Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2457 del 03/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 03/02/2010, (ud. 05/11/2009, dep. 03/02/2010), n.2457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

ul ricorso 17861/2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

EOS PALESTRE SRL in persona del suo legale rappresentante, il

presidente del consiglio di amministrazione, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G. G. BELLI 27, presso lo studio

dell’avvocato PIERI NERLI Giovanni, che la rappresenta e difende

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 24/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di MILANO, del 14/2/08 depositata il 23/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per la controricorrente l’Avvocato Giovanni Pieri Nerli che si

riporta ai motivi del controricorso;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che

nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 14/3/2008 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva il gravame interposto dalla contribuente società Eos Palestre s.r.l. nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Milano di rigetto dell’opposizione spiegata in relazione a cartella di pagamento emessa dall’Agenzia delle entrate di Milano a titolo di I.V.A. per l’anno d’imposta 2001.

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Resiste con controricorso la società Eos Palestre s.r.l.

Con il 1^ motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2^ motivo denunzia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108) -, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 11/1/2001, n. 15949).

Orbene, nel caso i quesiti di diritto risultano formulati in modo difforme rispetto allo schema sopra delineato, in quanto connotati da genericità e mancanza di riferibilità al caso concreto dedotto all’esame della Corte, e pertanto sforniti di collegamento tale da consentire di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), sicchè essi non consentono di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un relativo accoglimento o rigetto (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064).

A fortiori in presenza di formulazione dei motivi come nella specie altresì carenti di autosufficienza (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064).

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che il ricorrente non ha presentato memoria, nè vi è stata richiesta di audizione in Camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, atteso, quanto al primo motivo, che come ivi indicato manca ogni riferimento al caso concreto, sicchè così come formulato, la mancata osservanza – come esposto nella relazione – dello schema di relativa redazione delineato da questa Corte (in particolare v. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36) rende nel caso il quesito inidoneo a consentire, in base alla sua sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433;

Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658;

Cass., 7/4/2009, n. 8463), di evincere in termini esaustivi i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645;

Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360) e di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), non essendo d’altro canto l’art. 366 bis c.p.c., suscettibile di essere interpretato nel senso che il quesito di diritto possa (e a fortiori debba) desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258);

considerato, quanto al secondo motivo, che nel farsi nel quesito riferimento meramente ad “uno specifico motivo di gravame” non risulta invero debitamente specificamente indicato (anche) l’atto difensivo o il verbale di udienza nei quali la domanda o l’eccezione è stata proposta, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività (v. Cass., 31/1/2006, n. 2138; Cass., 27/1/2006, n. 1732; Cass., 4/4/2005, n. 6972; Cass., 23/1/2004, n. 1170; Cass., 16/4/2003, n. 6055), essendo al riguardo noto che pur divenendo nell’ipotesi in cui vengano denunciati con il ricorso per cassazione errores in procedendo la Corte di legittimità giudice anche del fatto (processuale) ed abbia quindi il potere-dovere di procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali, preliminare ad ogni altra questione si prospetta invero quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo, sicchè esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione la Corte di Cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (v. Cass., 23/1/2006, n. 1221); sicchè la ricorrente non pone questa Corte nella condizione di effettuare il richiesto controllo, anche in ordine alla tempestività e decisività dei denunziati vizi (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 10/2/1995, n. 1161);

atteso che l’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide invero anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463;

Cass. Sez. Un., 25/11/2008. n. 28054; Cass. Sez. Un., 30/10/2008, n. 26020), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444);

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2010

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