Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24568 del 31/10/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 24568 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ZAPPALA’ Avv. Salvatore, rappresentato e difeso, in forza di
procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Renato Torrisi, con domicilio per legge presso la Cancelleria civile
della Corte di cassazione in Roma, piazza Cavour;
– ricorrente contro
e

GEA BROKER s.r.1., in persona del legale rappresentante

pro

tempore;
– intimata per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catania in data 16 novembre 2006.

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Data pubblicazione: 31/10/2013

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 ottobre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Pro-

per raccoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. – La s.r.l. Gea Broker, con atto di citazione notificato il 19 giugno 2000, convenne in giudizio davanti al Tribunale di Catania l’Avv. Salvatore Zappala, chiedendo che fosse
dichiarata insussistente nei suoi confronti la pretesa creditoria di lire 16.675.160 reclamata dal convenuto per presunte
prestazioni professionali con lettere del 22 marzo 2000 e del
15 maggio 2000.
Con successivo atto di citazione notificato il 28 luglio
2000, Gea Broker propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in data 13 giugno 2000 dal Tribunale di Catania, con cui era stato ad essa intimato il pagamento delle medesime prestazioni professionali in favore dell’Avv. Zappala.
Costituitosi in giudizio, l’Avv. Zappalà chiese il rigetto
della domanda di accertamento negativo e della successiva opposizione a decreto ingiuntivo, deducendo che la pretesa creditoria derivava da attività stragiudiziali di consulenza ed
assistenza per quattro procedure concorsuali.

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curatore Generale dott. Aurelio Golia, il quale ha concluso

Disposta la riunione dei due procedimenti, il Tribunale di
Catania, con sentenza in data 2 maggio 2002 dichiarò
l’insussistenza del diritto al compenso professionale del convenuto e revocò il decreto ingiuntivo opposto, compensando in-

2. – La Corte d’appello di Catania, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 16 novembre 2006, ha
rigettato

l’impugnazione

dello

Zappala,

condannando

l’appellante al rimborso delle spese processuali sostenute,
nel grado, dalla società appellata.
La Corte territoriale ha rilevato che l’Avv. Zappalà ha
dimostrato, attraverso la documentazione allegata in atti, di
aver ricevuto dalla società Gea Broker il mandato di assisterla in quattro gare a trattativa privata e a pubblico incanto,
ma non ha provato di avere effettivamente eseguito la prestazione professionale richiestagli, non essendo idonee a tal fine le richieste di assunzione dell’incarico.
3.

– Per la cassazione della sentenza della Corte

d’appello l’Avv. Zappala ha proposto ricorso, con atto notificato il 23 novembre 2007, sulla base di quattro motivi.
L’intimata società non ha svolto attività difensiva in
questa sede.
Considerato in diritto
l. – Con il primo motivo (error in procedendo: violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n.

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teramente tra le parti le spese processuali.

4,

cod.

proc.

civ.)

si denuncia omessa pronuncia

sull’eccezione, espressamente formulata dall’appellante, di
mancata prova dell’inesistenza del fatto costitutivo del diritto di credito ovvero dell’esistenza di fatti estintivi o

la qualità di attrice nel procedimento di accertamento riunito
al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.
1.1. – Il motivo è infondato.
Non sussiste il vizio di omessa pronuncia, perché la Corte
territoriale ha preso in esame i motivi di gravame, e li ha
respinti richiamando il principio secondo cui nei giudizi aventi per oggetto l’accertamento di un credito vantato dal
professionista, relativamente al compenso dovutogli per le
prestazioni professionali eseguite in favore del cliente, la
prova, non solo dell’avvenuto conferimento dell’incarico, ma
anche dell’effettivo espletamento dello stesso incombe al professionista: principio che vale non solo quando il giudizio si
svolga a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo (Cass.,
Sez. II, 22 giugno 1994, n. 5987), ma anche quando questo
tratta origine da un’azione di accertamento negativo, posto
che, in tema di riparto dell’onere della prova ai sensi
dell’art. 2697 cod. civ., l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare
del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia con-

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impeditivi dello stesso formulata dalla società appellata nel-

venuto in giudizio di accertamento negativo (Cass., Sez.

VI-

Lav., 4 ottobre 2012, n. 16917).
D’altra parte, il motivo non considera che, essendo i due
procedimenti – di accertamento negativo della pretesa credito-

continenza ed avendo il Tribunale eliminato la duplice pendenza dinanzi a sé disponendo la prosecuzione, a seguito di riunione, di un unico processo, correttamente il giudice del merito ha applicato la stessa regola di riparto con riguardo alla prova del fatto costitutivo della pretesa creditoria.
2. – Sotto la rubrica “carente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio”, il secondo mezzo denuncia carente motivazione circa la dichiarata identità del
primo e del secondo motivo di gravame in appello.
2.1. – Il motivo è inammissibile, perché non è accompagnato da un quesito di sintesi, omologo al quesito di diritto,
che valga a circoscrivere puntualmente i limiti della censura
proposta a norma dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (Cass.,
Sez. Un., 18 ottobre 2012, n. 17838).
Alla stregua della letterale formulazione dell’art. 366bis cod. proc. civ. – introdotto, con decorrenza dal 2 marzo
2006, dall’art. 6 del d.gs. 2 febbraio 2006, n. 40, e abrogato
con decorrenza dal 4 luglio 2009 dall’art. 47 della legge 18
giugno 2009, n. 69, ma applicabile ai ricorsi proposti avverso
le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009

ria e di opposizione a decreto ingiuntivo – in relazione di

(cfr. art. 58, comma 5, della legge n. 69 del 2009) – questa
Corte è ferma nel ritenere che, a seguito della novella del
2006, nel caso previsto dall’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.,
allorché, cioè, il ricorrente denunci la sentenza impugnata

scun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la
chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale
la motivazione si assume omessa o contraddittoria e le ragioni
per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la
renda inidonea a giustificare la decisione.
Ciò importa, in particolare, che la relativa censura deve
contenere un momento di sintesi (omologo al quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti (cfr., ad esempio, Caso., sez. un., 1 0 ottobre 2007, n. 20603).
Al riguardo, ancora è incontroverso che non è sufficiente
che l’indicazione del fatto controverso e delle ragioni della
non adeguatezza della motivazione sia esposta nel corpo del
motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, occorrendo, a tal fine, un quid pluris,

una parte, del motivo

stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata (cfr. Cass., Sez. Il, 30 gennaio 2013, n. 2219):
il che, nella specie, manca.
3. – Con il terzo motivo (error in procedendo: violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n.
4, cod. proc. civ.) ci si duole dell’erronea qualificazione

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lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di cia-

delle prestazioni professionali azionate dal ricorrente con
conseguente omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia.
Il quarto mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art.

sionista avvocato che faccia valere in giudizio nei confronti
del committente il proprio credito secondo quanto fissato dal
tariffario forense di cui al d.m. 5 ottobre 1994, n. 585, per
le attività di posizione ed archivio, conferenze telefoniche
ed esame e studio del controversia, è onerato

ex art. 2697,

primo coma, cod. civ. a fornire di avere eseguito tali specifiche attività”.
3.1. – L’uno e l’altro motivo – da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione – sono inammissibili.
Dal testo della sentenza impugnata risulta che le prestazioni professionali per le quali è stato richiesto il compenso
derivavano da “attività stragiudiziali di consulenza ed assistenza per quattro procedure concorsuali”; e la Corte territoriale, confermando le conclusioni cui era giunto il Tribunale,
ha rilevato che l’Avv. Zappalà ha bensì dimostrato, attraverso
la documentazione allegata in atti, di aver ricevuto dalla società Gea Broker il mandato di assisterla in quattro gare a
trattativa privata e a pubblico incanto, ma non ha provato di
avere eseguito la prestazione richiestagli.

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2697, primo coma, cod. civ.) pone il quesito se “il profes-

Ora, i motivi di ricorso muovono dalla denuncia
dell’erronea individuazione e qualificazione, da parte dei
giudici di merito, della pretesa fatta valere dal professionista, che – si assume – sarebbe limitata, in realtà, alla aper-

cumentazione proveniente dalla società committente.
I motivi di ricorso affermano che questa limitazione sarebbe comprovata dalla documentazione in atti e, in particolare, dalla parcella, ma non riportano in maniera specifica il
testo di detta documentazione.
In questa prospettiva, lo stesso quesito che accompagna
(soltanto) il quarto motivo finisce per essere generico e astratto, non avendo alcuna attinenza con le rationes che sostengono la decisione impugnata. Da un lato, infatti,
l’interrogativo posto dal ricorrente non si conforma alla prescrizione dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in quanto non
consente l’individuazione del principio di diritto che è alla
base del provvedimento impugnato e, correlativamente, di un
diverso principio la cui auspicata applicazione ad opera della
Corte di cassazione sia idonea a determinare una decisione di
segno diverso. Dall’altro, il quesito non indica, in sé, da
quali atti emergerebbe che il credito fatto valere riguardi
esclusivamente le attività di posizione ed archivio, conferenze telefoniche ed esame e studio della controversia.
4. – Il ricorso è rigettato.

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tura del fascicolo e all’esame e all’approfondimento della do-

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo
l’intimata svolto attività difensiva in questa sede.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.

Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 24 ottobre 2013.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II

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