Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24575 del 18/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 18/10/2017, (ud. 23/05/2017, dep.18/10/2017),  n. 24575

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1749-2012 proposto da:

P.T., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DELLA SCROFA 16, presso lo studio dell’avvocato CENTRO SERVIZI

MBE, rappresentata e difesa dall’avvocato DOMENICO CAROZZA, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIUSEPPE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO,

che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5032/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/07/2011, R. G. N. 9260/2008;

ORDINANZA pronunciata in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c..

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

ESAMINATI gli atti e sentito il consigliere relatore dr. Federico De Gregorio;

RILEVATO che con sentenza in data 30 ottobre 2007 il giudice del lavoro di Santa Maria Capua Vetere accolse la domanda di cui al ricorso in data 14/12/2005, proposta da P.T. nei confronti di POSTE ITALIANE S.p.A., ritenendo l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, stipulato dal 1 luglio al 30 settembre 2002, per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più razionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, nonchè 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002, congiuntamente alla necessità dell’espletamento del servizio in concomitanza di assenza per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo; che la Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 5032 in data 30 giugno – 27 luglio 2011 accolse il gravame interposto da Poste Italiane S.p.A., riformando l’impugnata pronuncia con il rigetto della domanda di parte attrice, compensate le spese di lite del doppio grado del giudizio;

che avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione P.T. in data 9 gennaio 2011, deducendo a sostegno dell’impugnazione i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1,artt. 1362 e 1367 e ss, nonchè art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, criticando la decisione laddove aveva ritenuto la legittimità del contratto a termine sulla base di un giudizio di approssimazione alla realtà dei fatti prendendo in considerazione i richiamati accordi sindacali, tenuto conto in particolare che per il periodo agosto settembre dell’anno 2002 nulla la convenuta aveva dedotto e provato in ordine alle condizioni oggettive del ricorso al contratto a termine per il medesimo periodo;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1367 c.c., art. 2109 c.c., commi 2 e 3, art. 2697 c.c., nonchè D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, non sembrando in relazione alle esigenze sostitutive per ferie che si potesse giungere a conclusioni diverse da quelle esposte con il primo motivo. Infatti, interessando la gestione amministrativa delle ferie l’attività ordinaria della convenuta in relazione alla generalità dei dipendenti anche nel periodo interessato ai processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, l’onere di specificazione del ricorso a contratto a termine poteva essere assolto soltanto con la esplicitazione di esigenze straordinarie emerse nell’ufficio in cui era stata addetta la ricorrente. Anche l’onere della prova non poteva dirsi assolto con il mero richiamo ai processi di riorganizzazione e ristrutturazione di cui accordi del 2001 e del 2002;

3) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo relativo alla inidoneità dei patti collettivi a provare le ragioni organizzative, tecnico-produttive o sostitutive del ricorso del contratto a termine in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, visto in particolare che contraddittoriamente lo stesso giudice di appello aveva ritenuto che le dichiarazioni rese sottoscritte dagli agenti collettivi nei richiamati accordi sindacali costituissero prova anche dei fatti accaduti successivamente alla stipulazione del contratto a termine;

4) violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2700 e 2709 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, avendo la Corte di Appello ritenuto che dai dati numerici riportati, con riferimento alla situazione della Campania in un documento prodotto dalla società convenuta in primo grado si evincesse la prova delle esigenze di sportelli di recapito realizzatesi nel corso dei processi di mobilità conseguenti alla riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, trattandosi di convincimento errato, in quanto il documento proveniva dalla stessa parte datoriale e le circostanze ivi asseverate non assumevano prova fino a querela di falso e per cui non vi era neppure un onere di specifica contestazione da parte attrice;

5) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, art. 2697 c.c. e art. 346 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo erroneamente la Corte distrettuale ritenuto che la ricorrente avesse rinunciato alla domanda con riferimento al secondo contratto di assunzione a termine stipulato in relazione al periodo compreso tra il 2 luglio ed il 30 ottobre 2004. Infatti, il giudice di 1^ grado nulla aveva deciso sui vizi denunciati con il ricorso introduttivo del giudizio riconducibili in particolare alla mancata osservanza della specificazione per iscritto delle esigenze sostitutive. Ciò posto, l’effetto devolutivo dell’appello imponeva al giudice di 2^ grado, una volta rigettata la domanda sul primo contratto per l’anno 2002, di esaminare la fondatezza delle anzidette censure tenuto conto oltretutto che l’onere della prova della sussistenza delle ragioni sostitutive era la inscindibile conseguenza dell’onere di specificazione delle stesse descritto, sicchè non necessitava di specifica eccezione da parte del ricorrente nei due precedenti gradi di giudizio;

6) omessa insufficiente motivazione sul punto decisivo relativo vizi del contratto a termine stipulato dalla ricorrente con la convenuta nel 2004 relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5;

VISTO il controricorso per Poste italiane S.p.A. in data 23/24 febbraio 2012; che risultano dati rituali avvisi alle parti della fissata adunanza al 23 maggio 2017 ex art. 380-bis c.p.c., comma 1;

che il Pubblico Ministero non ha presentato requisitorie e che nemmeno le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso, a parte talune carenze espositive e di documentazione, rilevanti ex artt. 366 e 369 c.p.c., appare infondato, poichè la Corte di merito ha correttamente applicato nella specie i principi di diritto affermati in materia da questa Corte con numerose pronunce emesse in casi analoghi, nello specifico in punto di fatto giudicando insindacabilmente esaurienti le indicazioni contenute nel contratto de quo, tali da poter integrare la specificità richiesta dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, tenuto altresì conto degli accordi sindacali ivi richiamati;

che il ricorso appare, invero, inconferente rispetto alle specifiche e pertinenti argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, laddove la Corte di merito in punto di fatto ha accertato, con valutazioni insindacabili in questa sede di legittimità, la sussistenza di sufficienti specifiche indicazioni e circostanze tali da poter legittimare l’apposizione del termine finale al contratto in questione;

che, in particolare, è stato ritenuto provato il nesso di causalità dell’assunzione a termine in esame alla stregua degli accordi richiamati nel relativo contratto, prodotti in copia da parte convenuta nel costituirsi in giudizio, coerentemente con il dettato normativo di riferimento (cfr. in particolare quanto precisato a pag. 15 della sentenza d’appello, laddove è stato altresì chiarito a completamento delle considerazioni ivi svolte come il riferimento all’esigenza concomitante della sostituzione dei lavoratori in ferie appariva assorbito dalla ritenuta legittimità del contratto per la prima causale – ossia quella attinente ai processi di ristrutturazione riorganizzazione di cui ai citati accordi collettivi – da sola sufficiente a giustificare l’assunzione a termine, temporalmente contigua agli stessi accordi sicchè il contratto in esame era riconducibile ad un processo che verosimilmente, anche nell’ufficio di destinazione della ricorrente, non si era ancora esaurito attesa la sua complessità, coinvolgente la struttura societaria a livello nazionale);

che a fronte di tali apprezzamenti si appalesa chiaramente inammissibile pure ogni censura formulata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè nella specie non risulta trascurato dalla Corte di merito alcun fatto rilevante ai fini della decisione, sicchè appare incensurabile in questa sede l’apprezzamento delle relative circostanze;

che, pertanto, la specificazione delle ragioni giustificatrici D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 1 può risultare “per relationem” anche da altri testi richiamati nel contratto di lavoro e il relativo accertamento costituisce attività d’indagine riservata al giudice di merito (v. in tal sensi Cass. lav. n. 17155 del 26/08/2015. Cfr. pure Cass. lav. n. 1576 del 26/01/2010, secondo cui nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori, che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità. In senso analogo id. n. 1577 del 26/01/2010, nonchè Cass. 6 – L n. 23119 del 16/11/2010.

Cfr. ancora Cass. lav. n. 2279 – 01/02/2010, secondo cui in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, la specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da esso “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti. Analogamente si è pronunciata Cass. lav. n. 10033 del 27/04/2010 in ordine alla specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e l’utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa, per cui spetta al giudice di merito accertare – con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità – la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto. V. parimenti, altresì, Cass. lav. n. 16303 del 12/07/2010, n. 8286 del 25/05/2012, n. 208 del 12/01/2015 nonchè n. 343 del 13/01/2015, la quale in particolare ha cassato l’impugnata sentenza, in quanto nella specie il giudice di merito non aveva adeguatamente valutato la rilevanza degli accordi collettivi richiamati dallo contratto individuale, da cui emergeva la necessità di coprire temporaneamente e, fino al progressivo esaurimento del processo di mobilità interaziendale in atto presso la S.p.a. Poste Italiane, posizioni di lavoro scoperte, su tutto il territorio nazionale, presso il servizio recapito della società);

che risulta palesemente inammissibile, poi, la censura di cui al 4 motivo, siccome rivolta in relazione ad un documento non meglio individuato, nè ritualmente prodotto (il ricorso manca pure di un indice degli atti cui si riferisce), con conseguente violazione di quanto in proposito prescritto invece dall’art. 366 c.p.c, comma 1, nn. 3 e 6 nonchè art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4; che similmente appare infondata la quinta doglianza, relativa al secondo contratto a tempo determinato, risalente all’anno 2004, atteso quanto sul punto precisato dalla Corte di merito, circa il difetto di ineludibili, pertinenti e chiare reiterazioni in sede di appello ex art. 346 c.p.c., mentre parte ricorrente ha pure omesso indispensabili allegazioni occorrenti a norma del citato art. 366, sicchè a nulla rileva anche il menzionato effetto devolutivo, tanto più poi che il gravame era stato interposto dalla società rimasta soccombente in primo grado, a seguito di sentenza che si era limitata a pronunciare unicamente sul primo contratto del 2002, senza dire poi che l’appello ha natura di revisio prioris instantiae, e non già di novum judicium (cfr. tra le altre Cass. sez. un. civ. n. 3033 – 08/02/2013 e n. 28498 del 23/12/2005; v. altresì Cass. 3 civ. n. 11797 del 9/06/2016);

che, pertanto, la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, pur non avendo l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale specifico per richiamare in discussione le eccezioni e le questioni che risultino superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, è tuttavia tenuta a riproporle espressamente nel nuovo giudizio in modo chiaro e preciso, tale da manifestare in forma non equivoca la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (Cass. lav. n. 3195 del 18/02/2004, conformi Cass. n. 18109 – 08/09/2004, n. 18499 del 25/08/2006. V. ancora Cass. 2 civ. n. 10796 – 11/05/2009: in mancanza di una norma specifica sulla forma nella quale l’appellante che voglia evitare la presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c. deve reiterare le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, queste possono essere riproposte in qualsiasi forma idonea ad evidenziare la volontà di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di esse. Tuttavia, pur se libera da forme, la riproposizione deve essere fatta in modo specifico, non essendo al riguardo sufficiente un generico richiamo alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice. Conformi Cass. nn. 16360 del 2004 e 9878 del 2005.

V. ancora Cass. lav. n. 23925 del 25/11/2010, secondo cui il principio sancito dall’art. 346 c.p.c. è applicabile anche alle controversie soggette al rito del lavoro, per le quali l’art. 436 c.c. prevede per l’appellato l’obbligo di costituirsi mediante deposito di memoria contenente l’esposizione dettagliata di tutte le sue difese. Ne consegue che il mero richiamo generico contenuto in tale memoria alle conclusioni assunte in primo grado non può essere ritenuto sufficiente a manifestare la volontà di sottoporre al giudice dell’appello una domanda o eccezione non accolta dal primo giudice, al fine di evitare che essa si intenda rinunciata. Conformi Cass. lav. n. 12644 – 08/07/2004 ed altre di epoca anteriore); che, di conseguenza, disatteso il quinto motivo, non può nemmeno esaminarsi il sesto, siccome formulato anch’esso in relazione al contratto del 2004, e che, quindi, presuppone la fondatezza della censura in ordine alla errata applicazione del suddetto art. 346, laddove per giunta tale ultima doglianza è stata dedotta senza neanche indicare – v. ancora l’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6 – le ragioni poste a sostegno delle “eccezioni relative ai vizi di omessa specificazione delle esigenze sostitutive”;

che, pertanto, il ricorso va respinto con conseguente condanna della parte rimasta soccombente al rimborso delle relative spese.

PQM

 

la Corte RIGETTA il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano, in favore della società controricorrente, nella misura di Euro =4000,00= per compensi professionali ed in Euro =200,00= per esborsi, oltre spese generali al 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2017

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