Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24566 del 05/10/2018

Cassazione civile sez. III, 05/10/2018, (ud. 12/07/2018, dep. 05/10/2018), n.24566

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26178-2016 proposto da:

PREFETTURA CUNEO in persona del Prefetto p.t., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, da cui è difesa per legge;

– ricorrente –

contro

T.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 601/2016 del TRIBUNALE di CUNEO, depositata il

16/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

che:

La Prefettura di Cuneo ricorre, affidandosi ad un unico motivo, per la cassazione della sentenza del Tribunale locale che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso la pronuncia del giudice di pace di Borgo San Dalmazzo il quale, accogliendo il ricorso di T.G., aveva disposto l’annullamento dell’ordinanza prefettizia emessa nei suoi confronti per violazione dell’art. 186 C.d.S., comma 2, con sospensione della patente di guida per due anni.

L’intimato non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con unico motivo, la Prefettura deduce, ex art. 360 c.p.c., n 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c.: lamenta, infatti, che il Tribunale aveva erroneamente dichiarato l’inammissibilità dell’appello sulla base di una erronea interpretazione della norma sopra indicata, sfociata in una motivazione incongrua.

Assume al riguardo che, a fronte degli specifici motivi di gravame proposti con i quali veniva richiesto l’annullamento della pronuncia del giudice di pace per violazione dell’art. 112 c.p.c., essendo fondata su ragioni, specificamente indicate nell’atto d’appello, mai prospettate nell’opposizione dal T. ed errate in diritto – il Tribunale aveva statuito che il gravame era inammissibile in quanto non conteneva la formale indicazione delle modifiche che dovevano essere apportare alla sentenza impugnata nè la formulazione di una proposta alternativa di decisione.

Censura la statuizione assumendo che l’art. 342 c.p.c. prevedeva che i motivi d’appello dovessero essere specifici, ma non imponeva la prospettazione di una proposta di sentenza da contrapporre a quella impugnata, in quanto la “ricostruzione alternativa” postulata dalla norma riguardava il fatto storico oggetto della controversia ma non l’articolazione del ragionamento motivazionale, affidato alle argomentazioni che il giudice di seconda istanza era tenuto a sviluppare sulla base delle censure proposte.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha avuto modo di chiarire che “gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (cfr. ex multis Cass. SU 27199/2017; Cass. 13535/2018; Cass. 3115/2018; Cass. 7332/2018).

Il principio devolutivo, in buona sostanza, impone all’appellante di indicare con sufficiente specificità i vizi della sentenza che egli intende denunciare, ma non di formulare “un percorso motivazionale alternativo”, come affermato erroneamente dal Tribunale (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata), rendendo con ciò una sentenza priva di argomentazioni corrispondenti ai vizi denunciati ed inidonea, pertanto, ad assolvere alla funzione che, anche attraverso la rilevanza costituzionale di cui all’art. 111 Cost., comma 6, la motivazione assume nel nostro sistema processuale in relazione al giudizio d’appello.

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio al Tribunale di Cuneo in diversa composizione per il riesame della controversia alla luce del principio di diritto sopra evidenziato che dovrà essere applicato alle censure proposte dall’appellante.

Il Tribunale di rinvio deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame della controversia al Tribunale di Cuneo in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2018

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