Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24572 del 18/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 18/10/2017, (ud. 18/05/2017, dep.18/10/2017),  n. 24572

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1152-2012 proposto da:

T.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA 88, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

SANTONI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7612/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/12/2010, R. G. N. 8245/2007.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. che con sentenza in data 18.11-30.12.2010 (nr. 7612/2010) la Corte di Appello di Napoli ha confermato, seppur correggendone la motivazione, la sentenza del Tribunale della stessa sede (nr. 19257/2007), che aveva respinto la domanda proposta da T.A. nei confronti di POSTE ITALIANE spa per la dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato stipulato tra le parti di causa per il periodo 4.10.2002/31.12.2002 per “sostenere il livello del servizio di recapito durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità, tuttora in fase di completamento di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre 2001, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio, 17 aprile,30 luglio e 18 settembre 2002 che prevedono al riguardo il riposizionamento su tutto il territorio degli organici della società”;

2. che avverso tale sentenza ha proposto ricorso T.A., affidato a due motivi, al quale ha opposto difese la società POSTE ITALIANE con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. che la parte ricorrente ha impugnato la sentenza deducendo:

– con il primo motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, artt. 1 e 3. Ha esposto che correttamente la Corte d’appello, diversamente dal giudice del primo grado, aveva ritenuto non preclusivo l’erroneo richiamo, contenuto nel ricorso introduttivo del giudizio, ad una ipotesi di assunzione a termine ai sensi dell’art. 25 del CCNL 2001 procedendo, pertanto, a verificare la legittimità della pattuizione del termine alla luce del D.Lgs. n. 368 del 2001, nella fattispecie applicabile. Ha tuttavia censurato la sentenza per avere ritenuto assolto il requisito della specifica indicazione nel contratto di lavoro della causale del termine ed inoltre provate le esigenze organizzative a fondamento della assunzione in ragione del contenuto degli accordi sindacali indicati in contratto. Ha esposto che essi si riferivano a circostanze generali ovvero ai processi di mobilità che avevano investito il personale in organico di POSTE ITALIANE spa ma non contenevano alcuna specificazione delle ragioni per le quali era stato costituito il suo rapporto di lavoro. La conclusione del giudice dell’appello si poneva in contrasto con il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 3, che alla lettera b) prevedeva il divieto di stipulare contratti di lavoro a termine preso le unità produttive nelle quali nei sei mesi precedenti si fosse proceduto a licenziamenti collettivi riguardanti lavoratori addetti alle stesse mansioni in quanto il rinvio ai contratti collettivi non consentiva di verificare la ricorrenza del suddetto presupposto impeditivo della stipula del contratto;

– con il secondo motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 1418,1419 e 1421 c.c. e art. 112 c.p.c.; il motivo ha ad oggetto la distinta e concorrente ratio decidendi della sentenza impugnata, secondo la quale in sede di impugnazione della clausola del termine non erano rilevabili motivi di nullità non dedotti dalla parte attrice, dovendo coordinarsi il principio della rilevabilità d’ufficio delle cause di nullità con il principio della domanda. Il ricorrente ha dedotto che la azione proposta non era di accertamento della nullità dell’intero contratto ma era piuttosto intesa a dare ad esso integrale esecuzione; doveva dunque trovare applicazione il principio della rilevabilità d’ufficio delle cause di nullità.

2. che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

3. che, infatti:

– il primo motivo è infondato; la Corte di merito ha ritenuto, da un lato, integrato il requisito di “specificità” della causale del termine espressa nel contratto di lavoro in ragione del richiamo esterno al contenuto degli accordi sindacali individuati in contratto nonchè della indicazione delle mansioni e dell’ufficio di destinazione del lavoratore, dall’altro raggiunta la prova del collegamento tra le esigenze specificate in contratto e la stipula del contratto a termine oggetto di giudizio attraverso il contenuto degli stessi accordi ed il prospetto delle esigenze dei servizi di recapito e sportelleria per la Regione Campania, documenti prodotti da Poste Italiane. Trattasi per entrambi i profili di valutazioni di fatto riservate al giudice del merito e sindacabili in questa sede soltanto nei termini del vizio di motivazione ovvero con la individuazione di un fatto controverso e decisivo non esaminato in sentenza o esaminato con percorso logico insufficiente e contraddittorio. Con il motivo la parte ricorrente piuttosto che denunziare un vizio di legittimità si limita a contrapporre alle valutazioni della Corte di merito il proprio personale convincimento circa la inidoneità del contenuto degli accordi collettivi richiamati in contratto a specificare la previsione giustificativa del termine nonchè a provare il collegamento causale tra la esigenza aziendale specifica e la propria assunzione a termine; con ciò sollecita questa Corte a compiere un inammissibile riesame di merito.

– dal rigetto del primo motivo deriva la inammissibilità del secondo motivo per difetto di interesse della parte ricorrente all’esame della censura, dal cui accoglimento non potrebbe comunque derivare la cassazione della sentenza. Il motivo investe infatti una ratio decidendi concorrente e dichiaratamente espressa ad abundantiam rispetto a quella, autonomamente decisiva, oggetto del primo motivo respinto;

4. che pertanto il ricorso deve essere rigettato;

5. che le spese vengono regolate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il primo motivo. Dichiara inammissibile il secondo.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 3.500 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 18 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2017

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