Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24565 del 22/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/11/2011, (ud. 21/09/2011, dep. 22/11/2011), n.24565

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.M., + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in Roma, Via Benaco n. 5, presso lo

studio dell’Avv. Maria Chiara Morabito, rappresentati e difesi dagli

Avv.ti Belelli Massimo e Sergio Novelli del foro di Ancona come da

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ACQUAMBIENTE MARCHE S.r.l, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Angelico n. 38,

presso lo studio dell’Avv. Del Vecchio Sergio, che la rappresenta e

difende, in unione all’Avv. Antonio Mastri del foro di Ancona, per

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 53/09 della Corte di Appello di

Ancona del 30.01.2009/17.02.2009 (R.G. n. 119 dell’anno 2006).

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21.09.2011 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. Massimo Belelli per i ricorrenti e l’Avv. Sergio Del

Vecchio per la controricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. MATERA

Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, depositato il 22.02.1995, G.M. e gli altri litisconsorzi indicati in epigrafe convenivano in giudizio il CIGAD (Consorzio Intercomunale Acqua Gas e Depurazione) per sentir riconoscere la natura privatistica del rapporto di lavoro intercorrente con tale ente e per sentir condannare lo stesso al pagamento delle retribuzioni e contribuzioni arretrate, comprensive di emolumenti ed indennità integrative spettanti in forza della natura privatistica del rapporto e del vigente CCNL, dedotte le somma già corrisposte.

A seguito della sentenza n. 9879 del 1997 della Corte di Cassazione, che dichiarava la giurisdizione del giudice ordinario adito, e dopo la riassunzione del giudizio anche nei confronti di ACQUAMBIENTE MARCHE S.r.l. a seguito della trasformazione dell’originario Consorzio, il Tribunale di Ancona con sentenza n. 637 del 2005 condannava gli enti resistenti al pagamento a favore dei ricorrenti delle differenze retributive relative al quinquennio anteriore al deposito del ricorso, e ciò con riferimento al CCNL della Federgasacqua, contratto collettivo assunto come parametro ex art. 36 Cost..

Tale decisione, appellata da CIGAD S.p.A. e da ACQUAMBIENTE MARCHE S.r.l, è stata riformata dalla Corte di Appello di Ancona con sentenza n. 53 del 2009, che ha rigettato le domande proposte dai lavoratori. Il giudice di appello, nel pervenire alla declaratoria di infondatezza delle richieste dei dipendenti, ha affermato che: – sulla base della lettura del ricorso introduttivo della lite e del contenuto dell’atto riassuntivo, doveva ritenersi nuova la domanda contenuta nell’atto di riassunzione, in quanto con e sso s i richiedeva l’applicazione del contratto Federgasacqua, formulata per la prima volta sul presupposto dell’adesione della Cigad S.p.A. a tale organizzazione stipulante il contratto di categoria;

– il riconoscimento della natura privatistica dell’attività spigata dal Consorzio non poteva automaticamente comporta- re l’applicazione di tutti gli istituti economici e normativi del Contratto Federgasacqua, potendo la contrattazione applicarsi in via diretta o in via indiretta o ex art. 36 Cost.;

– che, valutandosi – così come si ricavava dall’interpretazione dei loro atti processuali – la domanda avanzata dai lavoratori solo alla stregua dell’art. 36 Cost., non essendo state dedotte le concrete esigenze loro e delle loro famiglie, doveva considerarsi- ai fini di eventuali differenze retributive – unicamente il criterio di proporzionalità, costituito secondo la costante giurisprudenza solo dalla retribuzione minima (paga base, contingenza e tredicesima mensilità) garantita dalla contrattazione del settore;

– nel ricorso introduttivo non veniva fatto alcun riferimento nè alle qualifiche rivestite nè alle mansioni concretamente svolte da ciascun dipendente nè alla correttezza o meno dei rispettivi inquadramenti, sicchè non poteva neanche liquidarsi il trattamento richiesto sulla base del criterio presuntivo – seguito invece dal primo giudice, secondo cui la qualifica attribuita corrispondeva alle mansioni riconosciute individualmente alla data del novembre 1996 ed e-spletate anche nei sette anni prima per non essere stata provata l’intervenuta ristrutturazione dell’ente, evocata nel giudizio, potendosi detta ristrutturazione desumere dal contenuto della documentazione in atti;

– dalla relazione redatta in secondo grado dal consulente di ufficio si evinceva che tutti i lavoratori avevano ricevuto una retribuzione comunque superiore al limite minimo garantito dalla Costituzione.

I lavoratori indicati in epigrafe ricorrono in cassazione con cinque motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.. La S.r.l.

Acquambiente Marche resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti, nel denunciare, violazione e falsa applicazione dell’art. 2070 cod. civ., art. 39 Cost., art. 99, 100, 112, 115 e 116 c.p.c., deducono l’erroneità della sentenza di appello per non avere colto dalla lettura dell’originario ricorso la richiesta del riconoscimento di differenze retributive conseguenti all’applicazione del contratto collettivo di riferimento, una volta accertata la natura privatistica dell’ente datore di lavoro.

Il motivo è infondato, in quanto la censura in esso contenuta ed il quesito di diritto, come risultante dal ricorso (pag. 8) fanno riferimento al contratto collettivo della Federgasacqua, del quale non è provata la diretta applicabilità per avvenuta adesione del Consorzio all’organizzazione di categoria firmataria del contratto stesso, che peraltro non risulta allegato al ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano che l’impugnata sentenza non ha fatto corretta applicazione dell’art. 36 Cost. con riferimento ai criteri di proporzionalità della retribuzione, avendo omesso di valutare gli elementi accessori della retribuzione, come l’anzianità di servizio e il compenso per gli straordinari effettuati. In tal senso è formulato il quesito di diritto (pag. 10 del ricorso).

Il motivo è inammissibile, perchè si conclude con un quesito che pone in meri termini interrogativi una questione di diritto – quale quella attinente alla corretta applicazione del disposto dell’art. 36 Cost. senza alcun riferimento a circostanze di fatto che nel caso di specie hanno portato la Corte territoriale ad affermare il rispetto da parte del Consorzio della retribuzione garantita dalla norma costituzionale.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla determinazione delle differenze retributive attraverso la sottrazione di valori non omologhi.

In particolare i ricorrenti deducono l’erroneità della valutazione del giudice di appello per avere fatto riferimento al semplice stipendio base previsto dal CNNL applicabile senza considerare gli elementi accessori.

Il motivo è privo di pregio e va disatteso, giacchè con esso si tenta una rivisitazione dei fatti di causa, non consentita in sede di legittimità.

4. Con il quarto motivo viene dedotto vizio di motivazione sull’inquadramento dei ricorrenti, per avere fatto riferimento la Corte territoriale al protocollo d’intesa del 17.11.1995 anzichè all’atto formale d’inquadramento realizzato circa un anno dopo (12.11.1996).

Il motivo è inammissibile, perchè, oltre a fare riferimento a circostanze di fatto, il relativo quesito di diritto (come formulato a pag. 13 del ricorso) non è rispettoso del dettato dell’art. 366 bis c.p.c. non indicando il punto risolutivo della decisione in relazione al quale detto vizio si è concretizzato.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 cod. civ. in relazione alla dichiarata prescrizione delle differenze retributive per il periodi 1990/1996 (quinquennio anteriore al deposito del ricorso).

L’esposta censura non ha pregio, essendo stata correttamente ritenuta assorbita dal giudice di appello la questione relativa alla prescrizione, per essere stata ritenuta infondata la pretesa avanzata dai ricorrenti.

6. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, che liquida in Euro 50,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2011

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