Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24577 del 02/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 02/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 02/10/2019), n.24577

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26353/15 R.G. proposto da:

A.R., rappresentato e difeso dall’avv. Fabrizio Freni e

dall’avv. Virginia Paone, giusta procura alle liti in calce al

ricorso, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in

Napoli al Centro Direzionale isola E4;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i

cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è elettivamente

domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della

Campania n. 7059/17/15 depositata in data 15 luglio 2015

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio

2019 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

Fatto

RILEVATO

che:

A.R. impugnava il diniego tacito formatosi sulla sua domanda di rimborso della metà delle ritenute Irpef operate, quale sostituto d’imposta, dall’Enel s.p.a., della quale era stato dipendente, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro sulle somme che la datrice di lavoro aveva corrisposto a titolo di incentivo all’esodo, deducendo che dovesse farsi applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 19 (già 17), comma 4-bis.

La Commissione tributaria provinciale di Napoli rigettava il ricorso ed avverso la sentenza il contribuente interponeva appello.

La Commissione regionale della Campania, confermando la sentenza di primo grado, osservava che il contribuente si limitava a reiterare argomentazioni difensive già esposte in primo grado e che dalla documentazione esibita non emergeva che la somma oggetto di tassazione fosse stata percepita quale incentivo all’esodo, nè che l’appellante avesse cessato il rapporto per effetto di accordo precedente al 4 luglio 2006, elementi questi indispensabili ai fini dell’accoglimento della domanda di rimborso, considerato che l’agevolazione fiscale prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 19, comma 4-bis, per effetto del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 23, convertito dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, continuava ad applicarsi con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati prima della data di entrata in vigore del decreto, nonchè con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati in attuazione di atti o accordi, aventi data certa, anteriori alla data di entrata in vigore del decreto.

Avendo il contribuente cessato il suo rapporto di lavoro in data 31 dicembre 2006, egli non poteva godere delle invocate agevolazioni.

I giudici di secondo grado rilevavano, altresì, che in nessun caso le somme percepite dal contribuente potevano farsi rientrare nell’agevolazione di cui all’art. 19 cit., comma 4-bis, poichè mancava la prova che le stesse fossero state percepite quale incentivo all’esodo.

Ricorre per la cassazione della suddetta decisione A.R., con due motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 23, convertito in L. n. 248 del 2006, censura la sentenza impugnata per avere i giudici di appello ritenuto l’inapplicabilità del regime fiscale agevolativo, nonostante, nel caso di specie, tanto il progetto aziendale emesso dall’Enel il 30 giugno 1999, tanto quello assunto in data 15 aprile 2002, prorogato fino al 2011 con comunicazione al personale del dicembre del 2010, integrassero gli “atti o accordi aventi data certa” anteriori alla data di entrata in vigore del decreto legge (4 luglio 2006), in attuazione dei quali era cessato il rapporto di lavoro.

Lamenta che i giudici di merito, ai fini dell’applicazione della norma, hanno tenuto conto unicamente del presupposto temporale, non considerando in alcun modo l’esistenza di atti unilaterali, quali appunto il progetto aziendale emesso dall’Enel il 30 giugno 1999, nonchè quello assunto in data 15 aprile 2002, prorogato fino al 2011.

2. Con il secondo motivo, il contribuente censura la decisione gravata per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, costituito dal versamento del contributo a titolo di incentivo.

Ad avviso del ricorrente, i giudici di merito hanno omesso di valutare il prospetto paga, prodotto agli atti del giudizio, dal quale si evinceva chiaramente che la somma versata dall’Enel s.p.a. trovava titolo proprio nell’incentivo all’esodo.

3. Il primo ed il secondo motivo che, essendo strettamente connessi, possono essere trattati unitariamente, sono infondati.

3.1. Quanto ai presupposti dell’applicazione dell’aliquota agevolata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 19 (già 17), comma 4-bis, questa Corte è ferma nel ritenere che “in tema di imposte sui redditi, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 19 (già art. 17), comma 4-bis, che ha introdotto per i contributi d’incentivo all’esodo dei lavoratori dipendenti un’aliquota dimezzata rispetto a quella per il trattamento di fine rapporto, è applicabile a tutti i lavoratori i quali abbiano superato una determinata età anagrafica, anche se non in possesso dei requisiti minimi per l’età pensionabile, in considerazione dell’obiettivo del legislatore di razionalizzare le risorse aziendali e creare nuove opportunità di lavoro” e che “ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, le aziende non sono tenute a prevedere piani e incentivi generalizzati o indirizzati ad una pluralità di destinatari” (Cass. 17 settembre 2014, n. 19626; Cass. 20 aprile 2006, n. 9334, Cass. 28 dicembre 2018, n. 33628).

3.2. La L. n. 248 del 4 agosto 2006, nel convertire il D.L. n. 223 del 2006, ha mantenuto l’applicazione dell’abrogato art. 19, comma 4-bis, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, “alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati prima della data di entrata in vigore del presente decreto nonchè con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati in attuazione di atti o di accordi, aventi data certa, anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Lo stesso tenore letterale della norma lascia ritenere che la disciplina previgente più favorevole continua a trovare applicazione in due distinti casi, che non integrano condizioni concorrenti, ma restano alternative, ossia a) con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati entro il 3 luglio 2006 (ovvero prima dell’entrata in vigore del decreto legge), oppure, b) con riferimento alle somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati, logicamente dopo la suddetta data di entrata in vigore, in attuazione di atti o di accordi, aventi data certa, anteriori alla data del 4 luglio 2006 (Cass. 23 dicembre 2015, n. 25953).

3.3. Tanto gli “accordi”, quanto gli “atti”, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione tributaria abrogata, devono avere “data certa” anteriore alla data di entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006 e, in ogni caso, la sussistenza di tutti i presupposti necessari per l’applicazione del trattamento fiscale agevolato di cui si discute grava sul contribuente (Cass. 7 settembre 2018, n. 21770), che agisce per il rimborso dell’imposta che si assume pagata in eccedenza.

3.4. Con riguardo all’ipotesi, come quella in esame, di somme corrisposte in relazione a rapporti di lavoro cessati dopo il 4 luglio 2006, ossia in data successiva all’entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006, si è reso necessario verificare se, al fine del riconoscimento ultrattivo dell’agevolazione abrogata, debba, o meno, essere intervenuta prima del 4 luglio 2006 anche l’adesione individuale del singolo lavoratore al piano d’incentivo già proposto dal datore di lavoro o oggetto di un accordo sindacale, ovvero se sia sufficiente che prima del 4 luglio 2006 siano intervenuti gli accordi sindacali o atti unilaterali del datore di lavoro indicanti le condizioni per la cessazione anticipata del rapporto di lavoro e l’invito al personale interessato a presentare la propria adesione entro un determinato termine, durante il quale il datore di lavoro resta comunque impegnato.

3.5. Questa Corte, con la sentenza n. 33456 del 27 dicembre 2018, procedendo alla interpretazione della norma transitoria, dopo avere sottolineato che (‘esegesi letterale non risolve il problema, nè appare dirimente la circolare dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 10 del 16 febbraio 2007) – pure invocata dal contribuente – perchè non consente di superare l’ambiguità testuale, muove dalla considerazione che quando l’esodo è avvenuto a procedura progressiva, con un atto generale e collettivo di proposta all’incentivo ed uno specifico ed individuale di accettazione da parte del dipendente, occorre avere riguardo all’accettazione del dipendente, che è frutto di una libera scelta e di una autonoma valutazione sulla somma offerta e sulla propria situazione contributiva, per individuare anche il regime fiscale cui essa è sottoposta, poichè non è nella disponibilità dell’accordo collettivo fissare il trattamento fiscale della somma incentivante, dipendendo questo piuttosto dalle scelte autonome di politica economica del legislatore, cosicchè su di esso non può ingenerarsi alcun affidamento meritevole di tutela, salvi i limiti costituzionali incomprimibili (Corte Cost. n. 70 del 2015).

Si è, in particolare, precisato che “…la norma transitoria deve intendersi posta a tutela di coloro che abbiano già operato una scelta irreversibile prima della novella legislativa e che tale scelta sia avvenuta su di un certo trattamento fiscale agevolato, repentinamente travolto con decreto legge a promulgazione ed efficacia immediata, ancorchè su conosciuta spinta comunitaria” (sentenza Corte di Giustizia dell’Unione Europea in causa C- 207/04 del 21 luglio 2005) e, pertanto, che “lo scopo della norma transitoria è far salva l’esecuzione di accordi definiti e definitivi, di incontri di volontà irretrattabili, di negozi stipulati e fissati, di atti concordati e perfezionati prima dell’abrogazione del trattamento fiscale agevolato” (Cass. n. 33456 del 2018, in motivazione).

4. Tanto premesso in linea generale, nel caso di specie, risultando pacifico che il contribuente ha cessato il rapporto di lavoro solo in data 31 dicembre 2006, incombeva sul contribuente, al fine di ottenere l’applicazione della agevolazione, allegare e provare che il rapporto di lavoro fosse stato anticipatamente risolto per effetto di un atto emesso dall’Enel s.p.a., tempestivamente comunicato al personale dipendente e successivamente prorogato, che si era perfezionato in conseguenza della adesione individuale alla proposta collettiva in data antecedente al 4 luglio 2006.

4.1. I giudici di merito, con la sentenza impugnata, hanno rilevato, svolgendo sul punto un accertamento di fatto non scrutinabile in sede di legittimità, che la documentazione esibita dal contribuente non consentisse di ritenere raggiunta la prova che l’accordo tra la società datrice di lavoro (Eenel s.p.a.) e l’odierno ricorrente fosse stato concluso in data precedente al 4 luglio 2006 ed hanno, di conseguenza, escluso l’applicabilità del trattamento fiscale agevolato, non risultando dimostrato che la cessazione del rapporto di lavoro del contribuente fosse effettivamente avvenuta in attuazione dell’incentivo all’esodo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 19 (già 17), comma 4-bis.

Infatti, in difetto di prova della data dell’adesione individuale del contribuente, non può ritenersi che prima dell’abrogazione del trattamento fiscale agevolato si fosse già perfezionata quella manifestazione di volontà irretrattabile da parte del contribuente idonea a giustificare l’applicazione ultrattiva del trattamento fiscale, ai sensi della L. n. 248 del 2006, art. 36, comma 23.

In difetto dei presupposti per l’applicazione dell’agevolazione richiesta risulta del tutto irrilevante verificare se le somme sono state percepite dal contribuente a titolo di incentivo all’esodo e in ogni caso, sul punto, la Commissione regionale, con accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, ha escluso che le somme erogate possano farsi rientrare nel perimetro dell’agevolazione di cui all’art. 19 cit., comma 4-bis.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

La peculiarità dei profili esaminati, sui quali la giurisprudenza si è consolidata solo in tempi recenti, giustifica la integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quelo dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quelo dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2019

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