Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24564 del 05/10/2018

Cassazione civile sez. III, 05/10/2018, (ud. 10/07/2018, dep. 05/10/2018), n.24564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12883-2017 proposto da:

SARA ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo legale rappresentante –

procuratore speciale, Dott. O.G., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO, 28, presso lo studio

dell’avvocato ROSARIO LIVIO ALESSI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GIULIO PONZANELLI, GAETANO ALESSI giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

V.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE

SIRTORI 56/B, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO AMEDEO

MARINELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO CARRARO

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 242/2017 del TRIBUNALE di PADOVA, depositata

il 26/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso

chiedendo il rigetto.

Fatto

RILEVATO

che:

V.D. convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Padova la Sara Assicurazioni S.p.a. al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di un incidente accaduto in data (OMISSIS) (cfr. dispositivo sentenza di primo grado, riportato a p. 4 del ricorso, e dispositivo sentenza di appello, p. 14.), allorchè viaggiava quale terza trasportata a bordo di veicolo assicurato per la RCA con la convenuta, a seguito del quale assumeva di aver riportato ferite da cui erano derivati postumi invalidanti nella misura del 34% di invalidità permanente, oltre ad una invalidità temporanea.

Istruita la causa mediante consulenza tecnica medico-legale, il Giudice di Pace di Padova, con sentenza n. 1135/2015, accolse la domanda, condannando l’assicurazione convenuta, tra l’altro, al risarcimento del danno biologico da invalidità permanente, oltre che da inabilità temporanea parziale.

2. Il Tribunale di Padova in funzione di giudice di secondo grado, con la sentenza n. 242/2017, depositata il 26 gennaio 2017 ha confermato, per la parte che ancora rileva, la decisione di prime cure.

In particolare, il Tribunale ha ritenuto che l’interpretazione corretta del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 32, commi 3 ter e 3 quater convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2012 – interpretazione recepita anche dalla giurisprudenza di legittimità – consenta il riconoscimento della lesione biologica permanente anche in assenza di un accertamento strumentale, purchè alla luce di un esame clinico obiettivo scientificamente compatibile ed adeguatamente connesso all’evento lesivo.

Secondo il Tribunale, tale interpretazione non risulta sconfessata degli arresti operati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 235/2014 e con l’ordinanza n. 242/2015. Nel primo provvedimento, l’affermazione della Consulta secondo cui l’accertamento strumentale condizionerebbe la risarcibilità delle lesioni permanenti di lieve entità costituisce un mero obiter dictum, peraltro privo di alcuna motivazione. Il secondo dei provvedimenti si limita a riconoscere la legittimità costituzionale delle disposizioni di cui al D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 32, commi 3 ter e 3 quater anche ove interpretate nel senso di ritenere imprescindibile un accertamento strumentale ai fini della risarcibilità del danno permanente derivante da una microlesione, senza prendere in considerazione il diverso orientamento interpretativo, comunque conforme ai parametri costituzionali.

Il Tribunale ha quindi osservato che correttamente il ctu, dopo aver proceduto alla visita diretta della V., ha preso visione dei radiogrammi del rachide cervicale con proiezioni dinamiche effettuati in data 6.3.2013, e degli esiti di un accertamento videoinstagmografico compiuto il 10.4.2013, dai quali si riscontravano alterazioni poi confermate anche in sede di visita medica legale.

Nè rileva, secondo il giudice dell’appello, la circostanza che l’accertamento sia stato eseguito a distanza di una quarantina di giorni dal sinistro, poichè la norma di legge non prescrive che esso debba avvenire nell’immediatezza del fatto lesivo, bastando che il medico legale sia in grado di affermare la riconducibilità della lesione all’evento. Ciò è avvenuto in maniera espressa nel caso di specie, avendo il medico legale evidenziato la sussistenza di un nesso di causa tra l’incidente stradale occorso il (OMISSIS) e il quadro politraumatico contusivo-distorsivo riscontrato nel corso della visita medica.

Di conseguenza, il Tribunale afferma che, essendosi in presenza di un dato clinico obiettivo, la lesione può ritenersi scientificamente compatibile e connessa all’evento lesivo, tenuto anche conto del fatto che il nesso di causalità in materia civile soggiace alla regola del “più probabile che non”.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione, sulla base di due motivi, la Sara Assicurazioni S.p.a.

3.1. Resiste con controricorso la signora V.D..

3.2. Il procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

4.1. Con il primo motivo di ricorso, la Sara Assicurazioni lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione “del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 139 come modificato dalla L. n. 27 del 2012, art. 32, comma 3 ter e della L. n. 27 del 2012, art. 32, comma 3 quater”.

Lamenta la ricorrente che l’interpretazione fornita dai giudici dell’appello delle norme di cui del D.L. n. 1 del 2012, ART. 32, commi 3 ter e 3 quater sarebbe contraria:

– al tenore testuale delle stesse, in quanto la prima norma si riferisce al solo danno biologico permanente e, stante l’assenza di congiunzione disgiuntiva, dispone la necessità che le lesioni permanenti di lieve entità, per essere risarcibili, siano vagliate attraverso una metodica accertativa che sia oltre che clinica e obiettiva, anche strumentale;

– nonchè alla funzione sociale perseguita dal legislatore, ed avallata dalla Consulta, di contenimento dei costi dell’assicurazione obbligatoria in materia di RC Auto.

Il motivo è inammissibile.

Come ricordato dalla sentenza impugnata, sull’effettiva interpretazione da attribuire alle disposizioni ora richiamate questa Corte ha già avuto occasione di pronunciarsi con la sentenza 26 settembre 2016, n. 18773. In tale pronuncia, la Corte ha affermato che le citate norme si applicano anche ai giudizi in corso (richiamando, sul punto, la sentenza n. 235 del 2014 della Corte Costituzionale). Ha poi precisato che la ratio delle medesime norme va tratta assumendo come punto di riferimento la previsione del D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 138 e 139 e, in particolare, la previsione dell’art. 139, comma 2, secondo cui “per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente dell’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale”. Ragione per cui quella sentenza è pervenuta alla conclusione che anche alla luce della norma sopravvenuta (che richiede un accertamento clinico strumentale obiettivo) i criteri di accertamento del danno biologico non sono “gerarchicamente ordinati tra loro ma da utilizzarsi secondo le leges artis” in modo da condurre ad una “obiettività dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni che i relativi postumi (se esistenti)”.

Con la recente pronuncia Cass. civ. Sez. 3, 19-01-2018, n. 1272 – relativa ad un caso in cui si discuteva, come nel caso di specie, di lesione del rachide cervicale (nota volgarmente come colpo di frusta) – si è poi affermato il principio, cui si intende dare continuità, secondo cui “in materia di risarcimento del danno da c.d. micropermanente, il D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 139, comma 2, nel testo modificato dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 32, comma 3-ter, inserito dalla Legge di Conversione 24 marzo 2012, n. 27, va interpretato nel senso che l’accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell’integrità psico-fisica deve avvenire con rigorosi ed oggettivi criteri medico-legali; tuttavia l’accertamento clinico strumentale obiettivo non potrà in ogni caso ritenersi l’unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita del medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l’esame clinico strumentale”.

La Corte, in quell’occasione, ha osservato che, di fronte alla prospettazione di una patologia come la lesione del rachide cervicale, il ctu non potrebbe limitarsi a dichiararla accertata sulla base del dato puro e semplice – e in sostanza non verificabile – del dolore più o meno accentuato che il danneggiato riferisca, ritenendo invece che “l’accertamento clinico strumentale sarà in simili casi, con ogni probabilità, lo strumento decisivo che consentirà al c.t.u., fermo restando il ruolo insostituibile della visita medico legale e dell’esperienza clinica dello specialista, di rassegnare al giudice una conclusione scientificamente documentata e giuridicamente ineccepibile, che è ciò che la legge attualmente richiede”. Ciò considerato, la Corte ha cassato la sentenza di secondo grado che, pur in presenza di una c.t.u. ritenuta del tutto condivisibile, aveva posto a carico del danneggiato la responsabilità dell’omissione consistente nel mancato espletamento di un accertamento clinico strumentale obiettivo, rigettando perciò la domanda risarcitoria. In tal modo, infatti, si sarebbe svilito l’accertamento compiuto dal c.t.u., che si sarebbe potuto convocare per chiarimenti e per un eventuale accertamento supplementare.

Nel caso di specie, il Tribunale ha invece correttamente fatto proprie le conclusioni del CTU, che evidenziando lo stesso aveva preso visione di alcuni accertamenti strumentali effettuati a seguito del sinistro (seppur non nell’immediatezza dello stesso), le cui risultanze avevano trovato conferma in sede di visita medico-legale.

4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente si duole, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, dell'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione trae parti”.

Il Tribunale avrebbe omesso di considerare l’assenza di qualsivoglia esame strumentale che possa aver validato l’esistenza del trauma lamentato.

Infatti, contrariamente a quanto rilevato dal giudice del merito, il cm non avrebbe trovato alcuna conferma strumentale del trauma riferito dalla V. dalle rx – peraltro eseguite in data precedente al sinistro di cui si tratta, il quale sarebbe in realtà avvenuto in data (OMISSIS) – nè dall’accertamento videoinstagmogradico compiuto il 10 aprile 2013, volto dichiaratamente a valutare la derivazione causale del riferito disturbo da un altro sinistro del (OMISSIS), per il quale la ricorrente non avrebbe prestato alcuna garanzia assicurativa.

Il Tribunale ometterebbe inoltre qualsivoglia esame del doc. 5 del fascicolo di parte di primo grado, consistente nelle fotografie e nella perizia estimativa del veicolo, dal quale si evincerebbe che il sinistro in questione, per la sua dinamica e levità (avendo causato danni al veicolo per soli 900 Euro comprensivi di iva), non avrebbe potuto determinare il trauma cervicale riferito dalla V..

Tali doglianze sono inammissibili e comunque manifestamente infondate.

In primo luogo, la censura con cui si lamenta l’omessa considerazione della ctu, laddove escluderebbe la sussistenza del nesso causale con il sinistro in questione, affermandosi invece la derivazione causale delle lesioni da altro sinistro, difetta di autosufficienza; non venendo riportati nel ricorso, nemmeno in parte, i brani da cui ciò emergerebbe.

Peraltro, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, dalla ricostruzione fattuale operata nel giudizio di merito risulta pacifico che il sinistro sia avvenuto nel (OMISSIS) e che quindi gli accertamenti strumentali presi in considerazione dal cm siano successivi allo stesso sinistro.

Difetta di autosufficienza anche l’ulteriore censura secondo cui il Tribunale, nel valutare la riconducibilità della lesione alla tipologia di sinistro si sarebbe appiattito sulla ctu, senza valutare le modalità di collisione dei veicoli, nè la modesta entità dei danni, risultante dalla documentazione fotografica e dalla perizia estimativa dei danni al veicolo.

Al riguardo parte ricorrente oltre a non riportare nel ricorso i brani della perizia estimativa e le fotografie in questione, non indica nemmeno, “come” e “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale nel giudizio di merito.

Peraltro, secondo costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831).

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

6. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2018

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