Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2457 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 04/02/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 04/02/2020), n.2457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19050-2018 proposto da:

SACE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA;

– intimato –

avverso il decreto n. 5359/2018 del TRIBUNALE di MILANO, depositato

il 14/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La s.p.a. Sace ha presentato domanda di insinuazione in via privilegiata nel passivo fallimentare della s.p.a. (OMISSIS). Ha titolato la propria richiesta nell’avere rilasciato una “lettera di manleva”, quale forma di intervento cli sostegno pubblico ex D.Lgs. n. 123 del 1998, e di averla poi onorata a seguito dell’escussione effettuata dalla Banca Monte dei Paschi di Siena, soggetto mutuante e garantito dalla manleva.

Ha inoltre aggiunto di avere, già prima della subita escussione, accertato 13 sussistenza di inadempimenti dell’impresa mutuataria e dato altresì corso al procedimento di revoca del sostegno pubblico.

Il giudice delegato ha ammesso il credito al chirografo.

2.- Sace ha allora proposto opposizione ex art. 98 L. Fall. avanti al Tribunale di Milano. Che la ha respinta con decreto depositato in data 14 maggio 2018.

3.- Premesso che il privilegio di cui al D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9 è “condizionate alla ricorrenza di specifici requisiti” – “la revoca dell’intervento” e “l’esistenza di un finanziamento erogato” in base al D.Lgs. -, il Tribunale ha affermato che “entrambi gli elementi non sussistono nel caso di specie”.

4.- Quanto alla revoca del beneficio, il decreto ha ritenuto che quella posta in essa da Sace “deve considerarsi viziata per eccesso di potere” e “quindi soggetta a disapplicazione da parte del giudice ordinario”, posto che il “giudizi D incidentale sulla legittimità del provvedimento da parte del Tribunale riconosciuto in termini generali dalla L. n. 2248 del 1865, Allegato E – è nella fattispecie consentito dalla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario”, trattandosi di situazione in cui “il provato è titolare di un diritto soggettivo perfetto”.

Il Tribunale ha poi rilevato che, nella specie, il vizio di eccesso di potere si manifestato “sotto forma di difetto di motivazione e di sviamento di potere”: la revoca è stata motivata unicamente adducendo il mancato riscontro di una precedente comunicazione, intesa a richiedere documenti; i controlli effettuai da Sace “appaiono essere stati disposti al solo scopo di addivenire a un procedimento di revoca, che avrebbe consentito al credito restitutorio cli assumere astrattamente rango privilegiato ai sensi del D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9”.

5.- Il Tribunale ha poi affermato che la “prestazione di garanzia erogata da Sace a MPS non è sussumibile” nella nozione di finanziamento di cui al citato decretp legislativo. In base a una “interpretazione letterale e sistematica delle disposizioni rilevanti”, il termine “finanziamento” implica necessariamente così si è osservato – una “contribuzione diretta in danaro a favore del soggetto beneficiato”.

D’altro canto – pure si è aggiunto – il “meccanismo di surrogazione nei diritti ex art. 1203 c.c.”, di cui al D.Lgs. n. 143 del 1998, art. 7, istitutivo di Sace, “appare del tutto incompatibile con il riconoscimento del suddetto privilegio”: il privilegio non sarebbe riconoscibile al soggetto garantito, originario creditore (che viene soddisfatto da Sace, il quale si surroga nei suoi diritti), ma solo a favore di Sace; “in questo caso il privilegio derogherebbe”, allora, “ai principi che regolano la surroga nei diritti del creditore, perchè attribuirebbe al garante che soddisfa il creditore surrogato una qualità del credito poziore rispetto 3 quella che aveva il credito del creditore originario”.

6.- Avverso questo provvedimento propone ricorso la s.p.a. Sace, esponendo quattro motivi di cassazione.

Il Fallimento non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7.- I motivi di ricorso sono intestati nei termini che qui di seguito si riportano. P

rimo motivo: “violazione della L. n. 2248 del 1865, artt. 4,5, all. E”.

Secondo motivo: “violazione della L. n. 2248 del 1865, artt. 4,5 all. E”.

Terzo motivo: “violazione del D.Lgs. n. 123 del 1998, artt. 1,7 e art. 9, comma 5”.

Quarto motivo: “violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 123 del 1998, artt. 1, 7 e art. 9, comma 5 e dell’art. 1 TUB, comma 2, lett. f), punto 6 e art. 196 TUB, comma 3”.

8.- Il primo motivo di ricorso sostiene che il Tribunale di Milano non ha fatte corretta applicazione delle disposizioni degli artt. 4 e 5 All. E, “in quanto, pur formalmente dichiarando di disapplicare meramente il provvedimento di revoca, ha invero sostanzialmente annullato lo stesso”. “Delle due l’una”, si rileva: “o l’atto non costituisce provvedimento amministrativo, rientrando quindi nella cognizione piena del giudice ordinario, il quale potrebbe pertanto astrattamente annullarlo o dichiararlo nullo, ma non certo disapplicarlo; oppure la revoca ha natura amministrativa e, conseguentemente, sfugge dall’annullamento diretto del giudice ordinario e può essere solo disapplicata dallo stesso”.

In ogni caso, pur a volere ritenere l’atto di revoca un provvedimento amministrativo, il decreto non ha comunque fatto uso corretto del potere cli disapplicazione: posto che tale atto, “assolutamente legittimo non essendo state impugnato nelle sedi dovute”, “non è venuto in rilievo, nella vicenda in esame, in via meramente incidentale, ma come oggetto di decisione”.

9.- Il secondo motivo di ricorso si sostanzia, a sua volta, nel rilevare che il decreto impugnato “si è arrogato un potere – quello dell’annullamento in via diretta del provvedimento, ovvero di disapplicazione di un atto iure privatorum – che è precluso dalla legge in ragione del riparto di giurisdizione sancito dagli artt. 4 e 5, All. E.”.

10.- Suscettibili di esame unitario, il primo e il secondo motivo meritano cli essere accolti.

11.- Secondo quanto rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte, la “revoca del sostegno pubblico concesso per lo sviluppo delle attività produttive, deliberata ai sensi del D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9, non importa alcuna valutazione discrezionale, perchè il provvedimento di revoca si limita ad accertare il venire meno di un presupposto previso in modo puntuale dalla legge, senza che l’atto di revoca possegga alcuna valenza costitutiva” (cfr. Cass., 30 gennaio 2019, r. 2664).

12.- Nei casi di “provvedimento obbligatorio a carattere vincolato”, come quello in discorso, al giudice ordinario – va in via consecutiva riscontrato – è “preclusa ogni valutazione, anche ai fini dell’eventuale disapplicazione, della legittimità del relativo provvedimento, trattandosi di sindacato che spetta unicamente il giudice amministrativo” (cfr. Cass., 22 giugno 2016, n. 12976). Per il rilevp generale che, se la fase procedimentale della valutazione della domanda cli contributo pubblico è per solito oggetto di un apprezzamento discrezionale, coi la conseguenza che “la posizione del richiedente è di interesse legittimo”, quella di eventuale revoca del beneficio incide su un diritto soggettivo perfetto, “tutelabile avanti all’autorità giudiziaria ordinaria”, dovendo il “giudice sola accertare il venire meno di un presupposto previsto in modo puntuale dalla legge” si veda poi Cass., SS.UU., 20 luglio 2011, n. 15867, nonchè Cons. Stata, ad. plen., 29 gennaio 2014, n. 6.

13.- Va aggiunto, ancora, che i controlli previsti dal D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 8, comma 1 (“il soggetto competente… può disporre in qualsiasi momentp ispezioni, anche a campione, sui programmi e le spese oggetto di intervento, allo scopo di verificare lo stato di attuazione, il rispetto degli obblighi previsti dal provvedimento di concessione”) risultano previsti – nel contesto del sistema normativo di cui al decreto legislativo in esame – in funzione diretta e propria del mantenimento, o per contro revoca, del beneficio concesso (cfr. il citato D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9, comma 1).

14.- Il terzo motivo di ricorso rileva che il Tribunale ha errato nel ritenere escluso dal privilegio di cui al D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9 l’intervento di sostegno pubblico realizzato a mezzo di rilascio di garanzia personale.

“Non vi sono validi motivi per discriminare, tra le varie forme di sostegno pubblico, previsti del D.Lgs. n. 123 del 1998, artt. 1 e 7, il rilascio di garanzie. “Sarebbe del tutto illogico, al punto di esporre la norma in esame a profili cli illegittimità costituzionale difficilmente superabili, ritenere che il legislatore abbia inteso discriminare la concessione di un credito di firma (concessione il garanzia) da quello di credito per cassa (finanziamento in contanti), trattandosi di interventi aventi la medesima ratio di sostegno alle imprese, seppure in forme diverse”.

15.- Il quarto motivo assume, a sua volta, che l’applicazione del privilegio anche agli interventi di garanzia non comporta nessuna applicazione analogica dell’art. 9, comma 5, preclusa nella materia dei privilegi, ma solo una consentita “interpretazione estensiva”.

16.- Suscettibili di esame unitario, il terzo e il quarto motivo di ricorso meritane di essere accolti.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, che si è ormai venuto a consolidare, infatti, “in sede fallimentare gli interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia godono anch’essi del privilegio di cui al D.Lgs. n. 123 del 1998, art. 9, comma 5, perchè le diverse forme di intervento pubblico in favore delle attività produttive risultano espressione di un unitario disegno normativo” e pure perchè occorre “comunque recuperare la provvista per ulteriori e futuri interventi di sostegno della produzione”. In questa direzione, si vedano in particolare le pronunce di Cass., n. 2664/2019, già citata; Cass., 31 maggio 2019, n. 14915; Cass., 26 giugno 2019, n. 17101; Cass., 25 novembre 2019, n. 30621; Cass., 26 novembre 2019, n. 30739.

17.- Con riferimento alla nozione di “finanziamento”, che il Tribunale in moda non condivisibile circoscrive alle sole erogazioni dirette di danaro (sopra, nel n. 5), questa Corte ha rilevato, in specie, che il “D.Lgs. n. 123 del 1998 non detta una definizione del termine “finanziamento”. Sì che lo stesso si pone, in tale contesto, come un’incognita, più che come uno strumento per risolvere i problemi applicativi della relativa disciplina. Anche perchè nel quadro del diritto vigente il termine “finanziamento” non assume un significato costante o in ogni casa pregnante. Tanto meno può essere identificato con l’operazione di mutuo ovvera con l’erogazione diretta di somme di danaro, secondo quanto sembrano ritenere i ricorrenti”. In realtà, le “diverse forme di intervento pubblico di sostegno alle attività produttive individuate dal D.Lgs. n. 123 del 1998 (e descritte nella norma dell’art. 7) appaiono espressione di un disegno di impianto unitario, come intesa alla “razionalizzazione” e riorganizzazione dell’intero settore (cfr., tra l’altro, la norma dell’art. 1). E soprattutto portatore di una disciplina di segno unitario delle diverse forme di intervento, pur nel rispetto delle differenze rilevanti che tra le stesse possano eventualmente manifestarsi” (così, in particolare, la già richiamata pronuncia di Cass., n. 2664/2019).

18.- Quanto all’altro rilievo addotto dal Tribunale, per cui non è possibile che la posizione del soggetto che si surroga sia migliore di quella del creditore originaria (sopra, nel n. 5), questa Corte ha rilevato, in particolare, che il “garante che ha pagato il creditore ha comunque diritto di recuperare dal debitore finale quanta per lui pagato, posto che è su quest’ultimo – non già sul garante solvens – che non può non ricadere il depauperamento patrimoniale conseguente alla rilevata sussistenza di un “debito”. Si tratta, in effetti, di un diritto proprio del solvens (c.d. rivalsa), che il relativo comportamento (di effettuare il pagamento, appunto) tenga perchè garante”. E’ da “da aggiungere che, in ogni caso, il richiamo alla figura della surroga non potrebbe mai fare “cadere” un diritta proprio del solvens, perchè estraneo alla posizione del creditore accipiens. La norma dell’art. 1203 c.c. è univoca nel dichiararsi “a vantaggio”, e non già a danno, del solvens: la stessa, perciò, non potrebbe comunque togliere a questi dei “vantaggi”, che risultano connessi alla posizione propria di questo” (così, in particolare, Cass., 25 novembre 2019, n. 30621).

19. In conclusione, il ricorso va accolto. Di conseguenza, va cassata la pronuncia impugnata e la controversia rinviata al Tribunale di Milano che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e rinvia la controversia al Tribunale di Milano che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 3 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 4 febbraio 2020

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