Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24561 del 04/11/2020

Cassazione civile sez. I, 04/11/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 04/11/2020), n.24561

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4872/2019 proposto da:

O.P., difeso e rappresentato dall’avv. Luca Zuppelli,

giusta procura speciale in atti, domiciliato presso la Cancelleria

della I sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata il

07/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Brescia, con decreto depositato in data 7.01.2019, ha rigettato la domanda di O.P., cittadino della (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria o, in subordine, della protezione umanitaria.

Il giudice di merito ha, in primo luogo, ritenuto che difettassero in capo al ricorrente i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non essendo le sue dichiarazioni state ritenute credibili (il ricorrente aveva riferito di essersi allontanato dalla (OMISSIS) per sfuggire alle minacce della setta (OMISSIS) di cui era entrato inconsapevolmente a far parte dopo essere stato coinvolto dal proprio datore di lavoro e da cui era uscito dopo essersi rifiutato di partecipare ad una rapina già pianificata ai danni del proprio zio).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo per il ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel suo paese di provenienza.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione O.P. affidandolo a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 e dell’art. 5, comma 6 T.U.I..

Lamenta il ricorrente che il giudice di merito non ha tenuto conto della documentazione prodotta, delle dichiarazioni precise e dettagliate svolte sin dalla proposizione della domanda di protezione internazionale e non ha attivato i poteri officiosi necessari ad un’adeguata conoscenza della situazione del paese di provenienza, nell’ambito del quale è notoria l’esistenza della setta (OMISSIS).

2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su fatti o questioni controverse e decisive ai fini del giudizio.

Lamenta il ricorrente che la presenza in (OMISSIS) di numerose sette dedite al crimine organizzato rafforza quanto dallo stesso narrato e fonda il proprio timore di tornare in patria, avendo la setta (OMISSIS) già dimostrato di essere pronta a tutto pur di affermare il proprio potere e la propria forza intimidatrice.

3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 1997, art. 3, comma 3, lett. b).

Reitera il ricorrente l’affermazione di essere fuggito dal proprio paese in quanto in serio pericolo di vita, per essere stato minacciato dalla delle sette più pericolose della (OMISSIS), la quale voleva vendicarsi del suo tradimento.

4. Tutti e tre motivi, da esaminarsi unitariamente, avendo ad oggetto questioni strettamente connesse, sono inammissibili.

Il ricorrente non ha fatto altro che svolgere censure di merito in quanto finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione del fatto rispetto a quella operata dal giudice di merito, il quale ha ritenuto, anche a non volere ritenere l’inattendibilità del ricorrente, che dopo un primo momento, risalente nel tempo, in cui la sua abitazione era stata sorvegliata dai membri della setta (OMISSIS), non erano state poste in essere concrete minacce nei suoi confronti. Pertanto, il timore di essere perseguito dai membri di tale gruppo era legato ad una mera supposizione del richiedente.

Il ricorrente contesta inammissibilmente tale ricostruzione, limitandosi a prospettarne una alternativa, che non è, tuttavia, consentita, in sede di legittimità.

5. Con il quarto motivo è stata dedotta l’illegittimità costituzionale del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13 per violazione del requisito di straordinaria necessità ed urgenza nonchè violazione degli artt. 77 e 111 Cost. e dei limiti previsti dalla L. n. 400 del 1988, art. 15.

Lamenta il ricorrente che il decreto in oggetto ha previsto l’entrata in vigore delle norme più significative dopo 180 giorni a dispetto delle pretese ragioni di urgenza.

Inoltre, la previsione del rito camerale per un processo che ad oggetto i diritti fondamentali costituisce una palese violazione del principio del diritto di difesa e principio del contraddittorio.

6. Entrambe le questioni di legittimità sollevate sono infondate.

Quanto al dedotto difetto dei requisiti della necessità ed urgenza, questa Corte ha già statuito è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, conv. con modifiche in L. n. 46 del 2017, poichè la disposizione transitoria – che differisce di 180 giorni dall’emanazione del decreto l’entrata in vigore del nuovo rito – è connaturata all’esigenza di predisporre un congruo intervallo temporale per consentire alla complessa riforma processuale di entrare a regime. (Sez. 1 -, Sentenza n. 17717 del 05/07/2018, Rv. 649521 – 01).

Quanto alla previsione del rito camerale, questa Corte ha già statuito che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 1, per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, poichè il rito camerale ex art. 737 c.p.c., che è previsto anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e di “status”, è idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza, sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte. (Cass. n. 17717 del 05/07/2018).

Il rigetto del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non essendosi il Ministero costituito in giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2020

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