Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24577 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. I, 04/11/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 04/11/2020), n.24577

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14244/2019 proposto da:

S.B., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato in forza di procura speciale in calce al

ricorso, Natale Luigi;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 02/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/10/2020 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis depositato il 20/3/2018, S.B., cittadino del (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Napoli – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di essere nato in (OMISSIS), nel villaggio di (OMISSIS); di aver vissuto dal 2005 con il padre a (OMISSIS), ove questi si era trasferito per motivi di lavoro con una delle sue tre mogli, mentre la madre era rimasta nel villaggio; che dopo 9 anni di scuola, tra il 2009 e il 2011 aveva studiato come apprendista sarto a Banjiul, città che raggiungeva in moto con lo zio; di aver iniziato a militare dal 2012 all’età di 14 anni con la madre nel partito (OMISSIS); di essersi occupato dell’organizzazione dei meetings, della sicurezza e della regolazione dell’ingresso dei partecipanti alle riunioni; di aver ricevuto la tessera del partito solo tre mesi prima della sua partenza; che in data 14/6/2016, in vista delle elezioni del 2016, il partito (OMISSIS) aveva organizzato una manifestazione non autorizzata che doveva partire alle 9 dalla casa di S.S., uno dei capi del partito; di essere scappato, rifugiandosi da un amico, quando la polizia aveva iniziato a sparare sulla folla; che il padre, che apparteneva al partito (OMISSIS), aveva deciso di farlo punir dallo zio, che era una guardia; che già in passato vi erano stati contrasti per motivi politici con il padre e lo zio militare, che lo avevano picchiato e rinchiuso per due settimane; che, temendo la punizione da parte del padre e dello zio, aveva deciso di lasciare il Paese; di aver pertanto raggiunto il Senegal, ove la madre, che nel frattempo aveva lasciato il padre, gli aveva fatto pervenire del denaro; di essere giunto in Italia nel dicembre del 2016.

Con decreto del 2/4/2019 il Tribunale ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria.

2. Avverso il predetto decreto, comunicato in pari data, ha proposto ricorso S.B., con atto notificato il 25/4/2019 svolgendo tre motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita solo con memoria del 21/6/2019 al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis.

1.1. Il ricorrente si duole che la valutazione negativa della credibilità del racconto del richiedente asilo circa la sua vicenda personale sia stata formulata senza il rispetto delle prescrizioni di legge, in tema di onere probatorio attenuato e obbligo di cooperazione istruttoria officiosa, sulla base di opinioni soggettive del giudice, senza tener conto del basso livello culturale e di scolarizzazione del richiedente, attribuendo indebitamente valore a discordanze e contraddizioni su aspetti del tutto marginali.

1.2. Certamente la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, poichè incombe al giudice, nell’esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (Sez.6, 25/07/2018, n. 19716).

Il giudice deve tuttavia prendere le mosse da una versione precisa e credibile, se pur sfornita di prova, perchè non reperibile o non esigibile, della personale esposizione a rischio grave alla persona o alla vita: tale premessa è indispensabile perchè il giudice debba dispiegare il suo intervento istruttorio ed informativo officioso sulla situazione persecutoria addotta nel Paese di origine; le dichiarazioni del richiedente che siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non richiedono un approfondimento istruttorio officioso (Sez.6, 27/06/2018, n. 16925; Sez.6, 10/4/2015 n. 7333; Sez.6, 1/3/2013 n. 5224).

Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 stabilisce che anche in difetto di prova, la veridicità delle dichiarazioni del richiedente deve essere valutata alla stregua dei seguenti indicatori: a) il compimento di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) la sottoposizione di tutti gli elementi pertinenti in suo possesso e di una idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi; c) le dichiarazioni del richiedente debbono essere coerenti e plausibili e non essere in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone; d) la domanda di protezione internazionale deve essere presentata il prima possibile, a meno che il richiedente non dimostri un giustificato motivo per averla ritardata; e) la generale attendibilità del richiedente, alla luce dei riscontri effettuati.

Il contenuto dei parametri sub c) ed e), sopra indicati, evidenzia che il giudizio di veridicità delle dichiarazioni del richiedente deve essere integrato dall’assunzione delle informazioni relative alla condizione generale del paese, quando il complessivo quadro assertivo e probatorio fornito non sia esauriente, purchè il giudizio di veridicità alla stregua degli altri indici (di genuinità intrinseca) sia positivo (Sez.6, 24/9/2012, n. 16202 del 2012; Sez.6, 10/5/2011, n. 10202).

Beninteso, il principio che le dichiarazioni del richiedente che siano inattendibili non richiedono approfondimento istruttorio officioso va opportunamente precisato e circoscritto: nel senso che ciò vale per il racconto che concerne la vicenda personale del richiedente, che può rilevare ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Invece il dovere del giudice di cooperazione istruttoria, una volta assolto da parte del richiedente la protezione il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale inattendibile e comunque non credibile, in relazione alla fattispecie contemplata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) (Sez.1, 31/1/2019 n. 3016).

Inoltre questa Corte ha ritenuto che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, o come motivazione apparente, o come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Sez. 1, n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 01; Sez. 6 – 1, n. 33096 del 20/12/2018, Rv. 652571 – 01).

1.3. Al riguardo il Tribunale, alla pagina 6 del provvedimento impugnato, con motivazione che soddisfa ampiamente lo standard del c.d. “minimo costituzionale”, ha chiarito le ragioni per cui le dichiarazioni del ricorrente erano state ritenute inattendibili, evidenziando numerose lacune, incongruenze e contraddizioni, alcune delle quali indicate per relationem al provvedimento della Commissione Territoriale, condiviso e richiamato.

Anche a prescindere da tale richiamo, il Tribunale ha messo in rilievo le contraddizioni circa i motivi che avevano indotto il richiedente a non denunciare il padre, l’incongruenza della libera scelta di rimanere a vivere con il padre, pur potendo andare a stare con la madre, come i fratelli, la lacunosità del racconto circa la militanza nel partito (OMISSIS) e l’ignoranza di elementi su tale partito; inoltre il Tribunale ha addebitato al ricorrente di non essere comparso in udienza e di essersi sottratto all’onere di cooperazione per l’accertamento dei fatti e il chiarimento delle incongruenze segnalate dalla Commissione Territoriale.

1.4. Infine il ricorrente non si confronta debitamente con la concorrente ratio decidendi espressa a pagina 7 del decreto impugnato circa l’insussistenza attuale di alcun pericolo legato alla pregressa asserita militanza politica, poichè al governo non c’era più il partito (OMISSIS) in cui militava il padre, il dittatore J. era stato cacciato in esilio e si era instaurato un governo democratico con il nuovo Presidente A.B..

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360, c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e art. 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, perchè la domanda di protezione sussidiaria era stata rigettata senza la necessaria acquisizione delle informazioni attualizzate circa la situazione socio-politica del Paese di provenienza e senza svolgere una approfondita istruttoria, pur essendo facilmente individuabili le fonti da cui ricavare informazioni aggiornate sulla pericolosità per la vita e l’incolumità individuale dei civili derivante da violenza indiscriminata (sito (OMISSIS) del Ministero degli Esteri, report 2017-2018 Amnesty International).

2.2. La censura è inammissibile perchè, sotto le spoglie di una apparente doglianza di violazione di legge, si riversa completamente nel merito per esprimere dissenso dalla motivata valutazione della situazione socio-politica del (OMISSIS) formulata dal Tribunale sulla scorta di informazioni attualizzate, tratte da autorevoli fonti e debitamente indicate, citate e riassunte (rapporto EASO 17/12/2017; informazioni tratte dal sito (OMISSIS)).

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

3.1. Secondo il ricorrente, quanto alla protezione umanitaria, non erano stati valutati i profili di particolare vulnerabilità del ricorrente (giovane età, buona integrazione sociale in Italia, estrema povertà della famiglia, pericolo di essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, instabilità delle condizioni generali del Paese, insufficiente rispetto dei diritti umani, impossibilità di reinserimento nel tessuto sociale in patria).

3.2. Secondo la sentenza delle Sezioni Unite del 13/11/2019 n. 29460, adesiva al filone giurisprudenziale promosso dalla sentenza della Sez. 1, n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 – 01, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, al fine di valutare la sussistenza di situazioni di vulnerabilità personale dello straniero derivanti dal rischio di essere immesso nuovamente, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili.

Il livello di integrazione dello straniero in Italia e il contesto di generale compromissione dei diritti umani nel Paese di provenienza del medesimo non integrano, se assunti isolatamente, i seri motivi umanitari alla ricorrenza dei quali lo straniero risulta titolare di un diritto soggettivo al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il riconoscimento della protezione umanitaria deve essere fondato su una valutazione comparativa effettiva tra i due piani, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in comparazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza.

Il Tribunale, sostanzialmente allineato a tale orientamento giurisprudenziale avallato dalle Sezioni Unite, ha escluso la sussistenza di una condizione di specifica e personale vulnerabilità soggettiva del richiedente.

Le censure del ricorrente si mantengono a un livello del tutto generico, senza spingersi, come sarebbe stato necessario, a riferimenti puntuali e specifici alle condizioni personali e individuali del richiedente, senza allegare e dimostrare l’esistenza di un serio percorso di integrazione sociale e lavorativa sul territorio italiano e limitandosi ad evocare del tutto genericamente la pretesa instabilità politica del (OMISSIS), in contrasto con gli accertamenti officiosi effettuati dal Tribunale.

4. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di rituale costituzione dell’Amministrazione.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA