle Entrate, avallata da diverse sentenze successive alla pronuncia delle Sezioni Unite (v. Cass. nn. 7724, 7728, 12941, 12946, 22950 del 2013; nn. 3136, 6380, 8310 del 2014; n. 1977 del 2015), ma non contenuta in quest’ultima che parla soltanto di “gestione sul mercato”, senza alcuna aggettivazione.

Il requisito dell’essere il rendimento imputabile alla “gestione sul mercato” del capitale accantonato identifica, in realtà, la ragione stessa della più favorevole tassazione di tale reddito rappresentata dall’essere questo il risultato degli investimenti effettuati dall’ente di gestione della somma versata, investimenti che, se certamente saranno per lo più indirizzati verso i vari prodotti del mercato finanziario, nulla esclude possano esserlo anche verso altri tipi di mercato (Cass. n. 10285 del 2017).

Deve, però, escludersi che tale requisito possa considerarsi soddisfatto dall’essere il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività sul mercato dell’intero patrimonio dell’Enel, poichè tale coerenza (del rendimento ottenuto dal capitale accantonato con quello ottenuto dal patrimonio dell’Enel) costituisce un dato estrinseco e non causale, nel senso che il primo non può comunque considerarsi frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato, come richiesto perchè abbia a configurarsi il reddito da capitale della specie richiesta, essendo al contrario esso stesso dipeso da un predeterminato calcolo di matematica attuariale (Cass. n. 10285 del 2017).

Può, pertanto, ribadirsi che “In tema di fondi previdenziali integrativi per i dirigenti Enel, le prestazioni erogate in forma di capitale a coloro che risultino iscritti, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (nel testo vigente “ratione temporis”); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50 per cento, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento. Sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non necessariamente finanziario – non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate” (Cass. n. 10285 del 2017; n. 21423 del 2017; 24525 del 2017; n. 15853 del 15/06/2018).

9. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, come specificato alla luce delle considerazioni sopra svolte, poichè ha escluso il diritto al rimborso nella misura richiesta dal contribuente in assenza di qualsiasi prova dell’esistenza concreta di un rendimento netto, imputabile alla effettiva gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato.

9.1. Come già detto, il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13642 del 2011 implica la necessità di una “ricostruzione dell’impiego delle somme sul mercato” e quindi la verifica se vi sia stato l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale sia stato il “rendimento di gestione conseguito in relazione a tale impiego”, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,5 per cento.

9.2. Secondo gli ordinari criteri di ripartizione dell’onere della prova, grava sul contribuente – attore in senso sostanziale – che pretende il rimborso ed impugna il rigetto della sua istanza, l’onere di dimostrare il fondamento della pretesa fatta valere in giudizio, ossia provare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile in concreto a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento; tale onere non può ovviamente considerarsi assolto tramite il mero rinvio ad un conteggio proveniente dall’Enel, qualora questo non chiarisca se il rendimento indicato si riferisca effettivamente all’incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato (Cass. 720 del 2017; Cass. ord. nn. 13278 e 13281 del 2017; Cass. n. 16116 del 2018 che, in motivazione, richiama la relazione n. 32/99 della Corte dei Conti – sezione del controllo sugli enti – proprio sul bilancio consuntivo dell’Enel relativo all’esercizio finanziario 1997; Cass. nn. 16117, 16118 e 16123 del 2018, non massimate).

9.3. Nel caso in esame, costituendo fatto pacifico che B.P., in qualità di dirigente Enel, risultava iscritto al Fondo previdenziale denominato (OMISSIS) già in epoca antecedente al 28 aprile 1993 e che le prestazioni in somma capitale gli sono state erogate in data antecedente al 31 dicembre 2000, i giudici di merito, con apprezzamento di fatto, non sindacabile in questa sede, prendendo in esame sia la certificazione rilasciata dall’Enel a firma di ” B.P.”, sia la perizia a firma del Dott. P., hanno affermato che la prima, contestata dall’Agenzia delle Entrate, indica il “rendimento conseguito”, senza ulteriore specificazione sulla determinazione dello stesso, non allegando alcuna prova concreta sulla forma di impiego del capitale sul mercato, sicchè essa non è idonea a far ritenere raggiunta la prova che il rendimento ottenuto sulle somme accantonate nel fondo di previdenza integrativa sia stato ricavato dal loro investimento sul mercato (Cass. n. 10285 del 2017; Cass. n. 4941 del 2018); hanno, pertanto, escluso che il contribuente abbia assolto l’onere probatorio sullo stesso gravante.

Il giudizio espresso dalla Commissione regionale in sede di rinvio non può essere rimesso in discussione in questa sede al solo fine di ottenere una rivisitazione delle risultanze istruttorie, già sottoposte al vaglio dei giudici di merito e da questi ritenute insufficienti a supportare la domanda di rimborso.

Infatti, dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, l’omessa pronunzia continua a sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto; al contrario, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5), presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico, oppure che si sia tradotto nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Cass., ordinanza n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23940 del 12/10/2017).

Il contribuente non ha allegato alcun “fatto” storico, decisivo e rilevante, di cui i giudici regionali avrebbero omesso l’esame, che avrebbe potuto condurre ad una diversa soluzione della controversia, ma si è limitato a ribadire deduzioni difensive già esposte nei precedenti gradi del giudizio di merito ed a richiamare documentazione, di cui la Commissione regionale ha già tenuto conto ai fini della decisione e di cui è stata esclusa la capacità a dimostrare l’esistenza di un “rendimento netto” imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato.

Ne discende che, non potendo farsi applicazione del regime fiscale agevolato, ossia dell’aliquota del 12,5 per cento prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6, non può riconoscersi il richiesto rimborso.

10. In conclusione, il ricorso va rigettato.

La peculiarità dei profili esaminati, sui quali la giurisprudenza si è consolidata solo in tempi recenti, impone di compensare integralmente le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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